In un mercato dove la pressione in direzione di sistemi flessibili e forte controllo dei costi, la dipendenza da sistemi proprietari è un peso sempre più difficile da sostenere. Partendo da un principio simile, la virtualizzazione ha ormai conquistato da tempo un ruolo da protagonista a livello di server, seguita a ruota da un’adozione diffusa anche a livello storage. Ora, dal punto di vista di chi ha sempre fatto della virtualizzazione obiettivo primario della propria attività, è il momento di chiudere il cerchio. «Crediamo molto in quello che si può definire il software defined data center – afferma Maurizio Carli, senior vp e gm EMEA di VMware -. Arriveremo presto a un mondo IT con una differenza sempre più netta tra piattaforme hardware con una visione logica e la parte applicativa, dove sarà il software a gestire tutte le componenti».
Il messaggio viene lanciato con decisione in occasione della tappa italiana del vForum 2014, dove l’eccezionale riposta di pubblico conferma quanto sia attuale l’argomento. «Iniziamo già a vedere un’accelerazione in questa direzione, a partire dai settori banking e TLC – prosegue Carli -. Si affianca a una marcata propensione verso il cloud ibrido, con risorse interne dimensionate sui livelli medi di utilizzo e il ricorso a servizi esterni per gestire i picchi. I clienti chiedono una soluzione in & out, esattamente l’elemento differenziante della nostra offerta, e l’accelerazione è ancora più marcata delle nostre aspettative».
Per assecondare meglio domanda, sono pronti due data center in Gran Bretagna, appoggiati a strutture di terzi, attraverso i quali offrire il servizio alla clientela europea, garantendo la necessaria flessibilità. «Qualsiasi utente in qualsiasi Paese può accedere a potenza di calcolo in base alle necessità del momento – sottolinea Carli -. Un aspetto molto interessante, è un software che offre la possibilità di spostare macchine virtuali mantenendo invariate le policy di accesso per gli utenti».
È solo uno degli aspetti di quel cammino sul quale l’azienda non mostra di avere dubbi. «Se guardiamo agli Stati Unito o al Nord Europa, da dove arrivano le tendenze, emergono due indicazioni principali, la consumerizzazione dell’IT e il ruolo dell’IT aziendale come broker di servizi. Lo strumento giusto è naturalmente il cloud, tanto è vero che un numero crescente di aziende nuove non prende neppure in considerazione l’idea di costruire un data center fisico, a meno che non operi nel mondo finanziario».
Uno dei risultati più evidenti dal punto di vista dell’utente finale, che l’IT aziendale sarà chiamata a gestire, è il passaggio in direzione del desktop personale al posto del dispositivo. Il CIO sarà infatti chiamato a garantire l’accesso alle risorse e l’interfaccia a prescindere dal dispositivo impiegato e dalla situazione. Di conseguenza, tanto più un ambiente è virtualizzato, tanto più risulterà in grado di adattarsi, e con il networking sempre più nel ruolo di protagonista, il risultato appare scontato.
Una situazione di fronte alla quale anche dal punto di vista dell’offerta tergiversare nel tentativo di difendere le posizioni acquisite con la vendita dei propri hardware si rivela particolarmente rischioso. «Stiamo vivendo una trasformazione che porterà importanti cambiamenti anche nel mondo dei fornitori – avverte Carli -. Come quando abbiamo cambiato il mercato dei server, abbiamo consentito di sfruttare meglio le risorse, ora lo stesso accadrà con il networking. Muovere la gestione a un livello superiore con il software non significa sopprimere alcuni marchi, Anzi, renderà più semplice sfruttare e configurare i singoli dispositivi».
A condizione però, di uscire dalle logiche di infrastrutture proprietarie. «La nostra visione è uno strato software capace di gestire il software in modo orizzontale, indipendente dal singolo apparato, destinata a prendere il posto di chi invece sta comunque affrontando questa evoluzione, ma con l’obiettivo di aggiungere uno strato software sopra i propri dispositivi».
Un riferimento, e un avvertimento neppure troppo velato, a chi ha contribuito fino a oggi a scrivere buona parte della storia nel mondo networking e resta comunque un partner principali per VMware. «Cisco resta uno dei nostri partner più importanti, ma su questo aspetto abbiamo due visioni distinte – conclude Carli -. Personalmente, credo che una tecnologia indipendente dal vendor alla fine si affermerà e anche loro, come tutti gli altri fornitori di hardware, alla fine dovranno adattarsi. Comunque, credo che i clienti saranno in grado di valutare e decidere e l’ultima parola arriverà da loro».