La capitalizzazione di mercato, o market cap, identifica il valore totale delle azioni di un’azienda e rappresenta perciò uno strumento finanziario semplice per valutare sia le dimensioni dell’impresa sia i rischi e i potenziali rendimenti di un investimento. Ad esempio il Gruppo Digital360 che edita questa testata, dopo la quotazione su Euronext Growth Milan avvenuta nel giugno del 2017, in 6 anni ha portato la sua capitalizzazione da 17,7 milioni a circa 110 milioni di euro. Segno di un trend che in questo periodo tende a premiare le organizzazioni particolarmente innovative.
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Cosa vuol dire capitalizzazione di mercato?
Per comprendere il significato della capitalizzazione di mercato rispetto al mondo delle tech company, basti pensare che nell’elenco mondiale delle 10 aziende con la più alta capitalizzazione di mercato 8 appartengono ai settori della tecnologia. Nell’ordine, infatti, ci sono Apple, Microsoft, Alphabet (Google), Amazon, Meta (Facebook), Tesla, Tencent e Alibaba. Fanno eccezione soltanto Berkshire Hathaway e JPMorgan. Queste società, proprio per il loro livello di capitalizzazione, hanno la definizione di “mega cap”. Sebbene il 2022 non sia stato un anno da ricordare (Apple ha perso 1000 miliardi di dollari, passando all’inizio del 2023 dai tremila miliardi di capitalizzazione a meno di duemila miliardi), ciò non toglie la loro indiscussa leadership. Né deve mettere in discussione la quotazione in borsa quale strada efficace per attingere ai capitali di cui un’impresa tecnologica ha bisogno per crescere e sviluppare il proprio business.
Come si calcola la capitalizzazione di mercato?
Per calcolare la capitalizzazione è sufficiente moltiplicare il numero delle azioni della società presenti sul mercato per il prezzo corrente di ogni azione. Tale numero prende in considerazione il cosiddetto “flottante”, che comprende le azioni soggette al libero scambio. Ai fini del calcolo va applicata la seguente formula:
MC = N x P
Nella formula, MC è la capitalizzazione azionaria, N corrisponde al numero di azioni in circolazione, mentre P è il prezzo di chiusura per azione. Questo significa che il valore aggregato delle azioni di una società costituisce un parametro suscettibile di cambiare in base alle continue oscillazioni dei mercati azionari. Questo è il motivo per cui le notizie e le voci attorno a un’azienda o a un intero settore possono influenzare gli umori della Borsa, generando un rialzo o un ribasso delle quotazioni. Va anche posto in evidenza che la dimensione aziendale non necessariamente coincide con il prezzo delle azioni di una società, anche se la tipologia di capitalizzazione generalmente spinge gli investimenti in una direzione piuttosto che in un’altra.
Cosa significa alta capitalizzazione?
Le “big cap” o “large cap” sono le società ad alta capitalizzazione che occupano i primi posti nel listino azionario. È interessante notare che nella classifica di Piazza Affari, a differenza di quella globale, le prime 10 comprendono una sola azienda tecnologica, l’italo-francese STMicroelectronics. Anche tra le 60 a media capitalizzazione quotate sull’indice FTSE Italia Mid Cap la percentuale di tech company è molto contenuta. Probabilmente è invece più facile trovare questa categoria di organizzazioni all’interno delle “small cap”, cioè tra le aziende con una capitalizzazione di mercato che varia dai 300 milioni ai 2 miliardi di dollari. Anche se si tratta di società “piccole” a confronto delle altre, potenzialmente sono quelle che potrebbero diventare i colossi di domani.
Tuttavia gli investitori di solito considerano i titoli ad alta capitalizzazione più solidi rispetto a quelli a media o bassa capitalizzazione. Il presupposto è che i secondi siano più vulnerabili nei periodi di grande volatilità. Ma è anche vero che il rischio dell’investimento non viene meno se si opta per i titoli ad alta capitalizzazione, come dimostra il caso Apple citato prima.
Vantaggi della capitalizzazione di mercato
Nel determinare il valore di un’azienda, la capitalizzazione di mercato gioca un ruolo essenziale perché consente di avere un criterio su cui fondare le proprie valutazioni in vista di un investimento. Ad esempio, le aziende ad alta capitalizzazione spesso sono presenti da molto tempo sul mercato (in realtà, questa regola vale soprattutto per quelle che operano in segmenti tradizionali, ma non in quelli digitali e innovativi). Il che vuol dire che puntare su questa categoria di impresa non genera spesso rendimenti elevati nel breve periodo, ma sul lungo periodo assicura una crescita costante del valore delle azioni e dei pagamenti dei dividendi.
Questo metro di giudizio si potrebbe applicare ai titoli cosiddetti FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google), che hanno dominato negli ultimi anni lo S&P 500, l’indice principale statunitense. Peccato che il 2023 sembra confermare la fine del loro predominio indiscusso, con l’eccezione di Apple e l’aggiunta di Microsoft. Infatti, il peso di entrambi i titoli sull’indice americano è salito al 13,3%.
Svantaggi della capitalizzazione di mercato
Quest’ultima circostanza serve a far capire quali possano essere gli svantaggi nella scelta di investire sulla base della capitalizzazione di mercato. Il market cap non è la fotografia oggettiva del valore di un’azienda. I prezzi delle azioni possono essere sopravvalutati o sottovalutati in quanto sono frutto di analisi fatte di volta in volta dagli investitori. La bolla di Internet degli inizi del 2000 ormai è un caso di scuola, poiché documenta quanto il valore di un’azione possa discostarsi da quello oggettivo derivante dall’acquisto di prodotti e servizi sul mercato. Più di recente, si può citare il caso di Tesla che, nonostante una persistente bassa redditività, ha goduto e gode tuttora di un’ampia fiducia in Borsa.
Resta il fatto che la capitalizzazione di mercato, affinché non ingeneri una distorsione nella stima del valore di un’azienda, va accompagnata da tutte quelle informazioni che permettono di osservare in profondità il suo stato di salute. La lettura del bilancio societario e un approfondimento sulla struttura del capitale sono, in tal senso, fonti essenziali che non vanno trascurate.