Dal possesso dei beni al beneficio derivato dal loro utilizzo. È il concetto di servizio, che sta via via spostando l’attenzione delle aziende (ma anche dei consumatori privati) su quello che si può fare con un oggetto, più che esaltare le caratteristiche dell’oggetto stesso. Il percorso è quello che porta alla servitizzazione, a partire dall’as-a-service abilitato dal cloud, ma è un percorso che ha le proprie fondamenta su forme pre-cloud: quella della distinzione tra Capex e Opex. Una distinzione che sta contribuendo non poco a cambiare il business model della gran parte dei system integrator ICT (vedi l’articolo di approfondimento sui System Integrator italiani e le loro specificità) e traghettarli dalla vendita di prodotti a quella di servizi. Facendo cambiare la logica della spesa IT del cliente da possesso a utilizzo, usando la leva del tagliare i costi e dell’ottimizzazione dell’uso dei prodotti, quando servono.
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Differenza tra Capex e Opex
Ancora prima di parlare di servizio, di servitizzazione, di as-a-service, termini oggi ormai entrati a far parte del quotidiano nell’ambito B2B, qualche anno fa un concetto molto simile lo si esprimeva con OpEx. OpEx indica il costo dell’utilizzo del prodotto stesso per averne i benefici per i quali è stato ideato. In questo rientra, per esempio, il noleggio, oppure il costo necessario per avere un servizio. I costi che rientrano negli OpEx non entrano nel costo capitale. Nel costo capitale rientrano invece i CapEx, che rappresentano la spesa per l’acquisto di beni, per averli in casa, e quindi risultanti a cespite dell’azienda.
Cos’è il Capex e quali costi sono coinvolti nel Capex
Capex è l’abbreviazione di Capital Expenditure, ossia Spesa per Capitale, e indica le spese in conto capitale, ossia il denaro che l’azienda spende per l’acquisto di beni materiali. Si tratta di beni quali immobili, macchinari, attrezzature, terreni, che devono essere utilizzati per motivi produttivi per un periodo minimo di almeno un anno, e comprende anche gli investimenti necessari per la loro manutenzione. Il Capex può essere ammortizzato nel tempo, ossia la ripartizione negli anni del costo del bene, nella logica del reintegro finanziario dell’investimento stesso, che tiene conto del tempo necessario affinchè l’investimento effettuato generi profitti all’azienda. In questo modo la spesa, ingente, per l’eventuale macchinario, effettuata un anno, andrà distribuita “rateizzata” agli esercizi successivi, visto che tale investimento produrrà profitti anche negli anni successivi, senza pesare unicamente nel bilancio dell’anno relativo al suo acquisto. Ma tenendo conto anche del fatto che il valore di mercato dell’investimento (es: un macchinario), decresce con il passare degli anni. Gli investimenti in Capex comportano esborso anticipato, deprezzamento del bene, invecchiamento tecnologico. Senza considerare che si tratta di un blocco di risorse economiche per un certo periodo di tempo, altrimenti utilizzabili per altri investimenti, per esempio di servizi.
Come si calcola l’ammortamento del Capex
Senza voler andare troppo nel dettaglio, ma per inquadrare meglio il tema, è utile accennare alle modalità di calcolo dell’ammortamento del Capex ripartito negli anni, che si effettua dividendo l’esborso dovuto per l’acquisto (detto costo storico) o dell’investimento, per il numero di anni relativi all’ammortamento. Tale durata viene definita dal Testo Unico delle Imposte sul Reddito e dà come risultato la quota di ammortamento annuale, ossia il “costo di esercizio”. In questo modo ogni esercizio si troverà caricato dalla quota di ammortamento del macchinario acquistato, per spalmare su un periodo di 5 anni (per esempio) il costo complessivo dell’investimento. Quota che sarà scritta in bilancio per l’anno di riferimento.
Mentre il Capex descrive la spesa effettuata per l’acquisto del bene, l’ammortamento tiene conto del deperimento del bene stesso.
Non per forza l’ammortamento e il Capex devono coincidere. Un macchinario può continuare a funzionare e ad avere valore di mercato anche una volta terminato il periodo di ammortamento. Questa pratica serve, infatti, prevalentemente per capire se l’azienda è in grado di affrontare economicamente certi investimenti senza incorrere in problemi di liquidità finanziaria.
