Stefano Venturi, amministratore delegato di HPE Italy, apre il suo intervento all’ HPE Italian Summit, la giornata dedicata ai partner di canale della società (e che Internet4things e Digital4Trade stanno raccontando con una diretta multimediale), esattamente da dove aveva chiuso lo scorso anno la convention di Rimini: il logo.
Quel logo, il rettangolo verde, da lui definito “uno spazio da riempire di contenuti”.
In realtà l’occasione è quella giusta per fare il punto su ciò che è accaduto in questi dodici mesi o poco più.
Perché se è vero che tutto era stato annunciato, è anche vero che ora, a giugno 2017, tutto è di fatto compiuto.
@stefano_venturi racconta #Hpeitaliansummit #HPEReimagine il progetto #firstlab in toscana https://t.co/eaNB8SIVOA @LorisFrezzato era lì! pic.twitter.com/TnINPxxrtR
— Marco Maria Lorusso (@MarcoLorux) 27 giugno 2017
“La grande focalizzazione si è realizzata. È stata una operazione di grande coraggio che solo una donna come Meg Whitman poteva fare”, commenta raccontando dello spin off delle attività legate ai software e ai servizi, con MicroFocus da un lato che assorbe tutto il mondo software e CSC, ora divenuta DXC, che porta fuori da HPE tutto, o quasi, il mondo dei servizi.
“Il 50 per cento delle azioni del merge con CSC – precisa – sono state distribuite agli azionisti di HPE, non all’azienda, che dunque non ha alcuna partecipazione nella nuova realtà”.
Ma se da un lato ci sono stati gli spin off, dall’altro in questi mesi HPE ha portato avanti una importante strategia di acquisizioni, a partire dallo scorso mese di agosto, quando ha rilevato gli asset di SGI, definita da Venturi “un’acquisizione molto significativa, perché SGI è una delle realtà tra le più avanzate al mondo nell’intelligenza artificiale embedded nel firmware per calcoli ad alte prestazioni”.
E spoi Simplivity, per rafforzare il fronte dell’iperconvergenza, Niara, per la sicurezza sull’intelligent edge, Cloudcruiser, per la gestione dei sistemi in cloud, Nimble, che fa storage per il mondo midrange.
“Senza dimenticare Aruba, che se pure precedente alla divisione di HPE da HP Inc ci ha comunque permesso di fare salti avanti sul fronte della mobility”.
È un nuovo corso, quello raccontato da Venturi, tutto disegnato in una logica di altra tecnologia: “Non abbiamo acquisito mercati o brand che portano clienti: sono tutte operazioni che portano patent e brevetti. Siamo tornati alle nostre origini e non abbiamo paura di dire che la tecnologia non è commodity”.
Il focus di HPE oggi sono l’Hybrid IT, l’intelligent edge, indispensabile per sostenere lo sviluppo di un mondo nel quale l’Internet delle Cose diventa sempre più pervasivo, e, naturalmente, The Machine.
Con il progetto #HPEInnoLab le competenze del #pianoCalenda e #industria40 vengono sviluppate dai partner #HPeItalianSummit @stefano_venturi pic.twitter.com/bkZkjrmkd2
— Miti Della Mura (@MitiDellaMura) 27 giugno 2017
Non un prodotto, non un progetto, ma un vero e proprio programma di lungo termine. “Un programma che prevede un investimento enorme in termini di ricerca e sviluppo con il quale noi pensiamo di cambiare il modo in cui vengono costruiti i computer”.
Si parla di computing memory centrico, che dunque ha al centro la memoria e non la CPU, si parla di nuovi chip nei quali all’elettronica si associa direttamente l’ottica: “Una rivoluzione copernicana, che stiamo già testando”, precisa Venturi, raccontando di un esperimento già in corso con un computer con a bordo 160 terabyte in memory: “La scienza dei big data è solo all’inizio e qui parliamo di nuovi sistemi a basso costo che possono eseguire analisi in real time su quantità incredibili di dati. Parliamo di innovazione pura”.