Internet delle Cose, il futuro è in uno standard condiviso

Lo dicono i partecipanti di Unleashing the value of IoT platforms, appuntamento del Mobile World Congress dedicato all’IoT

Pubblicato il 24 Feb 2016

Paolo Longo

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Internet è il cuore della comunicazione e come il corpo umano ha tanti organi interdipendenti. Questi possono svolgere bene il loro lavoro solo interagendo in maniera funzionale e senza interruzioni; basta un piccolo punto di arresto e le “informazioni” non arrivano al loro traguardo, rendendo difficile lo svolgersi dei differenti compiti. Il paragone può apparire forte ma rende bene l’idea di cosa è oggi l’Internet delle Cose: una marea di oggetti connessi che necessitano di un dispositivo centrale di connessione e che, comunicando tra di loro, darebbero maggior senso e valore all’ecosistema creato.

Se ne è parlato durante l’incontro “Unleashing the value of IoT platforms” che si è svolto durante il Mobile World Congress di Barcellona. Sul palco ricercatori, organizzazioni e aziende attive nel campo dell’Internet of Things, declinato in maniera particolare a servizi avanzati come supporto del business. L’IoT continua ad attrare l’interesse dell’industria ma è ancora ad un livello inziale di adozione. Sebbene stia crescendo esponenzialmente il numero di prodotti in grado di connettersi alla rete, non sono molti quelli che possono portare un reale vantaggio alla produttività.

Pensiamo a device che sono ancora dei demo, concept o pensati solo per un determinato contesto di utilizzo. Il mondo delle piattaforme IoT è attualmente una giungla nella quale coesistono standard diversi e potenzialmente incompatibili. Il panorama è lo stesso, anche a livello consumer. Abbiamo uno smartwatch, un termostato intelligente, una lavatrice connessa, un rilevatore di fumo. Questi sistemi inviano i dati a uno stesso router ma non riescono ad inviarli ad una stessa app o portale. Ciò comporta l’impossibilità di creare un ambiente unico analizzabile, che sia in grado di restituire dati globali di valore su scale periodiche. Lo stesso accade nei complessi industriali, dove pure il passo verso un IoT più uniforme è già avviato.

“L’architettura che permette ad oggetti connessi di andare in rete è semplice e cloud-centrica – spiega Angelo Corsaro, CTO di PrismTech – quello che cambia è il livello superiore, quello visibile a tutti. La verticalizzazione è una soluzione ma è ovvio che ogni player voglia fare la sua parte in un ambiente così dinamico e in continua evoluzione”. Un esempio da seguire potrebbe essere Ocado, catena di supermercati online britannica. Con 200.000 ordini alla settimana, 47.000 prodotti in catalogo, basa la quasi totalità del lavoro dei dipendenti sulla raccolta automatica della merce ordinata online, grazie a un continuo scambio di informazioni tra personale e macchine connesse ad internet.

Si tratta di un modello di integrazione considerevole, che può fare da guida per applicazioni simili, seppur ridotte in dimensioni. A portare maggiore collaborazione tra chi produce hardware IoT e le software house, ci pensa la AllSeen Alliance, creata per promuovere l’interoperabilità in ambito Internet delle Cose. Fanno parte dell’organizzazione alcuni dei più grandi nomi dell’industria hi-tech, come Sony, LG, Sharp, Haier, Electrolux, Microsoft e HTC. L’Alliance utilizza il programma open-source AllJoyn, che nell’ottica dei partecipanti dovrebbe rappresentare la base di futuri progetti internet based.

Prosegui la lettura dei servizi dedicati al Mobile Wolrd Congress: Cosa succede al MWC di Barcellona

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