Intelligenza artificiale

Chatbot, cosa sono e perchè hanno successo

Grazie all’ingresso nel settore di player come Microsoft e Facebook il mercato delle chatbot è definitivamente decollato e crescerà ancora di più nei prossimi anni. Ecco i punti di forza

Pubblicato il 22 Ago 2017

Gianluigi Torchiani

chatbot

Quante volte, in passato, ci è capitato di parlare, in termini non esattamente eleganti, con i nostri terminali informatici per problemi di varia natura? Probabilmente innumerevoli ma, sinora, dagli schermi dei nostri dispositivi non è scaturita alcuna risposta alle nostre parole. Tanto che non di rado qualcuno di noi ha deciso di passare alle maniere forti, ma questo è un altro discorso, che riguarda soprattutto chi si occupa di assistenza tecnica. Molto più importante è invece sottolineare che, grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale e non solo, è oggi possibile effettivamente dialogare con le macchine e ottenere delle risposte, seppure a delle domande specifiche e circoscritte. Stiamo parlando del fenomeno chatbot, un contatto “non umano” che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per restituire un dialogo strutturato all’utente finale. E rispondere in maniera automatica alle nostre domande specifiche, come ad esempio: che temperatura ci sarà il prossimo 30 agosto a Milano?

I vantaggi dei bot

Una soluzione tecnologica che, in realtà, non è del tutto nuova ma che è stata prepotentemente sdoganata dagli investimenti più recenti di player cruciali del mercato IT come Microsoft e Facebook. Gli ambiti di impiego si sono dimostrati innumerevoli: dai classici assistenti virtuali (anche all’interno di dispositivi smart home), sino ai sistemi di CRM avanzati o a soluzioni capaci di assicurare informazioni su novità, offerte, promozioni. Il punto di forza delle chatbot è evidente: al contrario dei normali call center “umani”, un chatbot è sempre presente, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Consumatori più soddisfatti

Come ha messo in luce una recente indagine di Iquii, i consumatori guardano ai chatbot come la chiave di accesso a un’interazione rapida, immediata e conveniente con i servizi online, sperando in una maggiore efficacia e soddisfazione. E grazie alla profonda integrazione con i social network e le app di messaggistica può conoscere i gusti, le preferenze, gli interessi, l’età, la lingua e molto altro di chi interagisce con esso, permettendo di offrire la soluzione o risposta giusta al momento giusto. Inoltre, ed è questa probabilmente la vera differenza rispetto al passato, oggi i chatbot incorporano funzioni di machine learning, dunque imparano dai propri “errori” e dai comportamenti degli utenti. Dunque è chiaro che, soprattutto per le aziende che si interfacciano direttamente con gli utenti finali (ma anche per quelle che hanno a che fare con un numero cospicuo di fornitori) diventa importante dotarsi di soluzioni di questo tipo, che possono naturalmente rappresentare anche un’importante vantaggio da un punto di vista economico. Anche perché come mette in evidenza sempre Iquii “Interazioni poco soddisfacenti con i brand ed esperienze negative influiscono fortemente sulle scelte dei consumatori e le aziende per continuare a essere competitive devono lavorare proprio su quegli aspetti che generano maggiore frustrazione nei propri clienti”.

Una crescita sostenuta nei prossimi anni

C’è poi un altro vantaggio non adeguatamente considerato: costruire un chatbot di livello basic non è particolarmente dispendioso né complicato, tanto che esistono diverse piattaforme open source che permettono anche alle aziende di piccola dimensione la realizzazione di un servizio di questo tipo in pochi passi. Oltre alle soluzioni open e free, però, è evidente che quello che delle chatbot è un mercato molto redditizio anche dal punto di vista enterprise, tanto che, oltre alle già citate Facebook e Microsoft, sono in campo in questo mercato anche compagnie del calibro di WeChat, IBM, Next It, ecc. Tanto che le ultime previsioni elaborate da Market research prevedono per i prossimi anni una crescita sostenuta di bot e affini (+37% annuo tra 2017 e 2023), con un giro d’affari che dovrebbe toccare i 6 miliardi di dollari entro il 2023. Addirittura secondo Gartner, infatti, entro il 2019 il 20% delle aziende abbandonerà la propria app mobile in favore delle chatbot. A spingere questa corsa è anche la possibilità di integrare i pagamenti degli utenti nel sistema di chat, rendendo così possibile alle aziende vendere direttamente prodotti e servizi ai propri clienti. Su questa strada si è già mossa Facebook Messenger, al momento, supporta i pagamenti con PayPal, ma altre soluzioni dovrebbero presto arrivare.

L’intelligenza bidirezionale

Ovviamente, in questo anno e mezzo di grande diffusione dei bot non sono mancati veri e propri flop e incidenti, a dimostrazione che il sistema chatbot deve compiere ancora numerosi passi in avanti. In particolare secondo Nuance, per avere successo, un bot deve essere in grado di sostenere una conversazione bidirezionale intelligente. Come ogni essere umano, il bot deve saper contestualizzare non appena l’utente cambia i soggetti o se utilizza un linguaggio informale con espressioni colloquiali. Attualmente la maggior parte dei bot non è sufficientemente sofisticata per indirizzare questi requisiti, adempiendo solo richieste semplici. Ad esempio, tornando alla domanda “Qual è la temperatura a Milano il 30 agosto?”, tutti i bot meteo saprebbero rispondere, ma se la conversazione dovesse proseguire con un’ulteriore domanda “E a Pechino?” molti non riuscirebbero a comprendere che l’argomento di cui si parla è lo stesso, cioè la temperatura. Insomma, il definitivo successo dei bot e delle chatbot (che poi non è altro che l’abbreviazione del termine robot), passa da una loro profonda e definitiva “umanizzazione”.

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