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EMC Italia tiene caldi i motori e si affida all’integrazione del canale

Italia best performer in EMEA, dove aumenta il proprio peso grazie alla ripresa di investimenti dei big spender. Cresce l’impegno del canale (che assicura oggi il 70% del fatturato) a cui sta via via delegando la parte servizi

Pubblicato il 23 Giu 2016

Gianluigi Torchiani

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Si scaldano i motori, ma non lo si dà a vedere. Tutti in attesa per il day-one, quando finalmente si sarà conclusa definitivamente la trafila di passaggi per iniziare a lavorare, oltre che a pianificare, insieme. Dell e EMC si avviano verso il closing dell’operazione di acquisizione annunciata a ottobre scorso. Closing previsto per dopo l’estate, preparando il mercato e il canale a essere pronti nel momento dello start, senza interruzione alcuna di business, né disgiunto, né congiunto. «Molto si sta facendo in anticipo ancora prima delle approvazioni definitive – conferma Marco Fanizzi, amministratore delegato e direttore generale di EMC Italia -, proprio per far sapere ai clienti a chi dovranno fare riferimento quando tutto sarà concluso, ancora prima di sapere cosa succederà in corporate. Dal punto di vista organizzativo, invece, siamo in una situazione di attesa, in parte anche di accelerazione, con nomine di figure utili alla transizione».

Nel frattempo, consideriamo EMC ancora come è, ossia azienda indipendente che in Italia ha chiuso il 2015 a più 12%, padrona di un 28,5% di share sullo storage a livello nazionale, con addirittura un picco del 33,5% nell’ultimo quarter. Una country, la nostra, che nell’area Western Europe ha aumentato il proprio peso dall 18 al 21%. Con un’offering di una settantina di prodotti, la maggior parte software, e una trentina di servizi. Il che ha portato l’Italia a essere premiata come migliore performer EMEA.

Marco Fanizzi, CEO di EMC

«Sul fronte dei clienti, verso la fine del 2015 abbiamo notato Banche, Manifatturiero, Healthcare e PAL crescere in maniera decisa rispetto al 2014, mentre per contro, l’anno precedente avevamo invece assistito a un certo rallentamento dei big spender dovuto soprattutto all’incertezza di come affrontare il cloud – osserva Fanizzi -. Una tendenza che fortunatamente non ha influito sul 2015: hanno aspettato per capire come sarebbero andate le cose e poi sono partiti. Buoni gli investimenti sulla terza piattaforma, sull’approccio bimodale, molto rumore sui big data e analytics, e molta spesa ancora sulle piattaforme tradizionali, con investimenti di efficientamento del business. E ci sono in atto progetti di consolidamento per cui si iniziano a spostare workload non strategici sulla parte cloud esterna, concentrando energie sulle nuove tecnologie che danno agilità al business. Certamente siamo ancora in situazione di POC, guardando a quello che sta succedendo all’estero. Ma c’è comunque attenzione».

Sulla parte dei servizi, aumenta la collaborazione con i partner, mantenendo direttamente il vendor il contatto con i grandi clienti, ma delegando al canale il raggiungimento delle fasce medio- basse. Un coinvolgimento crescente del canale che, in termini percentuali, è passato nel giro di pochi anni dal 40% (nel 2011) al 70% attuale. «Noi facciamo tecnologia, il canale si occupa di fare servizi – riassume il country manager -, soprattutto di consulenza sul futuro del data center. Ci vogliamo quindi appoggiare a persone che abbiano skill sempre nuovi, integrati nel mondo cloud. Skill che ancora sono poco presenti nel canale, ma che noi stiamo sviluppando per poi poterli trasferire ai nostri partner».

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