Servizi e non solo software gestionale, da proporre attraverso un canale aggregato nella logica del brand. Questi sono alcuni dei messaggi strategici emersi dall’edizione 2017 della tradizionale due giorni che Passepartout dedica al proprio canale di vendita che si è recentemente svolta al Palacongressi di Riccione. Un evento che ha raccolto oltre 350 presenze, convogliando tutta la rete dei partner della software house sanmarinese per illustrare le direttive strategiche e le tante novità dei prodotti.
Un convegno, quello di quest’anno, impostato sul gioco del Monopoli, con le varie caselle che indicano un percorso verso il valore, che partendo dal classico VIA, tocca tutti i vari ambiti presi in considerazione dall’ampio portafoglio di soluzioni del vendor, fino ad arrivare all’agognato obiettivo dichiarato di accreditarsi come veri punti di riferimento per risolvere le esigenze gestionali di aziende e commercialisti.
I numeri rappresentativi che Andrea Rosa, Direttore Amministrazione Vendite e Formazione di Passepartout, fa scorrere sullo schermo sono più che promettenti: «Il fatturato dei canoni Retail è cresciuto del 54.17% nel corso del 2016, e nel solo primo quarter 2017 è incrementato del 71,25%. Soddisfazioni anche dall’ambito cloud, che in un anno ha visto un +23,66% e da quello dei servizi, in crescita del 12%. Aziende e Professionisti nel primo trimestre di quest’anno hanno portato il cloud a salire del 12,72%, i servizi del 5,27% e i canoni complessivamente del 6%. Infine, il fatturato HoReCa nel 2016 è cresciuto del 46,26%, mentre gli Alberghi hanno fornito un + 21,17%. Il tutto per un installato Passepartout che è cresciuto del 5% in un anno, come anche il numero di clienti, con numeri di 73.193 installazioni e di 24.934 clienti». Numeri che vanno di pari passo con la soddisfazione dei clienti, grazie a un sistema di emoticon messo in atto lo scorso anno, a valutare il gradimento delle aziende, le quali hanno decretato un giudizio “molto soddisfatti” per il 55,69% e “soddisfatti” per il 39,12%, con l’impegno di ridurre o annullare quella piccola quota di rimanenti insoddisfatti.
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Volata sui servizi
Intanto l’acceleratore del vendor è schiacciato sul fronte dei servizi, al punto da portare a modificare il pay off dell’azienda in “Passepartout – Software e servizi gestionali”. «Per molti anni l’IT si è mossa lentamente, ma negli ultimi tempi ci sono stati risvegli e cambiamenti importanti – dichiara Barbara Reffi, amministratore delegato di Passepartout -. Ci siamo lasciati alle spalle gli entusiasmi di una innovazione che doveva portare vantaggi come anche l’avvento del Web, a cui ormai ci siamo abituati. La carta è stata mandata in pensione. Ma le aziende ancora oggi hanno un ricordo traumatico del 2000 e dell’avvento dell’euro. Anche a causa degli operatori IT che non hanno saputo rispondere alle esigenze e trasformarle in opportunità. Le aziende si sono mosse in ritardo e i costi sono andati alle stelle. È mancata una visione strategica dell’IT che ancora oggi frena gli investimenti. Ma qualcosa però sta cambiando, come l’arrivo dell’Industry 4.0 e dei relativi ammortamenti fiscali trasformandosi in una opportunità che non dobbiamo farci sfuggire. E non parliamo solo di grandi aziende strutturate che lavorano con la robotica, ma anche delle PMI, che in questi progetti sono comunque coinvolte. Altro fronte caldo è poi, ovviamente, rappresentato dalle soluzioni in cloud, che intercorrelano più attori, dal marketing, alla produzione, al cliente stesso. Tutti ambiti per i quali Passepartout ha gli strumenti adatti. Ma bisogna muoversi. Questo è il momento giusto. L’innovazione è un tema che tocca tutte le aziende, di qualsiasi dimensione e tipologia, grazie anche alle nuove generazioni che stanno occupando i posti decisionali, e chi deve fare comprendere questo messaggio è proprio il nostro canale dei partner». Servizi e strumenti di supporto all’innovazione delle aziende che si chiamano PassBuilder e PassWeb, che mettono Passepartout e i suoi partner nelle condizioni di proporsi con un’offerta completa che avrebbe il doppio effetto di fidelizzare fortemente il cliente, il quale può affidarsi a un unico fornitore in grado di risolvere i diversi aspetti tecnologici. Al via, allora, ai servizi di Web marketing e ai corsi specializzati e corsi di laboratorio, proprio a enfatizzare la svolta verso i servizi della software house.
Passepartout guarda al futuro
Segnali, tutti, che vanno nella direzione di volere connotare Passepartout come azienda che ha gli occhi ben puntati a quanto accade nel mercato e, soprattutto, a quanto ci si dovrà attendere nel futuro. E non intende farsi cogliere impreparata.
«Passepartout è composta da un team di persone preparate, con prodotti e servizi innovativi e affidabili, dotata di un reparto sistemi con infrastrutture potenziate proprio per aumentare il supporto sui servizi – è il messaggio di Stefano Franceschini, presidente di Passepartout -. Il canale non deve, quindi, fare altro che chiedere ciò di cui ha bisogno per aumentare le proprie opportunità e noi faremo di tutto per andargli incontro. Passepartout, infatti, è un’azienda nata proprio insieme al proprio canale dei partner: nemmeno conoscevamo i nomi dei clienti finali. Oggi le nuove disposizioni di marketing, i nuovi ritmi del mercato, impongono anche una nostra presenza sul cliente, a garanzia di una customer satisfaction elevata. Ma con questo devono essere fugati ogni dubbi riguardo a una disintermediazione dei partner, che rappresentano sempre il nostro braccio destro sul mercato. L’idea, oggi, è di svingolarsi dal semplice marchio, per andare, tutti insieme, a costruire un concetto di “brand”, inteso come sinonimo che immediatamente porta il cliente a percepire un livello di servizio. Uno standard di sicurezza di qualità che vogliamo sia percepito dal mercato. Creare un brand significa mettersi sotto una bandiera. Il nostro canale è composto da tante realtà differenti tra di loro, con storie diverse. L’unica cosa che accomuna i nostri partner è che utilizzano e vendono Passepartout, che deve diventare un vero e proprio brand per esporsi all’esterno. Essere brand non significa annullarsi, ma credere in qualcosa. Ovviamente si impongono delle regole che vanno rispettate, ma in questo modo si viene a creare una forza che verrà poi restituita decuplicata a tutti coloro che partecipano».
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