Nonostante la pandemia, il 2021 sarà ricordato come l’anno dei record per le operazioni di fusione e acquisizione, comunemente note anche con la sigla M&A (mergers and acquisitions). Fra quelle che non sono passate sotto silenzio, rientra ad esempio l’acquisizione della Metro Goldwyn Mayer da parte di Amazon che ha messo sul piatto 8,45 miliardi di dollari per accaparrarsi gli studios e il prestigioso catalogo del brand con il leone ruggente. Ma, senza andare troppo lontano, anche l’Italia è stata teatro di un numero cospicuo di fusioni e acquisizioni, quasi 1.100 secondo KPMG, per un valore che sfiora i 96 miliardi di euro, il più alto dalla crisi finanziaria del 2008. Certo, a dare un contributo rilevante c’è stata la fusione tra FCA e PSA, oggi Stellantis, che da sola vale all’incirca 20 miliardi di euro. Ciò non toglie, in ogni caso, che le aziende che hanno tratto vantaggio e che potrebbero trarre vantaggio dalle M&A appartengano anche alla diffusissima platea delle piccole e medie imprese. Un ambito che oggi vede nel panorama nazionale una nutrita rappresentanza di Tech Company che, se coinvolte in operazioni di fusione e acquisizioni societarie, otterrebbero dei vantaggi in termini di economie di scala e di massa critica più grande tale da poter competere sui mercati internazionali.
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Fusioni e acquisizioni, una definizione
Per comprendere in cosa consistano, va sottolineato anzitutto che le operazioni di fusione e acquisizione comportano la modifica dell’assetto proprietario di due o più aziende. In sostanza, la prima genera l’unificazione di più aziende in una sola con l’obiettivo di aumentare la competitività sul mercato, diversificare il business o procedere a una riorganizzazione interna anche tramite i benefici fiscali che derivano dai meccanismi di compensazione degli utili di una con le perdite dell’altra. Per quanto riguarda l’acquisizione, quest’ultima è frutto dell’operazione di acquisto di una società da parte di un’altra con l’intento primario di creare valore. Anche se in letteratura si antepone la parola “fusione” al termine “acquisizione”, nella realtà è sempre l’acquisizione che precede la fusione. Un esempio recente nel Fintech è quello di Nexi che, dopo aver incorporato Nets e SIA, ha completato la relativa fusione presentandosi nel 2022 come uno dei più importanti player europei nel campo dei pagamenti digitali.
Tipologie di fusione societaria
Generalmente, si possono distinguere due tipologie di fusione societaria: la fusione in senso stretto nella quale le società coinvolte scompaiono per dare vita a un nuovo organismo, detto anche newco (è il caso di Stellantis); la fusione per incorporazione in cui una incorpora, appunto, l’altra o le altre (ad esempio, Nexi). In entrambi i casi, l’operazione di fusione può interessare aziende di natura identica, come possono essere le società per azioni, e allora si parlerà di fusione omogenea, oppure con assetti societari differenti, e la fusione quindi sarà eterogenea. Le fusioni, inoltre, possono essere definite orizzontali, se le aziende appartengono al medesimo settore; verticali, qualora rientrano nella stessa filiera produttiva; conglomerate in tutti gli altri casi.
Tipologie di acquisizione azienda
Anche le operazioni di acquisizione o buy-out possono essere di diverso tipo. In particolare, si distinguono in Leveraged buy-out (LBO), Management buy-out (MBO) e Management buy-in (MBI). Le operazioni LBO consistono nell’acquisto di una società ricorrendo a un forte indebitamento che si punta a coprire con gli utili futuri o mediante la vendita dell’attivo patrimoniale della società acquisita, detta società target. Le acquisizioni MBO vedono i dirigenti stessi dell’azienda target acquisire il pacchetto di controllo della società tramite un finanziamento esterno per la cui garanzia si offrono le attività dell’impresa acquisita. Un’operazione MBI, invece, è effettuata da parte di un gruppo di manager esterni all’azienda target, operazione per la quale, anche in questo caso, viene utilizzato un finanziamento di terze parti. Nel caso in cui l’acquisizione della maggioranza riguardi una società quotata in borsa, è obbligatorio il lancio di un’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA). L’anno scorso in Italia sono state 21 le OPA lanciate, per un controvalore complessivo pari a circa 9 miliardi di euro. Tra quelle chiuse con maggiore successo va ricordata l’OPA di Generali su Cattolica Assicurazioni, per un controvalore di 1,2 miliardi di euro.
