Interventi

Cloud, cosa cambia per i CSP

Santiago Madruga, VP of Communications Service Providers market di Red Hat EMEA, mette in evidenza come e perchè il lavoro dei Communication Service Provider sia impattato dalla rivoluzione cloud

Pubblicato il 27 Lug 2018

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I Communication Service Provider di tutto il mondo vogliono conquistare una posizione al centro della società digitale ma, per farlo, devono prima diventare agili e veloci. Ci sono tante innovazioni per farlo: NFV, SDN, la convergenza di reti e IT, cloudification, DevOps, e molto altro. Nella maggior parte dei casi le tecnologie sono già disponibili e pronte anche per l’uso in ambienti mission-critical. Tuttavia, sono i processi operativi e l’approccio a contorno che molto spesso hanno bisogno di una revisione importante.

I CSP si stanno già modernizzando. Tra gli esempi ci sono Altice Group, che sta realizzando una piattaforma NFV olistica con tempistiche molto ambiziose per far sì che vi transiti la maggior parte del traffico mobile. Oppure Three UK, che ha sviluppato il primo core network cloud-native pensato per essere estremamente scalabile e così rispondere alle richieste di servizio degli abbonati.

Una volta che questi primi casi NFV sono operativi, i CSP devono dedicarsi alla loro scalabilità, adattando e ottimizzando i loro processi operativi e, in molti casi, l’intera impronta che vogliono dare alle loro operation per diventare più agili e veloci.

L’open source rappresenta un agente di cambiamento fondamentale in questo processo. Porta con sé l’innovazione desiderata, ma è fondamentalmente diverso, nel modo in cui è ingegnerizzato, rispetto ad altre tecnologie – e i CSP devono capire come evitarne gli svantaggi e coglierne i benefici.

Molti CSP partecipano attivamente alle comunità open source, sia in modo indipendente sia in collaborazione con Red Hat e altre aziende. Alcuni esempi comprendono Telefonica e Orange, con le quali Red Hat è coinvolta in programmi di engineering nella comunità OpenStack al fine di allineare la roadmap di OpenStack con le esigenze dei CSP per i casi d’uso NFV.

Transizione al cloud

Il passaggio al cloud porta efficienza e velocità. Le aziende native digitali nate nel cloud sono più agili e innovative, comprese molte realtà che oggi competono con i CSP per i servizi a valore aggiunto che generano marginalità e aumentano la fidelizzazione dei clienti. Queste aziende possono più liberamente sperimentare nuovi servizi senza richiedere impegno o investimenti significativi, e non temono di fallire velocemente. Inoltre, quando un servizio funziona veramente, può scalare in modo rapido e affidabile.

La maggior parte dei CSP non è nata nel cloud, ma lo sta adottando velocemente, abbandonando hardware dedicato, sistemi monolitici con software proprietario che gira su macchine specifiche.

Tuttavia, è un cambiamento che potrebbe richiedere del tempo sopratuttto per i CSP che tipicamente dispongono di molti sistemi legacy. Ma, a mano a mano che i sistemi in essere giungono al termine del loro ciclo di manutenzione, o si lanciano nuove iniziative, ogni nuovo sistema è progettato per le architetture moderne, generalmente basate su open source, che evitano il vendor lock-in e anche la più pericolosa personalizzazione del codice open source che porta ad allontanarsi dalle versioni standard proposte dalle comunità.

Innanzitutto, un cambiamento culturale

Agilità ed efficienza non derivano dalla sola innovazione tecnologica, ma richiedono un cambiamento di processi, approccio e cultura. Il recente sondaggio Open Source Culture di Red Hat ha rivelato che il 91% degli intervistati ritiene che gli sviluppi tecnologici stanno cambiando il modo in cui la loro azienda opera per avere successo, e l’81% pensa che una cultura organizzativa aperta sia importante. Tuttavia, solo il 67% ritiene che la propria realtà disponga delle risorse necessarie per mettere in atto una cultura aperta, e il 59% identifica i sistemi legacy e le tecnologie datate come barriere al cambiamento. Quando si parla di risorse umane per il roll out di nuove tecnologie, disporre delle giuste competenze rappresenta solo metà della sfida; far sì che queste persone lavorino nel modo più efficiente possibile è l’altra metà.

I CSP sono ormai abituati a lavorare in un certo modo. Tipicamente, si dedicano ai progetti dall’inizio alla fine, assicurandosi che qualunque nuovo servizio o applicazione sia perfetto prima della sua implementazione. Giustamente. Nel mondo inflessibile di una volta questo era fondamentale. La capacità di rivedere le cose al volo non era un’opzione percorribile.

Ma gli ambienti cloud sono diversi. Infrangono la relazione tra software e hardware, e anche quella tra i differenti strati di architettura software, abilitando flessibilità ed eterogeneità. Il cambiamento così è possibile, non solo in modo veloce, ma senza mettere a rischio affidabilità e operation. Anche questo però richiede la revisione di organizzazioni, processi e approccio.

Saperlo e farlo sono però due cose molto diverse. Non è realistico pensare a una ”rivoluzione” che colpisca l’intera comunità dei CSP. E’ più probabile che avvenga su base progettuale, un passo alla volta. Creare piattaforme open cloud per abilitare la virtualizzazione costituisce il primo passo, e i CSP sono già su questa strada. In Red Hat abbiamo contribuito a trasformare il mondo in un mondo cloud, e insieme a clienti e partner adesso stiamo facendo lo stesso per l’ambito di rete. I vantaggi legati all’adozione della nuova generazione di tecnologie sono ben documentati, e praticamente tutti i CSP del pianeta stanno cercando un modo per accelerare questa transizione e coglierne i vantaggi.

*di Santiago Madruga, VP of Communications Service Providers market, Red Hat EMEA

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