L’aumento nell’adozione del cloud come tecnologia abilitante è ormai un trend che si registra anche in Italia. L’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, in particolare, mostra come la scelta della “Nuvola” nel nostro paese, analogamente a quanto avviene nel resto del mondo, oggi sia orientata soprattutto verso l’hybrid cloud e il multicloud. Se questo è vero per le organizzazioni che appartengono a vari settori economici, lo è ancor di più per quelle realtà come gli ISV (Independent Software Vendor) e le software house che sviluppano soluzioni applicative per una vasta platea di imprese.
Una recente ricerca condotta da Bain & Company ha evidenziato che l’incremento dei ricavi degli ISV multicloud è stato pari al 44% dal 2019 al 2020 e al 50% dal 2020 al 2021. A determinarlo, le loro caratteristiche di flessibilità, la loro “naturale” vicinanza agli utenti finali e l’avvento delle architetture basate su container e microservizi che trovano in queste organizzazioni un contesto proficuo per esprimersi. Va anche ricordato che non tutti i provider di public cloud sono uguali, il che rende conveniente la selezione dell’uno o dell’altro in funzione dei rispettivi punti di forza o, al contrario, per non subirne i punti di debolezza. Se ad esempio AWS si distingue per una serie di servizi infrastrutturali, Google Cloud Platform ha dalla sua una quota crescente di carichi di lavoro in ambito Analytics e Machine Learning, mentre Azure detiene un primato sul fronte delle applicazioni aziendali che poggiano sulla tecnologia Microsoft.
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Tra hyperscaler e ISV, a che serve un solution provider?
L’elenco dei player sopra citati non include l’ampia gamma dei fornitori di private cloud, né i cloud provider locali e nazionali. Di fatto, l’odierna complessità derivante dalla presenza di un numero sempre più alto di vendor di ambienti cloud porta con sé una maggiore attenzione sia nel dover tenere sotto controllo i costi, sia nel valutare prestazioni e compliance alla luce dell’ubicazione dei data center.
Lungo la catena del valore, tra hyperscaler e ISV o software house, si collocano solution provider come WESTPOLE la cui proposta si focalizza nell’affiancare i secondi alle prese con la gestione di ambienti cloud eterogenei. La filosofia best of breed è solo una parte di questo affiancamento, che ha come sua spinta principale quella di dare risposte sartoriali a questa tipologia di aziende. “Quando parliamo di multicloud management in senso stretto, ci riferiamo alla capacità di gestire un cloud pubblico nell’ottica di migrazione da un ambiente privato a un ambiente cloud esterno; in senso lato, a quella del porting dall’on-premises verso il public cloud, facendo cherry picking dei migliori servizi offerti da quest’ultimo”, spiega Salvatore Ferraro, Head of Presales Office di WESTPOLE. In sostanza, perciò, il multicloud management coincide con tutte le attività di monitoraggio, analisi e gestione di servizi multicloud “mediante l’utilizzo di una piattaforma di orchestrazione che consente di poter beneficiare delle features specifiche dei service catalogue di diversi public cloud, monitorando tramite una dashboard quali sono gli usi sui diversi ambienti per verificare in tempo reale il tipo di cloud che conviene impiegare per soddisfare ciascuna esigenza”.
Un multicloud management ritagliato su misura
Prima della gestione vera e propria del multicloud – che prevede anche la possibilità di simulare se un altro cloud possa risultare più conveniente rispetto a quello utilizzato al momento – vanno analizzati attentamente i fabbisogni a cui l’ISV o la software house intendono assegnare maggiore priorità. Un cloud privato, per esempio, poiché garantisce la segregazione dei dati in un determinato data center, rappresenta un elemento distintivo se paragonato alla modalità di conservazione dei dati tipica del public cloud che si basa sulle availability zone. In pratica, la localizzazione dei dati in un certo data center o in una certa nazione pongono l’accento su requisiti differenti che si possono riassumere tra l’avere maggiore resilienza o maggiore saving: la prima affidandosi a un private cloud, il secondo tramite un public cloud. C’è, però, una via di mezzo. “Se da un lato la gestione dell’infrastruttura in un determinato building mediante il private cloud assicura il cliente tramite policy e SLA a cui risponde direttamente un solution provider quale WESTPOLE, dall’altra si possono aggiungere quegli elementi di servizio, come ad esempio tutta la parte di Business Analytics, che arrivano dagli hyperscaler”, chiarisce Ferraro. Il tutto all’interno di una soluzione “pacchettizzata” e ritagliata su misura che comprende il meglio del cloud, pubblico o privato che sia.
Per una corretta combinazione del ciclo di DevOps
Il modello proposto da WESTPOLE non si limita a coprire la parte infrastrutturale IaaS dei clienti, ma offre anche una piattaforma PaaS su cui sviluppare, eseguire e gestire applicazioni, nonché lo strumento Kubernetes as a Service. “Alle software house consentiamo di concentrarsi sul focus del loro business, lo sviluppo del software appunto, occupandoci di risolvere tutte le criticità legate alla realizzazione dell’infrastruttura soggiacente su cui deve poggiare l’applicazione in produzione” dice ancora Ferraro. “Il nostro valore aggiunto consiste nell’interpretare i requisiti ai fini della portabilità dell’applicazione su qualsivoglia cloud. Per poter fare questo moving dei dati da una piattaforma di sviluppo a un ambiente di produzione, occorre garantire la migrazione di questi dati”.
Il ridisegno della soluzione in un’ottica di portabilità va di pari passo con l’attività di consulenza e con la realizzazione di un ambiente in cui testare le funzionalità dell’applicazione e prevedere eventuali capability addizionali. In questo modo, il ciclo di DevOps, oggi molto diffuso come framework tra le aziende che si occupano di sviluppo, viene suddiviso in “una combinazione corretta nella quale il full outsourcer si prende in carico tutto lo stack infrastrutturale, assieme alla parte di operations, mentre l’application provider gestisce la parte di transizione dal concept alla messa in esercizio dell’applicativo, vale a dire quella di development”, afferma in conclusione Salvatore Ferraro, certo del fatto che l’esito per WESTPOLE e i suoi clienti non potrà che essere win-win.