I tanti segnali positivi sottolineati lo scorso anno dagli operatori della filiera IT non erano un abbaglio. Come infatti messo in luce dai dati appena rilasciati da Assinform, nel 2015 il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni e contenuti digitali) è ripartito. Più precisamente è cresciuto dell’1% a 64.908 milioni di euro. Uno sviluppo che interrompe una tendenza negativa che durava da anni e che è supportato da stime positive per il futuro: nel 2016 si dovrebbe arrivare a quota 65.882 milioni di euro (+1,5%), cancellando così i passi all’indietro dei due anni precedenti.
Al recupero hanno concorso po’ tutti i comparti, con la sola eccezione dei servizi di rete delle telecomunicazioni (-2,4%,) che hanno continuato a subire il calo delle tariffe, deprimendo le dinamiche di quasi un terzo del mercato. Ma, fortunatamente, gli altri due terzi sono appunto cresciuti: i servizi ICT hanno raggiunto quota 10.368 milioni di euro (+ 1,5%%), software e soluzioni ICT sono saliti a 5.971 milioni di euro (+4,7%), mentre è stata netta l’avanzata dei Contenuti Digitali e Digital Advertising a 8.973 milioni di euro (+8,6%). Più complicato il discorso per quanto riguarda il settore Dispositivi e Sistemi che, complessivamente, è cresciuto poco (+0,6%, per 16.987 milioni di euro). Questa piccola crescita, infatti, è avvenuta nonostante il netto calo dei PC (-13,7% in volumi, fra portatili, desktop e server) e dei tablet (-15,1%).
A trainare il segmento sono stati gli smartphone, cresciuti del 9,9% a 15,5 milioni di pezzi, grazie al loro ruolo di device centrale per l’utilizzo di applicazioni e servizi in mobilità. Non a caso, rileva Assinform, gli utenti di banda larga su rete mobile sono cresciuti ancora (+8,8%). Più in generale la digital transformation sembra essere finalmente entrata nei radar delle aziende italiane. Il giro d’affari del software e delle soluzioni ICT installate presso l’utenza (al netto cioè di quanto fruibile in service e in cloud,), nel 2015 ha accelerato, raggiungendo 5.971 milioni di euro (+4,7%). Il software applicativo non solo è cresciuto bene (4.218 milioni, +6%), ma lo ha fatto grazie ad ammodernamenti di sostanza e alle componenti più innovative: dalle piattaforme per la gestione evoluta dei dati a quelle per la gestione web (+14,1%). Ha frenato un po’ il software di sistema (-0,5% a 547 milioni) per effetto del raffreddamento delle vendite di hardware, mentre ha fatto bene il middleware (1.206 milioni, +2,8% dopo il +2,4% dell’anno precedente), a conferma di una crescente domanda di nuove soluzioni per l’integrazione, la sicurezza e l’utilizzo ottimale delle risorse IT.
La crescita dei Servizi ICT citata in precedenza, inoltre, è stata spinta dai servizi di data center e, soprattutto, di cloud computing (+28,7% a 1.228 milioni), che hanno più che compensato l’andamento in lieve calo di tutti gli altri segmenti più legati all’informatica tradizionale (outsourcing -2,4%, formazione -4,9%, consulenza -0,8%, assistenza tecnica -1%, sviluppo applicativo e systems integration -1,6%). Positivo l’andamento dell’IOT che, secondo l’associazione, per le sole compenti ICT muove nel nostro Paese già 1.845 milioni di euro (+ 13,9%).
Eppure, nonostante questi numeri, il presidente di Assinform, Agostino Santoni, ha evidenziato in negativo come una parte importante del nostro sistema produttivo, quello della piccola impresa, sia lontano dalla rivoluzione digitale: quasi il 90% delle imprese tra i 10 e i 49 addetti presentano ancora indici di digitalizzazione molto bassi. Inoltre, il Mezzogiorno presenta un evidente ritardo rispetto al resto del Paese. Un ulteriore allarme è stato lanciato anche sul fronte formazione: «Dobbiamo guardare alle competenze, da intendersi non solo come capacità tecniche, ma di comprensione delle opportunità del digitale. Esiste un gap tra domanda e offerta di profili specializzati nelle nuove tecnologie ICT e nei nuovi business digitali, dal business analyst al data scientist, e così via. Ci sono moltissimi posti di lavoro che non si riesce a coprire per mancanza di skill e di mentalità. È urgente intervenire sul sistema della formazione, andando a vedere non solo le modalità di funzionamento della scuola o le metodologie didattiche – fronti sui quali i programmi Buona Scuola e Scuola Digitale meritano il plauso – ma anche i contenuti, senza aver paura del dialogo tra mondo dell’istruzione e mondo dell’impresa», ha messo in luce Santoni.