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Il mondo convergente inaugura nuovi servizi ad alto tasso di personalizzazione

Non ci sono clienti, utenti o consumatori: solo persone. Lo smartphone, unendo i mondi fisico e digitale, ha rivelato ai brand che progettare servizi customer centrici significa riscoprire nuovi valori e processi. Smart working, smart service, smart city portano a una governance consapevole e preparata all’onda dei Big Data e della Internet of Things. Se n’è parlato a Milano in un evento organizzato da Fincons, Atos e Samsung

Pubblicato il 01 Nov 2014

Redazione TechCompany360

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La chiamano la tempesta perfetta. È quella rivoluzione digitale che sta sovvertendo non soltanto le abitudini delle persone ma anche tutti i criteri di definizione e di supporto al business. La progressiva e inarrestabile convergenza tra mondo fisico e mondo virtuale impone alle aziende un cambio di rotta nella gestione delle informazioni e dei servizi.

Governare la quantità di informazioni che transitano tra mondi analogici e mondi digitali attraverso le più svariate arterie multicanali è complicato. Ma smartphone e tablet hanno riposizionato la palla al centro, rendendo l’universo informativo customer centrico al punto che le aziende di prodotto e di servizio si sono rese conto che il loro target non sono né i cittadini, né i clienti, né i consumatori. Il mondo convergente, analogico e digitale, ruota attorno al valore della persona. E per ogni persona c’è una storia da raccontare, attraverso adeguate formule di ingaggio, di offerta e di comunicazione.

Digitalizzazione bifronte: informatizzazione da un lato, storytelling dall’altro

Se n’è parlato negli scorsi giorni al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, in occasione di un evento dal titolo Promesse di un mondo Convergente, organizzato da tre specialisti nella gestione dei dati e del mondo digitale: Finscons, Atos e Samsung.

“il futuro non si resce a prevedere – ha esordito Luca De Biase, giornalista e scrittore esperto di tecnologie del Sole 24 Ore -. È una legge fondamentale: non esistono fatti sul futuro, ma solo narrative: tutto, infatti, diventa narrativo, digitale, informativo, condivisibile”.

Digitalizzazione e visualizzazione sono parte integrante di quel sistema binario di una comunicazione potenziata dalle tecnologie. Attraverso una molteplicità di schermi e a una nuova intelligenza gestionale, oggi più che mai possiamo fruire di un’informazione ubiqua e pervasiva. C’erano una volta il pc e il digital signage (che oggi ci sono ancora). Poi sono arrivati i totem interattivi, gli smartphone, i tablet, gli smartwatch… Tutto un mondo di informazioni ha iniziato a girare intorno a noi. Attraverso servizi abilitati dai brand della distribuzione ma anche della pubblica amministrazione, oggi possiamo accedere a tutta una serie di informazioni digitalizzate che ci servono a vivere nel mondo analogico (e viceversa). Orari dei treni, sfilate di moda, prenotazioni ambulatoriali, promozioni e offerte: nel mondo convergente il senso dello sviluppo è offrire contenuti interessanti per un certo tipo di target, conosciuto e riconosciuto al punto che è quasi possibile profilare il desiderio del singolo. Parola d’ordine condivisione e collaboration, oggi possibile attraverso una quantità inverosimile di display e di formati, fissi e mobili. Dentro e fuori all’azienda.

Ieri erano dati. Oggi sono Big Data

La mole di informazioni digitalizzate sta diventando talmente consistente che per etichettarla abbiamo inventato il termine Big Data (secondo IDC abbiamo superato i 2,5 quintilioni di bytes). L’altra faccia del mondo convergente, infatti, è una quantità crescente di informazioni diversificate sui nostri comportamenti on line e off line: dai click sui siti Internet ai touch point presso cui effettuiamo i nostri check con le carte fedeltà, dai nostri passaggi nei parcheggi o utilizzando i telepass, i pagamenti digitali, le nostre code nelle sale cinematografiche, nei musei o sulle piste da sci… I Cio sentono parlare di Big Data ma per chi da sempre si occupa di gestione delle informazioni, quei numeri da fantascienza, per loro sono parte integrante delle loro routine di lavoro: nel 2000, solo il 25% delle informazioni esistenti era digitale. Nel 2014 è diventato il 98%. Nel frattempo sono cresciuti i server, sono stati potenziati i gestionali, incrementate le reti di networking.

A cambiare, infatti, è stato il modo in cui ci scambiamo le conoscenze, di vivere, di pensare. Chi si occupa di ICT è abituato a gestire i dati: ERP, HR, data warehouse management, CRM… tanti i processi digitalizzati nel mondo dell’industria. Sono dati strutturati a cui oggi si aggiungono quelli destrutturati, fatti di innumerevoli sistemi di file sharing, di SMS, MMS, ma anche di Like, di Tweet, di click o di download.

