Alla fine Tim Cook, CEO di Apple, si è pure innervosito ai microfoni della CNBC. L’oggetto della discussione era il primo calo in 13 anni dei ricavi di Apple, un punto che forse in molti si aspettavano. Cook ha rassicurato investitori e fedelissimi del marchio, sostenendo come siano state fin troppo eccessive le esternazioni sulla défaillance della Mela, evidenziata dai risultati del secondo trimestre del 2016 diffusi qualche giorno fa. “Apple è pronta a donare al mondo prodotti di cui nessuno potrà fare a meno e dei quali oggi non sapete nemmeno di avere bisogno“. La visione della multinazionale di Cupertino è rimasta la stessa dai temi di Steve Jobs, ma sotto sotto qualcosa è cambiato.
Il riferimento non è solo alle politiche di innovazione che riguardano smartphone e tablet con il marchio del frutto morsicato, ma di come è cambiato l’intero panorama mobile. Utenti e appassionati, con il tempo, hanno posto l’evidenza che a farla da padrone non può essere più solo il design o l’hardware di un terminale, ma la possibilità di connessione e di integrazione che il suo software rende possibile. Non a caso, i successi degli ultimi mesi raccontano di un Galaxy S7 che si inserisce in un visore di realtà virtuale (Gear VR) e di un LG G5 che ha uno sportellino inferiore a cui agganciare accessori diversi. E questo solo per quanto riguarda il contesto consumer.
Dal punto di vista enterprise la questione è ancora più complicata. Dopo un periodo di stallo vediamo di nuovo un’ascesa dei 2-in-1 o dei tablet pensati per un pubblico più esigente, come i Surface, i Galaxy Pro S o l’iPad Pro. E probabilmente proprio da quest’ultimo Apple dovrà ripartire per rimodulare gran parte della sua offerta, indirizzandola verso canali differenti. A luglio del 2014, accoglievamo con interesse la partnership tra Apple e IBM, per realizzare una serie di app pensate per il mondo del lavoro e della produttività. Cosa è rimasto di tutto ciò? Ben poco, o almeno non si avverte quella rivoluzione che dall’unione delle due superpotenze poteva scaturire. Il punto di snodo della nuova Apple potrebbe allora essere l’iPad Pro, l’unico strumento in grado di dare un senso maggiore alla mobilità richiesta dal lavoro.
Difficile dire quanto Cook e Co. punteranno sul tablet extra-large per rinvigorire le casse aziendali; di certo le possibilità di integrazione vanno oltre il mero concetto di BYOD. Software-first, mobile-first, Apple-first, sono concetti che potranno farla da padrone nel prossimo futuro del canale. Il rischio è quello di ridurre il proprio ruolo nel mercato hi-tech, finendo con il recitare una parte da comprimario che illustri concorrenti (leggi BlackBerry) hanno imparato ad occupare già da tempo. A Cupertino tremano, nonostante Tim Cook ostenti sicurezza.