Quando, oltre un decennio fa, Apple presentava il suo primo iPhone con processore casalingo non sembrò così strano. Il motivo era semplice: nata come produttrice di assemblati, la storia della Mela è costellata di innovazioni a 360 gradi nel campo della tecnologia, anche dal punto di vista hardware. Peraltro, grazie alle alla miniaturizzazione delle componenti, portare dentro un telefonino un cervello in chip ridotto non era una vera e propria magia ma il frutto di anni di lavoro e design.
Se nel 2007 la mossa di Steve Jobs sembrò naturale, tanto più lo sarà quella che Tim Cook è in procinto di comunicare nel corso del 2018. Apple, dopo essersi affidata a partner e fornitori terzi per i processori di computer desktop e portatili, si costruirà in casa i chip per il computing moderno, tali da finire a bordo dei primi prodotti già nei prossimi mesi.
Stando a un report di Bloomberg, Apple avrebbe scelto di dire addio alle collaborazioni esterne, almeno per le CPU, per una serie di motivi, tra cui l’ottimizzazione dei costi e l’opportunità di innovare il settore senza dover attendere le strategie di business degli attori principali, tra cui Intel. Anzi, a seguito del fattaccio di Spectre e Meltdown, qualora i computer di Cupertino dovessero soffrire di falle native, i tecnici potrebbero intervenire con maggiore rapidità e flessibilità, agendo direttamente sulla catena di produzione.
In realtà, parlando di processori e co-processori, Apple è già ben avviata nell’ambito specifico. iMac Pro e MacBook Pro di ultima generazione ospitano chip fatti in casa e dedicati alla gestione della touch bar e all’elaborazione delle immagini della webcam. Affiancare agli esistenti dei cervelli completi, darebbe alla compagnia quella forza sul mercato per competere ancora meglio nelle categorie PC e portatili, in particolar modo con rinnovati MacBook Pro e Mac Pro, entrambi destinati ad essere svelati molto presto, forse già entro l’estate.