Le fasi di un’operazione di fusione e acquisizione
La fase preliminare di un’operazione di fusione e acquisizione è quella dell’analisi, alla quale si possono ricondurre l’identificazione dell’azienda target, la manifestazione di interesse, l’offerta non vincolante fino alla selezione delle controparti e alla lettera di intenti. L’anno scorso, per citare un’operazione M&A tra le tante con protagoniste aziende italiane assai note, Angelini Pharma ha acquisito Arvelle Therapeutics, società biofarmaceutica svizzera, con lo scopo di diventare licenziataria esclusiva nell’Unione europea della commercializzazione di un nuovo farmaco antiepilettico (cenobamato). La complessità dell’operazione, che deriva anche dal coinvolgimento di un’ulteriore società, la SK Biopharmaceuticals, che aveva scoperto il cenobamato e che ha deciso di cedere ad Angelini la sua partecipazione del 12% in Arvelle, fa capire l’importanza delle fasi di negoziazione e di quelle di due diligence che preludono alla stipula vera e propria del contratto di acquisizione. Soprattutto la due diligence assume un valore chiave per ottenere tutte le informazioni necessarie dal punto di vista economico, finanziario e legale (nel caso preso in esame, KPMG ha supportato Angelini nella due diligence Tax & Accounting). È solo in seguito alla due diligence che si apre poi la fase di reperimento dei capitali per giungere a quella finale di chiusura dell’accordo.
Le modalità di finanziamento in ambito M&A
Il ricorso al capitale di debito per l’acquisizione di una società target non è l’unica modalità di finanziamento di un’operazione M&A. Esistono anche le forme dell’auto-finanziamento o dell’aumento di capitale. Nel primo caso, il finanziamento con capitale proprio prevede di destinare la liquidità aziendale disponibile per l’acquisizione, oltre a quella che si presume sarà generata dal cash flow nei tempi pattuiti per il pagamento del corrispettivo dell’acquisizione. È un modello di finanziamento tipico in presenza di una disparità dimensionale significativa tra la società acquirente e quella target. L’aumento di capitale, invece, si basa sulla sottoscrizione di nuove azioni ai fini del perfezionamento dell’acquisizione. I nuovi titoli devono essere offerti necessariamente in prelazione a coloro che sono già soci, che possono così esercitare il diritto di opzione oppure cedere tale diritto sul mercato. Di solito, per spingere gli azionisti a partecipare all’offerta, viene fissato un prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni a un livello più basso rispetto a quello intrinseco o effettivo detto fair value.
Chi sono i protagonisti nelle operazioni Fusioni e Acquisizioni
Oltre all’azienda target, che è quella oggetto di acquisizione, gli altri protagonisti nelle fusioni e acquisizioni sono l’acquirente industriale, cioè il soggetto che procede all’acquisto, l’acquirente finanziario, vale a dire chi entra nel capitale dell’azienda target, e l’advisor, che coincide con la parte che si occupa di offrire supporto professionale nella gestione dell’operazione. Non è detto che debbano esserci entrambi i due acquirenti. Nel 2021, ad esempio, è stata perfezionata la cessione del 49% del capitale di Telepass, detenuto da Atlantia, al gestore globale di private equity Partners Group AG. Il corrispettivo della transazione per l’acquisto ha superato il miliardo di euro. In qualità di advisor finanziari, Atlantia si è avvalsa di Goldman Sachs, Banca IMI di Intesa Sanpaolo e Mediobanca. Per gli aspetti di natura contrattuale, è stata seguita dallo Studio Bonelli Erede, mentre per quelli di due diligence dallo Studio Gianni Origoni Grippo.
I fondi di private equity nelle fusioni e acquisizioni
L’esempio appena citato, che ha visto al centro Atlantia e Partners Group AG, è emblematico del ruolo centrale che spesso detengono i fondi di private equity nelle operazioni di fusione e acquisizione. La loro attività, infatti, non si limita esclusivamente all’apporto di capitale di rischio, ma si estende anche alla realizzazione dell’idea imprenditoriale, partecipando alle decisioni strategiche dell’impresa target a cui, invece, è demandata la gestione operativa per assicurare la continuità del business. Nel corso del 2021 i fondi di private equity hanno finalizzato a livello mondiale più di 21.300 transazioni per un controvalore complessivo che ha sfiorato i 1.900 miliardi di dollari. Soltanto sul mercato italiano, hanno completato 197 acquisizioni, per un controvalore di 11,5 miliardi di euro. Con riferimento al mondo Tech, si può citare l’ingresso del fondo Clessidra con una quota di maggioranza in Formula Impresoft, capogruppo di Impresoft Group, player italiano di riferimento nell’ambito della trasformazione digitale con 700 dipendenti e 87 milioni di euro di fatturato. In questo caso, analogamente a quanto avvenuto per qualsiasi altra attività condotta dai fondi di private equity, l’iniziativa è stata guidata dall’elevato potenziale di sviluppo e di crescita dell’azienda target. Un potenziale che oggi accomuna moltissime Tech Company e che può essere dispiegato anche grazie alle fusioni e acquisizioni.