Alle soglie della trasformazione digitale, per le aziende uno dei problemi più urgenti da risolvere è individuare la tabella di marcia adatta alla propria realtà. Una cosa però appare certa per tutti, i tempi saranno estremamente brevi, al punto da mettere con buona probabilità alla frusta anche gli stessi produttori delle relative soluzioni, i primi in teoria a beneficiare di questa nuova svolta. Più ancora della sostanza infatti, gli effetti rischiano di rivelarsi devastanti per l’imponenza del’ondata in arrivo, praticamente tutta insieme. «Il 93% ha intenzione di adottare una infrastruttura di rete software defined entro quattro anni – afferma Gilles Azoulay, regional vice president Southern Europe di Riverbed Technology -. Addirittura, il 52% prevede di farlo antro due anni, con un 7% già pronto alla migrazione nei prossimi mesi». Il risultato è solo il più eclatante dello studio realizzato dall’azienda su un campione di mille decision maker IT in nove Paesi, tra cui l’Italia. L’obiettivo primario era capire quanto le infrastrutture proprietarie stessero in qualche modo influendo sull’efficacia del passaggio al cloud computing.
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Tutte le potenzialità del cloud
Nel momento in cui l’attenzione strategica delle aziende si sposta dall’infrastruttura di rete alle applicazioni, con in più le conseguenze a livello decisionale del coinvolgimento diretto della componente manageriale, non sono più ammissibili ostacoli verso una piena efficienza messa al servizio dell’utente finale (interno o cliente), in qualsiasi situazione si trovi a usufruirne. «Il 98% ritiene anche fondamentale una rete di nuova generazione per adeguarsi agli scenari di mercato – prosegue Azoulay -. E il 92% si dice convinto che solo con un cambiamento di tale portata sarà possibile sfruttare al meglio le potenzialità del cloud». Un errore commesso di frequente è infatti quello di affrontare il cloud computing soprattutto in termini di ampiezza di banda. L’efficienza complessiva dell’infrastruttura si rivela invece più importante, altrimenti buona parte delle risorse disponibili rischiano di rimanere inutilizzate. «La differenza sul mercato dipende sempre meno dai prodotti e sempre più dai servizi – puntualizza Azoualy -. Con prodotti che tendono ad assomigliarsi, la differenza è nel rapporto con il cliente e trasformazione digitale significa appunto trasformare il servizio reso al cliente finale».
Esemplari nel cambiamento
La stessa Riverbed negli ultimi tempi è stata chiamata a rivedere la propria organizzazione e l’approccio all’ottimizzazione delle infrastrutture. L’affermazione del modello cloud ibrido e la massima flessibilità imposta dall’utente, rendono imprescindibile allargare il raggio dell’astrazione software a livello WAN. «Il punto di partenza per lo sviluppo dei nuovi prodotti è diventato l’utente – interviene Vittorio Carosone, regional sales director di Riverbed Technology -. Da qui, abbiamo ricostruito la trama progettuale al fine di garantire la soddisfazione. In pratica, mettere in condizione di aumentare la produttività riducendo i rischi legati alla sicurezza».
Inquadrato a livello globale, lo scenario italiano non si presenta molto diverso. Anzi, il fermento è tale da non escludere addirittura difficoltà nel soddisfare tutte le richieste. «Sono stati avviati tantissimi studi di fattibilità in tema di SD-WAN – conferma Carosone -. È prevedibile una forte impennata nella domanda per i prossimi due anni, a prescindere da dimensione aziendale e settore». I vantaggi di una virtualizzazione spinta a un nuovo livello si adattano particolarmente bene al contesto nazionale diffuso, con aziende anche piccole ma una presenza distribuita. A loro, Riverbed offre la prospettiva di rendere operativi punti vendita e filiali nel giro di ore e non più di settimane.
Pronti all’impatto
Il passaggio da un periodo problematico a prospettive di crescita importanti ha determinato una rapida riorganizzazione interna, che si ripercuote inevitabilmente anche sul canale. «Abbiamo predisposto un nuovo piano marketing e comunicazione, per richiamare l’attenzione sul nostro ritorno in piena forza – assicura Carosone -. Siamo pronti a superare alcuni limiti incontrati negli ultimi anni e intendiamo rafforzare le partnership sulla distribuzione a valore aggiunto». Una decina le figure qualificate da individuare sul mercato italiano e inserire nella struttura saldamente ancorata al modello indiretto su due livelli. In parallelo però, si agisce per ridefinire le relazioni con i principali service provider (TIM, OBS e BT in prima fila), per agevolare la trasformazione della rete. Solo così, sarà prima di tutto possibile assecondare le migrazioni di massa, a partire da Office 365, senza impatti sulle prestazioni. «Infine, stiamo investendo in misura importante in formazione e sviluppo del canale – conclude Carosone -. Intendiamo qualificare meglio i partner attuali e arruolarne di nuovi, in linea con le richieste del mercato e il nostro modello di business. Così facendo, allo scadere dei due anni indicati dalla ricerca, ci faremo trovare pronti».