“Dal mobile alla stampa in 3D, dal cloud ai sensori, dalle tecnologie di localizzazione al M2M – ha commentato Mariano Corso, Professore Ordinario presso il Politecnico di Milano – l’innovazione diigitale è la tempesta perfetta. Le stesse città cambiano e cambieranno sempre di più le loro configurazioni. Oggi abbiamo tantissimi dispositivi che ci offrono tante nuove funzioni: smartphone, navigatori, macchine fotografiche ci aiutano ad alzare il livello di interazione. L’abbassamento del costo della digitalizzazione spesso ci consente di usufruire di servizi gratuiti o, quantomeno, economici ma egualmente performanti. Ad accollarsi le spese i brand ma anche nuovi attori che si inventano nuovi business. Per citarne qualcuno Spotify o Netfix. Stanno cambiando i modelli distributivi. Sta cambiando la nostra cultura. Bisogna uscire dagli schemi tradizionali e creare un valore per il cliente e per l’intero ecosistema digitale”.

Chi progetta lo deve fare pensando al suo contributo alla società. La domanda fondamentale è: si sta distribuendo un valore oppure solo un’illusione?

Business più intelligenti, più performanti, ma anche più sostenibili

Adattarsi al cambiamento non è facile. Come ha ironizzato De Biase, è questione di prospettiva: dalla crisi alla crisalide, il cambiamento porta a un’affascinante divenire perché dalla trasformazione nasce qualcosa di nuovo e più adatto ai nuovi compiti.

Nel parterre dei relatori esponenti dei media (che da questa crisi stanno ancora cercando di uscire) e della distribuzione (che sono arrivati per ultime all’ICT ma che oggi stanno facendo tesoro dell’innovazione digitale più di tutti gli altri settori). 20th Century FOX e the Space Cinema, Rcs Media Group e LaF hanno raccontato un’evoluzione nota: la digitalizzazione delle reti, la compressione delle trasmissioni e Internet hanno portato a una convergenza mediale, tragica e allo stesso tempo fantastica, con problemi di sostenibilità dei modelli molto seri per il business. La trasversalità dei mezzi ha reso complicato vendere, ma anche raggiungere un target specifico. Produrre i contenuti è diventato complicato quanto produrre prodotti. Così il mondo delle imprese è diventato improvvisamente vecchio.

“Stiamo imparando a potenziare le componenti distintive del mondo fisico attraverso lo studio dei comportamenti digitali – ha commentato Massimiliano Tiana, Direttore Centrale Operazioni di The Space Cinema -. Dobbiamo capire cosa fa il cliente quando viene nei nostri cinema, con chi ci viene, che cosa fa, che tipo è. Al momento queste informazioni ci mancano ed è su questo tipo di conoscenza che dobbiamo focalizzarci per offrire servizi migliori, fisici e digitali a partire dalle app”.

I programmi di loyalty servono a questo: potenziare il Crm per applicare una Business Intelligence capace di intercettare ogni tipo di informazione e di comprenderla in un contesto che trasforma l’offerta in una risposta puntuale e immediata al punto da diventare predittiva.

“Il fenomeno dei social network va capito e sfruttato – ha aggiunto Andrea Cuneo, marketing director 20Th Century FOX -. La socialità virtuale è diventata importante. Il web è pieno di informazioni ma anche di mondi chiusi: Wikipedia, YouTube, Facebook, ad esempio, contengono dati che ancora facciamo fatica a incrociare per generare valore”.

Ci vogliono messaggi interattivi e ci vuole maggiore creatività per gestire scenari ipersegmentati, frequentati non da target che vogliono standard ma, appunto, da persone che fanno scelte, hanno proprie abitudini e amano certe esperienze. Come affrontare tutto questo? Riducendo il focus per gestire con la massima efficacia quello che si riesce a capire meglio. E poi andando a integrare per allargare in seguito il raggio di azione. Ricordandosi che l’intelligenza distribuita arriva alle persone attraverso i tablet e gli smartphone.

“Oggi il 16% del traffico digitale è su smartphone – ha commentato Valerio Perego, Country Manager di Facebook Italia-. Nel 2013 era l’8%. Digitale e innovazione vanno di pari passo. È cambiato il nostro modo di fruire delle informazioni: oggi una persona sta mediamente 109 minuti sul proprio smartphone e 69 minuti davanti alla tv. Sono dati importanti per capire dove sta andando la comunicazione che, per altro, è il nostro core business”.

