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HR e rivoluzione digitale: «Servono nuove professionalità, ecco come e quali…»

La formazione, le competenze, l’organizzazione aziendale e le grandissime sfide che la rivoluzione digitale sta mettendo sul piatto di aziende di ogni forma e dimensione. Un tema cruciale anche e soprattutto per il mondo IT. Un tema al quale si dedica Fabio Lalli, CEO & CoFounder IQUII – Forward Thinking ed esperto di comunicazione e strategie digitali, in questa interessante intervista

Pubblicato il 21 Ago 2014

Marco Maria Lorusso

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Fabio Lalli, Ceo at IQUII

Uomo della Rete e grande esperto di comunicazione, Fabio Lalli, di mestiere fa il Ceo di IQUII (nella foto) e da tempo si occupa con grande attenzione di tutti gli impatti che la profonda rivoluzione digitale in atto sta avendo su ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Su tutti, il lavoro, le imprese, il business e la loro stessa organizzazione. Temi che nel mondo IT, sull’onda di fenomeni come Big Data, Cloud computing e paradigmi che stanno mutando il concetto stesso di modello di vendita, produzione e di organizzazione aziendale hanno oggi una connotazione assolutamente centrale.

Come, dove e quali competenze è necessario sviluppare per affrontare le trasformazioni in atto. Quali strade e organizzazioni scegliere per sfruttare al meglio le enormi opportunità che il digitale offre e, soprattutto, mettersi in contatto con i propri clienti in maniera realmente innovativa? Di tutto questo e molto altro ancora abbiamo deciso di parlare con Fabio Lalli, che da qualche mese è entrato a far parte del team di contributor a valore di ICT4Executive, in questa lunga e preziosa intervista.

Formazione e rivoluzione digitale, cosa e perché sta cambiando oggi?

«Il digitale, come sappiamo, sta modificando trasversalmente il modo di fruire delle informazioni. Il cambiamento in corso ha avuto impatto a 360 gradi già in questi anni su tutti gli ambiti, tanto da coinvolgere anche la formazione. Già negli ultimi anni la formazione infatti ha cavalcato alcune tendenze come l’e-learning e la teleformazione. Oggi la sfida che la formazione deve intraprendere è quella del cambiamento culturale e delle modalità con le quali si progettano nuove esperienze formative ed i nuovi percorsi di apprendimento. I cambiamenti in corso, come dicevo, sono molteplici:

quantità di dati: la rete ha generato una infinità di dati che possono esser fonte di informazione o allo stesso tempo di rumore. Grazie a questo cambiamento le persone hanno modificato radicalmente il modo di fare ricerche, informarsi, documentarsi, auto-formarsi ma soprattutto è cambiato il modo in cui le persone partecipano alla produzione dei contenuti. Quello che la formazione deve apprendere da questo cambiamento sono le nuove dinamiche di stimolo nell’interesse, delle tecniche di ricerca di informazione, di analisi dei comportamenti (pattern comportamentali, analisi prescrittive e predittive) e delle modalità attraverso le quale, una community, un gruppo, un team o una area dell’azienda possono partecipare attivamente alla costruzione di contenuti e di valore.


modalità di interazione: i nuovi media hanno dato vita a nuove modalità di dialogo, conversazione e feedback. Siamo passati da sistemi anonimi a sistemi trasparenti, da sistemi standalone a sistemi collaborativi, da sistemi di comunicazione asincroni a sincroni e realtime con feedback immediati. Queste modalità di interazione stanno cambiando anche le modalità con le quali le persone collaborano, condividono informazioni ma soprattutto le aspettative delle persone. Il realtime per esempio è sempre più richiesto, naturale e necessario allo stesso tempo: fare una azione, ricevere una reazione che modifica lo status emotivo, operativo o culturale permette alle persone di abilitare immediatamente nuovi comportamenti. La formazione non può più pensare di continuare ad erogare contenuti asincroni o ancora frontali e non interattivi, sistemi di verifica con risposte non realtime ma soprattutto non è pensabile per la formazione pensare che il contenuto formativo sia costruito solo top down invece di orizzontale, collaborativo, partecipativo e trasparente.