Cos’è l’Opex e quali costi sono coinvolti nell’Opex
Al contrario del Capex, l’Opex è sinonimo di flessibilità degli investimenti e alla gestione dei beni utili per il funzionamento aziendale. Il termine Opex è la contrazione di Operating Expense, ossia Spesa Operativa, e sta a indicare i costi legati alla gestione operativa di un prodotto, dalla manutenzione. In altro modo Opex è, infatti indicato anche come O&M (Operation and Maintenance). Si tratta di costi solitamente ricorrenti, come l’affitto o un canone per accedere a un servizio. Mentre i costi Capex vanno messi a bilancio, le spese operative risultano sul conto dei profitti e delle perdite e si riferiscono alle spese continuative che l’azienda deve sostenere.
Chi beneficia dell’Opex: piccole, medie imprese o enterprise?
I vantaggi di un approccio Opex risultano essere interessanti per aziende di diversi target dimensionali. Sia nel caso delle imprese di piccole dimensioni con limitata liquidità, sia per le aziende di livello Enterprise. Per entrambe le tipologie, l’impiego anticipato di denaro per l’acquisto di macchinari o altri beni utili al business, precludono, per differenti motivi, ulteriori investimenti in risorse e servizi, altrimenti possibili nel caso della fruizione degli stessi mediante canone d’uso. I motivi, oltre che di flussi di cassa, possono essere anche di esigenza di avere tecnologie up to date per continuare a essere competitivi, un obiettivo difficilmente raggiungibile con l’acquisto di tecnologie ad alto tasso evolutivo, come per esempio possono essere le tecnologie in ambito ICT o in qualsiasi altro settore con intenso uso della tecnologia.
Capex e Opex: diversi modi di calcolare i profitti
Una spesa affrontata secondo modalità Capex, ossia in costo capitale, viene comunque effettuata per aumentare la produttività e la profittabilità dell’azienda. Certo è che gli utili che possono derivare dall’utilizzo del bene acquisito (per esempio un macchinario) saranno accumulati secondo un processo di lungo periodo: più si utilizza il macchinario e più si produce e più si creano utili. Bisogna però tenere conto che nel frattempo il macchinario perde di valore commerciale, si deteriora e subisce obsolescenza tecnologica. Più veloci sono invece i calcoli delle profittabilità nel caso del modello Opex. I guadagni sono cospiqui e immediati, ma solitamente non sono reiterabili nel tempo. Per continuare ad avere profitti bisogna continuare a investire nei servizi offerti da terzi secondo contratti a consumo, sia con contratti a termine sia rinnovabili.
Capex e Opex: frazie al Cloud si va verso l’as-a-service
Il concetti di Opex è quindi quanto un numero sempre maggiore di aziende, anche in Italia, sta considerando come opzione al possesso di beni, licenze, infrastrutture. Nel caso dell’ambito IT, l’approccio verso forme a servizio, ha preso la via del successo soprattutto con il SaaS, il Software as-a-Service. Si tratta di fruire le funzionalità di software senza possederne fisicamente le licenze, ma attraverso un servizio a consumo o a tempo, erogato dal vendor stesso che ha prodotto il software o attraverso altri fornitori di servizi IT, che si appoggiano al Cloud.
SaaS, IaaS, PaaS, Xaas: tutti figli dell’Opex
Il cloud rappresenta una infrastruttura virtuale che già di per sé è as-a-service, potendo essere “affittata” e personalizzata a clienti secondo le proprie esigenze e caratteristiche. La flessibilità è la caratteristica più apprezzata in questa forma di IaaS (Infrastructure-as-a-Service), la cui unica alternativa è di avere le macchine infrastrutturali in casa, di proprietà (on premises), comportando spese ingenti difficilmente sostenibili da tutte le aziende. Le formule possono essere per gradi: un private cloud, che permette erogazioni di servizi appoggiandosi alle infrastrutture interne alle aziende, public cloud, che si avvale di cloud pubblici forniti da cloud provider o in forma mista, quell’hybrid cloud che ha convinto tante medie aziende di spostarsi “sulle nuvole” mediando tra la necessità di mantenere asset critici in azienda e spostare su cloud le attività per l’operatività quotidiana. Da qui le declinazioni del PaaS (Platform-as-a-Service) su cui sviluppare applicazioni, o di forme sempre nuove, quali l’Hardware-as-a-Service, il Network-as-a-Service, nella tendenza dell’Everythings-as-a-Service (XaaS).
Capex e Opex: come gestire al meglio la spesa IT in azienda tagliando i costi
I vantaggi declamati per tanto tempo dai vendor che per primi hanno cavalcato il tema del cloud, a volte fuori luogo e seguendo meramente un filone marketing sull’onda di un hype particolarmente allettante, si concentravano principalmente sui costi dell’as-a-service, prospettati come nettamente inferiori rispetto all’on-premises e all’acquisto dei beni.
