Extra Red, azienda di Pontedera, in provincia di Pisa, si definisce Technology Service Provider. Da quando nel 2011 ha mosso i primi passi all’inizio come business unit di un’altra azienda, il suo percorso è stato strettamente connesso alle tecnologie e all’universo di Red Hat. Il noto brand dell’open source, infatti, è stato scelto da quella che poi sarebbe diventata un’impresa autonoma per partecipare a un bando sull’interoperabilità dell’ospedale Careggi. L’esito positivo della gara ha segnato i passi successivi, culminati nel 2017 nella nascita stessa di Extra Red, che non a caso ha scelto di connotare il proprio nome esplicitando il forte legame con la multinazionale statunitense. In realtà, attualmente non è l’unico vendor su cui si concentra l’offerta di Extra Red che implementa anche soluzioni di IBM, che ha acquisito Red Hat nel 2018, nonché di Influxdata, Liferay e AWS.
Indice degli argomenti
Red Hat ed Extra Red, una collaborazione decennale
“Non vendiamo prodotti, ma mettiamo al centro le competenze. E lo facciamo con vendor per noi strategici” spiega Laura Pisano, Sales Director della società toscana. Ciò non toglie che la collaborazione con il “cappello rosso” abbia costituito il fattore di sviluppo più importante di Extra Red, cresciuta negli anni non soltanto su tutto il portafoglio middleware di Red Hat e sulle piattaforme OpenShift e Ansible, ma anche sulle esperienze che si riferiscono ai temi del cloud, come IaaS e PaaS, insieme a quelli del DevOps, del BPM e dei motori a regole.
“Oggi la nostra value proposition in ambito hybrid cloud si fonda su 3 strati principali: infrastrutture, piattaforme e software. Pensiamo che il valore aggiunto che Extra Red porti sul mercato sia quello di riuscire a esprimere progettualità e servizi per trasformare le esigenze di business del cliente” dice ancora Pisano. Una value proposition che si è arricchita nel tempo, confermata dal conseguimento progressivo di certificazioni sempre più elevate tra quelle previste dal colosso dell’open source, fino all’attuale di Premier Business Partner, il massimo riconoscimento nel programma di affiliazione di Red Hat.
Come funziona il Solution Provider Program di Red Hat
Thomas Giudici, MED Region Ecosystem Leader di Red Hat, illustra in cosa consista il Solution Provider Program partendo dal modello di go-to-market piramidale dell’organizzazione californiana. In base a tale modello, nel nostro paese all’apice ci sono una quarantina di aziende di classe enterprise, a metà circa 400 definite “corporate & emerging market”, mentre alla base si posizionano tutte le altre, con particolare riguardo alle PMI. “Pensiamo che la nostra tecnologia non sia appannaggio esclusivo delle aziende di categoria enterprise, ma di tutte, comprese le piccole e medie imprese, un mercato molto importante per l’Italia” afferma Giudici, sottolineando il ruolo centrale del canale e dei partner evidenziato dal pay off “customer first, partner always”. Un ruolo ribadito dal fatto che “non intendiamo presentare un semplice prodotto, ma una soluzione integrata” tiene a precisare.
“Con la differenza che nella parte più bassa della piramide è il canale a guidare, mentre nella parte più alta Red Hat guida insieme al canale”. Questa piramide è sovrapponibile al Solution Provider Program che contempla gradi di membership e certificazione che vanno dal più basso, Red Hat Ready Partner, a quello intermedio di Advanced Business Partner, fino al Premier Business Partner. I “Ready Partner”, alla base, identificano quelle realtà che possono rivendere le soluzioni di Red Hat pur non avendo alcuna certificazione corrispondente. La differenza, quindi, deriva dalle certificazioni tecnologiche sulle quali il vendor è molto selettivo, tanto che è raro riuscire a ottenerle al primo tentativo. Con riferimento ai “Premier Business”, oltre alle certificazioni, è necessario presentare anche un caso di successo. Quello che ha permesso ad esempio a Extra Red di raggiungere la vetta del programma è stato il caso Coopservice.
Coopservice, caso di successo che pesa sulla partnership
Con oltre 17 mila addetti e un fatturato nel 2021 di 691 milioni di euro, Coopservice è una cooperativa che lavora in svariati ambiti, dalla vigilanza al settore della sanificazione fino alla logistica integrata. Nel piano industriale dei prossimi 3 anni, che punta a raggiungere una cifra di quasi 800 milioni, la digitalizzazione rappresenta un fattore determinante per infondere la necessaria agilità operativa. “Abbiamo previsto la prosecuzione della trasformazione digitale con l’inserimento della cultura del dato su tutta l’organizzazione per diventare un’azienda data-driven” sottolinea Gianfranco Scocco, CIO e responsabile dei sistemi informativi del gruppo, precisando inoltre che “nel nostro digital journey, gli asset digitali esprimono un valore di business che può essere economico, funzionale o di processo”.
Questo “viaggio”, iniziato anni fa insieme a Extra Red, si fonda su una Hybrid Cloud Strategy e sulla scelta di OpenShift come piattaforma. Nel 2021 è culminato in una fase di integrazione di API e microservizi all’interno della progettualità di Coopservice, come evidenzia Fabio Pini, Enterprise Solutions Architect di Coopservice: “Poiché gestiamo molte realtà differenti, diventa complesso gestire il parco API. È uno sforzo dal punto di vista tecnico e organizzativo che ha richiesto un API competence center per definire una strategia su quali devono essere quelle da esporre, su come farlo e su come gestire l’interfacciamento”. La collaborazione con Extra Red su questo particolare fronte oggi permette di migliorare provisioning e operation, tanto da essere diventata emblematica anche agli occhi di Red Hat.