Non solo AWS o Azure: il panorama globale del cloud ha un terzo attore protagonista, ovvero Google Cloud che, grazie a una strategia fondata sul machine learning e molto orientata all’analisi dei dati, sta riuscendo a ritagliarsi uno spazio sempre più ampio in questa arena ultracompetitiva. Lo testimoniano i 5.000 partecipanti tra partner, sviluppatori e clienti che hanno affollato la tappa milanese del Google Cloud Summit, una manifestazione in crescita esponenziale rispetto a poco tempo fa (nel 2015 i partecipanti furono poco più di 300). D’altra parte oggi Google Cloud rappresenta un business da 1 miliardo di dollari a trimestre ed è stato il servizio cloud con il più alto tasso di crescita nel 2017. Il prodotto di punta, la piattaforma di produttività G Suite, conta oltre 4 milioni di clienti a livello globale, mentre Google Cloud Platform ha raddoppiato i volumi di archiviazione dati nell’ultimo anno. Un ruolo importante è giocato dai partner a livello globale (circa 13.000) e dalle sinergie internazionali con nomi del calibro di Salesforse, Cisco e SAP. Google Cloud. Questo ecosistema è sostenuto anche dai robusti investimenti di Mountain View, che sostiene il suo cloud con l’apertura di un nuovo Data Center al mese (i prossimi saranno Zurigo e la Finlandia) e con un’estesa rete in fibra proprietaria, attrezzata per rendere sicuro ogni bit grazie all’encryption e, naturalmente, garantire la compliance in ottica GDPR.
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Un vasto catalogo di servizi
Il catalogo di servizi che Big G può mettere sul piatto, d’altronde, è notevole: dagli strumenti di condivisione e collaborazione su scala globale con G Suite, alla creazione, sviluppo e manutenzione di software con App Engine e Kubernetes, fino ai servizi di analisi ed elaborazione dati come BigQuery e le applicazioni di machine learning, tra cui Video Intelligence e AutoML, Google Cloud si pone l’obiettivo di abilitare anche in Italia la crescita delle aziende di qualsiasi settore e dimensione. La sicurezza resta un elemento fondamentale, con strumenti di verifica per le singole applicazioni e il nuovo chip Titan che permette di identificare e autenticare gli accessi a livello di hardware. E l’Italia? Come ha messo in evidenza Fabio Fregi, Country Manager Google Cloud, il nostro Paese cresce allo stesso ritmo travolgente degli altri Paesi. I casi di successo, d’altronde non mancano: da Wind 3, che ha deciso di puntare su Google Cloud per avere a disposizione una nuova infrastruttura IT capace di gestire una grande mole di dati, sino alla Regione Veneto, che ha scelto G Suite per aumentare la produttività dei propri dipendenti.
Il ruolo dei partner
Progetti che, evidenzia Fregi sono stati realizzati in collaborazione con l’ecosistema dei partner: «Cerchiamo di evitare qualsiasi coinvolgimento diretto nei progetti e di sfruttare la loro competenza. Tra i partner ci sono aziende che aggiungono valore alle potenzialità di Google cloud per indirizzare specifiche problematiche di business aziendali. Crediamo che il nostro ecosistema di partner sia forte e puntiamo a e espanderlo ulteriormente, d’altronde non potremmo crescere così tanto senza il contributo dei partner a livello globale e locale». Una strategia che prende le mosse anche dalla considerazione che il cloud pubblico di Google deve in qualche modo inserirsi in un mondo ICT Ibrido, dal momento che tutte le aziende (o quasi) mantengono ancora delle piattafome legacy. Riguardo alla concorrenza con gli altri operatori del cloud, in particolare sulla ricca partita delle suite di produttività, l’opinione di Fregi è netta: «Quando un’azienda vuole trasformare completamente il proprio modo di lavorare la scelta naturale è quella di Google, quando invece ha bisogno di qualcosa più nel segno della continuità allora può essere che scelga le soluzioni Microsoft o di altri concorrenti».
Big Data e machine Learning come punti di forza
Quello in cui Google Cloud sembra realmente un passo avanti rispetto alla concorrenza è il mondo Big Data e Analytics: la pervasività degli strumenti di machine learning e di intelligenza artificiale messi sul piatto da Big G appaiono effettivamente in grado di sviluppare ricerche ultra complesse in pochi istanti o poche decine di secondi, quando i dati interrogati sono nell’ordine dei petabyte. Rendendo così possibile a un gruppo multinazionale come Wind 3, ad esempio, di essere nelle condizioni di scoprire quali dovrebbero essere i suoi centomila clienti che ragionevolmente potrebbero lasciare la società nei prossimi mesi. E di mettere in campo le opportune azioni marketing, con vantaggi facilmente intuibili dal punto di vista del business.