tempi: il digitale ha modificato il concetto di tempo rendendolo molto più veloce da più punti di vista: tempi di comunicazione, tempi di gestione delle informazioni, tempi di interazione, tempi decisionali ma soprattutto ha accelerato enormemente i tempi di sviluppo di nuovi contenuti, conoscenza e possibilità di evoluzione, aumentando inoltre la competitività. Una formazione che non si adatta a questi ritmi e tempi rischia di esser inefficace ed inefficiente, proprio come sta succedendo nelle università italiane (vittime della burocrazia e di un sistema di costruzione dei contenuti formativi complesso) che non riescono più ad erogare agli studenti contenuti adeguati ai trend e alle esigenze del mercato tempestivamente.

Alla luce di simili evoluzioni, proprio nel mondo IT c’è grande fermento intorno ai profili e alle nuove competenze che sono e saranno sempre più richieste per stare al passo con un simile sviluppo. Quali a tuto avviso le nuove professionalità che stanno realmente nascendo, di quali non è possibile già oggi fare a meno?

«A mio avviso un team di HR e Formazione non può più sottovalutare la possibilità di integrare al suo interno due figure:

Community manager: persona in grado di gestire e stimolare attivamente la conversazione e le relazioni. La figura del coach o del mentor, che veniva inserita in azienda a supporto delle persone, rimane ancora fondamentale nel rapporto uno ad uno. Quello che deve cambiare è il concetto di gestione delle persone nell’azienda: è necessario che passi il concetto che l’azienda è di fatto una grande community all’interno della quale ci sono delle dinamiche sociali da analizzare, stimolare (anche attraverso meccaniche di gamification e loyalty) e attivare per la costruzione di valore ed opportunità.


Innovation manager: persona in grado di seguire trend di mercato, analizzarne i vantaggi, l’applicabilità e le peculiarità con il core business dell’azienda e attivarsi affinchè si possano costruire momenti di contaminazione collettiva affinchè determinati modelli, approccio o nuovi stimoli possano esser recepiti e metabolizzati.

In generale penso che sempre più la formazione e le HR debbano lavorare a stretto contatto con IT, Marketing e Comunicazione. Il momento di formazione è a mio avviso il miglior momento per stimolarle, coinvolgere e portarle ad un livello maggiore di fedeltà le persone. Senza una infrastruttura tecnologica adeguata (mobile, connettività, integrazione), senza un progetto di comunicazione (social, digital, eventi) e senza un buon marketing interno (branding) non credo che la formazione possa evolvere e portare un beneficio atteso e efficace come potrebbe».

La rivoluzione digitale cambia dunque in maniera profonda le professionalità richieste ma cambierà, a tuo avviso, anche l’impostazione e la mentalità delle stesse organizzazioni e imprese? Come?

«La risposta che mi viene da dare su due piedi è sicuramente che le organizzazioni e la psicologia del lavoro non possono più esser “disconnesse” dal digitale. Oggi le persone vivono la rete in modo costante, dai social, agli smartphone, agli oggetti connessi. Le persone condividono informazioni naturalmente e spontaneamente e sono in relazioni con molte più persone di prima grazie all’abbattimento delle distanze derivante dal digitale. Tutto questo impatta sullo stato d’animo delle persone, sugli interessi, sugli obiettivi personali, sulle modalità di informazione: non tenere in considerazione questa connessione o forzarne la disconnessione può diventare un boomerang.

Il digitale ha cambiato molte cose e probabilmente definirla rivoluzione è sbagliato: io la vedo come una evoluzione costante che sta aumentando le capacità delle persone. Le organizzazioni, fatte di persone, devono evolvere di pari passo adottando strumenti, metodologie, linguaggi, sistemi e modelli attuali e sempre aggiornati. Sembra un paradosso, ma la prima a fare “formazione continua” dovrà esser proprio l’organizzazione e probabilmente con il tempo, dovrà imparare proprio dalle proprie persone, e non più il contrario».

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