#VIDEOCIAKCHALLENGE

Certificazione della filiera alimentare, un percorso di trasparenza dal produttore al consumatore

Si chiama Trusty, è basata su tecnologia blockchain IBM Food Trust, ed è la proposta con la quale Apio, innovativa realtà che opera come venture builder, ha vinto il contest VideoCiak Challenge, un concorso a premi per i partner dell’ecosistema IBM iscritti al Partnerworld giunto a conclusione pochi giorni fa.

Pubblicato il 03 Dic 2019

Nicoletta Boldrini

E’ giunto a conclusione VideoCiak Challenge, il concorso a premi che IBM ha riservato all’ecosistema dei propri partner iscritti al Partnerworld, un contest che prevedeva la realizzazione di video story attraverso le quali i partner avrebbero dovuto raccontare in che modo hanno sviluppato progetti innovativi utilizzando prodotti, servizi e tecnologie IBM.

Il vincitore di questa prima edizione del contest è Apio che si è aggiudicata il primo gradino del podio con la presentazione del progetto Trusty.

Apio è una giovane realtà guidata da un gruppo di ragazzi che amano definire la loro impresa più come venture builder che come startup (offrono know how e competenze nello sviluppo di progetti altamente innovativi lavorando in partnership con le aziende che diventano clienti ed investitori/finanziatori al tempo stesso); un premio che si sono aggiudicati grazie alla proposta di Trusty, una soluzione sviluppata su tecnologia blockchain IBM Food Trust pensata per la tracciabilità della filiera alimentare e per garantire al consumatore la massima trasparenza all’acquisto di un prodotto.

«Trusty nasce all’interno di un percorso iniziato oltre un anno e mezzo fa; c’era un interesse crescente verso la tecnologia blockchain, soprattutto da parte delle aziende del settore alimentare. Ci siamo dunque chiesti in che modo potessimo rispondere a questa attenzione del mercato», sono le prima parole che Alessandro Chelli, CEO di Apio, ha voluto condividere con noi poco dopo la vincita del contest. «Abbiamo iniziato dunque a capire quali fossero le reali esigenze (sia dalla prospettiva delle aziende del settore sia da quella del consumatore finale) ed abbiamo deciso di focalizzarci sul tema della sostenibilità e della tracciabilità alimentare, vedendo la blockchain come elemento abilitante della fiducia e della trasparenza tra produttore e consumatore».

Inizia da questa intuizione il percorso di certificazione di Apio sulle tecnologie IBM, in particolare IBM Food Trust [fino a quel momento Apio non era partner di IBM – ndr], che ha poi portato, quasi come evoluzione naturale, allo sviluppo di Trusty: «i consumatori vogliono avere sempre più informazioni sui prodotti che acquistano, vogliono sapere da dove arriva ciò che metteranno in tavola, vogliono capire quali sono le differenze tra due prodotti apparentemente simili…», racconta Chelli. «Trusty di fatto, in modo molto semplice, permette alle aziende di valorizzare il proprio prodotto partendo da un QRcode grazie al quale far vivere al consumatore una nuova esperienza di acquisto, incentrata sulla conoscenza e la trasparenza di ciò che sta per acquistare. Alla base di tutto c’è la blockchain che assicura la certificazione del dato, ma sia per il produttore sia per il consumatore, la produzione e l’accesso delle informazioni diventa semplicissimo, passa per un semplice QRcode».

L’etichetta diventa la finestra digitale con la quale produttore e consumatore entrano in contatto, l’uno valorizzando il proprio prodotto (offrendo informazioni sulla produzione, la filiera, ecc.), l’altro acquistando in modo più consapevole.

L’early adopter di questa soluzione è una piccola azienda abruzzese di produzione di olio extravergine di oliva (Azienda Agricola Garra) che ha creduto da subito nella tecnologia e nel servizio offerto da Apio; la giovane società ha comunque già in corso alcuni progetti con aziende più grandi che stanno iniziando ad adottare Trusty per la loro filiera alimentare.

«Apio è nata nel 2014 con l’obiettivo di investire nello sviluppo di progetti altamente innovativi nell’ambito dell’IoT – Internet of Things. Un obiettivo sfidante e forse anche un po’ incosciente (dato che quattro giovani founder erano tutti poco più che ventenni) che ci ha portati però, dopo cinque anni di fatiche, a proporci alle grandi azienda come venture builder offrendo il nostro know how per lo sviluppo di soluzioni innovative (che vanno dall’IoT alla blockchain passando anche per l’intelligenza artificiale)», sottolinea Chelli. «Oggi possiamo contare tra i clienti aziende del calibro di Acea, A2A Energia, VarGroup… in cinque anni, partendo senza network e senza alcuna conoscenza dei player del mercato, siamo riusciti a costruirci una credibilità non tanto nello sviluppo applicativo quanto nella gestione e realizzazione di progetti complessi ed altamente innovativi, quelli che possono davvero impattare sui processi e cambiare i modelli di business».

Sulla relazione con i big vendor dell’IT, Chelli pone alcune interessanti riflessioni: «inizialmente abbiamo deciso di sviluppare tutte le soluzioni sul fronte IoT, quelle da cui siamo partiti per costruire la storia aziendale di Apio, in completa autonomia, basandoci solo sulle nostre forze e le nostre competenze. Una scelta che ci ha permesso sicuramente di maturare e di fare esperienza ma che è risultata poi inefficiente dal punto di vista della crescita e della scalabilità. IBM nello specifico ha la capacità di trainare realtà piccole come la nostra nello sviluppo di progetti sfidanti ma anche stimolanti, soprattutto di accelerare la nostra crescita senza “prevaricare”. Forse un po’ ingenuamente all’inizio temevamo che la relazione con i vendor fosse “pericolosa” per realtà piccole come la nostra; avevamo paura che il vendor potesse “sfruttarci”. Ci siamo invece resi conto che un vendor, laddove c’è concretezza progettuale e ci sono le competenze, è il miglior alleato per la crescita».

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