Le informazioni, attraverso la digitalizzazione, sono diventate più accessibili e condivisibili in tanti modi diversi e autoalimentanti. Per chi fa business è importante capire come e perché i mercati sono conversazioni. Gestire la narrativa significa avere motori di ricerca sempre più avanzati, sistemi di archiviazione che devono attingere a nuove logiche di gestione ma anche nuovi criteri di clusterizzazione delle tecnologie, per coordinare i workflow dei dati secondo schemi di senso che riescano a governare non solo processi di dati ma anche fotografie, video, grafici, illustrazioni, commenti, post ma anche comportamenti d’acquisto, comportamenti on line, comportamenti off line.

“Il mondo dell’informazione digitale impone grossi cambiamenti a tutti gli operatori – ha commentato Federico Panizzi, Head Cusotmer Insight & Activation Digital di RCS Group -. I giornalisti, ad esempio, stanno diventando responsabili di canale che devono seguire il loro articolo analogico e digitale arrivando a gestire le code di commenti sui social. Mescolando CRM, data journalism e visualizzazione. La competizione porta a una riqualificazione e alla ricerca di nuovi paradigmi. Dal cliente alla persona, dagli interessi alle opinioni, dal profilo alla rete di contatti, da un approccio statistico a un rapporto liquido”.

Big Data: il training migliore viene dal retail

Ci è arrivato per ultimo ma oggi è il mondo del retail che sta imparando più in fretta degli altri a gestire la convergenza digitale e i Big Data. Partendo dall’e-commerce, market place di tutti i vendor. Grandi imprese e microimprese stanno imparando a fotografare i loro prodotti, a esporli sulle vetrine digitali e a vendere, gestendo i processi di acquisto attravero una conoscenza dei clienti che arriva dalle newsletter, dai social, dalle analytic di AdSense, da una brand reputation costruita attraverso il passaparola fatto di qualità o anche solo di mode.

“Il 45% delle vendite di Amazon Italia viene dalle Pmi – ha spiegato Sara Caleffi, Head of Seller Services di Amazon Italia -. Il nostro modello funziona anche perché è modulare: qualsiasi azienda ha una vetrina digitale e un negozio già risolti, su un sito di e-commerce autorevole, integrato da una serie di servizi logistici che possono o meno far parte del pacchetto. Con un customer service tarato su un processo di valutazioni positive, che incrementano la curva del business. Non a caso in Amazon noi parliamo di Customer Obsession”.

Per le Pmi italiane che non riuscivano a espandere i loro confini, l’internazionalità di Amazon è diventata una grande occasione per crescere, ma anche per approcciare nuovi modelli di conoscenza dei processi produttivi e distributivi. Oggi il product lifecycle management passa dal visual content management. Internet è malleabile, ha ricordato De Biase, e le imprese possono interpretare questo punto di forza partendo da questa flessibilità che diventa opportunità.

Un caso per tutti è Eataly, che sta moltiplicando i punti vendita nel mondo e che ha capito come convergenza significa vendere on line e off line. Il prodotto è informazione, il cliente è una persona. Convergenza non è solo gestire i flussi di informazioni in entrata e in uscita dall’azienda ma anche i flussi di informazioni che arrivano e vengono dalle persone. Le tecnologie abilitanti per gestire tutto questo vengono da chi progetta soluzioni ICT.

Nuovi concept per le tecnologie abilitanti la convergenza

“Dobbiamo progettare attività di servizio attraverso esperienze immersive – ha detto Oliver Botti, Head of Sales and Strategic Development Media Bu Fincons Group -. L’infotainment è fondamentale per ingaggiare e per comunicare. Il mondo è multi-screen e ci permette di immaginare nuove forme di comunicazione e di servizio. La nostra capacità di generare valore parte da questo”.

La tecnologia è matura per raggiungere le persone che arrivano al prodotto o al servizio. Certo ci viogliono le competenze tecniche necessarie a immaginare e a chiudere i progetti.

“Gli strumenti di mobilità sono punti di contatto importanti – ha spiegato Antonio Bosio, Head of P&S Department Samsung -. In Italia in questo momento sono 20 milioni le persone che stanno girando con uno dei nostri smartphone in mano. Migliorare l’interazione con l’universo multimediale dell’informazione aiuta a immaginare nuovi orizzonti digitali e nuove opportunità di servizio”.

“CI vuole un approccio olistico alle persone mobili – ha concluso Giorgio Ancona, Head of Stratgic Alliance, Communication & Innovation di Atos -. Una visione più aperta che sappia gestire una serie di dati che aiutano a misurare le condizioni di probabilità di una relazione con un possibile cliente, consumatore, cittadino. La Business Intelligence è una chiave importante della convergenza digitale”.

L’intelligenza nel business e nella progettazione significano oggetti nuovi, comunicanti e interattivi: gli smart object portano smart service smart working che, insieme, contribuiscono a fare delle città in cui viviamo delle smart city. Al centro la governance dell’informazione digitale, progettata per una fruizione comoda, utile e funzionale a chi vive nel mondo analogico. La convergenza, infatti, è una promessa che va mantenuta.

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