Col tempo i declami di risparmio costi si è ridimensionato, facendo invece leva sugli aspetti più interessanti per le aziende che devono risparmiare. O, meglio, per quelle aziende che non intendono effettuare investimenti sovradimensionati in tecnologie rispetto al proprio reale utilizzo, attuale o futuro.
Non si tratta di tagliare i costi, ma piuttosto tagliare gli sprechi di denaro.
Pay-as-you-go: l’Opex per gestire la flessibilità d’uso delle tecnologie
La logica del pay-as-you-go descrive bene la flessibilità che viene consentita alle aziende che a un investimento Capex preferiscono uno Opex. Pagando un servizio, possono fruire di funzionalitù nel momento stesso in cui prevedono vi sarà bisogno, gestendo picchi di utilizzo (per esempio nel caso delle infrastrutture di elaborazione, o di storage o, ancora, di rete), o l’uso del software sulla base del numero effettivo di persone che devono utilizzarlo. In definitiva, si risparmia perché non si investe oltre le proprie necessità. Al netto, poi, dei vantaggi di avere le piene funzionalità del servizio che viene garantito secondo precise SLA, assicurando l’aggiornamento tecnologico delle infrastrutture adibite alla sua fornitura, delegato ai propri fornitori IT.
Dal Capex, all’Opex, passando dall’outsourcing: nasce il mestiere del Service Provider
Fornitori IT che la propensione al servizio ha contribuito a fare evolvere da venditori a service provider. Per i system integrator, ma ancor più per i Reseller, si è trattato di affrancarsi dal ruolo di fornitore di tecnologie per proporsi come problem solver delle esigenze dei propri clienti, enfatizzando il valore che possono aggiungere alla vendita dei prodotti e la consulenza, veri elementi fidelizzanti per le aziende clienti.
Il primo passo è stato quello dell’offerta di outsourcing, con la gestione per conto dei propri clienti di alcuni aspetti difficili da gestire internamente. Dalla sicurezza, all’infrastruttura, la logistica, servizi di gestione, ecc. Sono molte ormai le aziende, IT e non, che si sono specializzate in determinati servizi, che offrono ai clienti “sollevandoli” da una gestione interna e diretta. A fronte di un contratto a canone o a consumo.
MSP: Managed Service Provider che sposano la formula a canone
I Service Provider si appoggiano ormai generalmente a Internet per l’erogazione dei propri servizi o per ospitare le infrastrutture di operatori che, a loro volta, erogano servizi a partire dal cloud. Nasce quindi la categoria, in forte crescita in tutto il mondo, degli MSP, dei Managed Service Provider, operatori di servizi che stanno evolvendo rapidamente verso il modello as-a-service con costi fissi. Questi possono quindi gestire le mansioni IT di un’azienda cliente, da remoto. Outsourcing, appunto. Ma garantendo monitoraggio e manutenzione. Il giro d’affari che ruota intorno a questa categoria di operatori è notevole: gli analisti indicano per il 2018 un fatturato USA degli MSP di 42 miliardi di dollari, che entro il 2022 si prevede crescerà a 72 miliardi di dollari.
La servitizzazione: quando l’as-a-service si spinge all’ambito IoT
L’approccio per servizio piuttosto che per prodotto, si sta estendendo non solo ai fornitori IT, ai system integrator, ossia a coloro che hanno rapporti consulenziali con il cliente azienda, ma il concetto sta sempre più entrando a far parte della natura stessa del prodotto. Fin dalla sua produzione. Coinvolgendo, quindi, direttamente i vendor, i produttori, che progettano il prodotto già in funzione dei servizi che potrà produrre secondo le aspettative degli utilizzatori. Prodotti che quindi non sono “inermi”, ma che sono in grado di raccogliere o fornire dati, grazie alla sensoristica di cui sono dotati, in allineamento con la logica dell’Internet of Things, dell’IoT, che gestisce dati e informazioni da oggetti, dispositivi, prodotti appunto, connessi alla rete, a Internet.
(vedi alcuni articoli di approfondimento sul tema della servitization)
I prodotti in questo modo si dotano di un valore intrinseco, dato dal servizio che possono erogare grazie alla sensoristica, che diventa elemento competitivo rispetto ad altri prodotti simili ma “silenti”. Rientra in questa categoria, giusto per fare un esempio, l’arci-noto frigorifero intelligente, che oltre a fare il suo dovere di raffreddare, fornisce indicazioni sugli alimenti da rimpiazzare con la prossima spesa.