La tematica della sostenibilità è sempre più accostata all’attività delle imprese, tanto che è possibile parlare di un vero e proprio filone distinto, quello della sostenibilità aziendale. Che è caratterizzata da aspetti che la distinguono dalla sostenibilità in senso generale. Ma vediamo più nel dettaglio che cosa la contraddistingue.
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Cos’è la sostenibilità aziendale
Secondo l’Università Cattolica di Milano, la sostenibilità aziendale si riferisce a una nuova concezione dell’attività imprenditoriale, secondo cui il fine ultimo dell’attività d’impresa non può consistere nella sola massimizzazione del profitto (obiettivo tipicamente di breve periodo), ma va esteso alla creazione di valore nel lungo periodo. In altre parole, un’azienda sostenibile deve puntare non soltanto a creare un ritorno economico per proprietari e azionisti, ma deve anche garantire benefici di carattere sociale (uguaglianza nell’accesso alle risorse e
nelle opportunità del singolo lavoratore) e ambientale (operando nel rispetto dell’ambiente
per evitare sprechi e inquinamento). Inoltre, la stessa produzione di beni e servizi dovrebbe essere rivolta a migliorare la qualità della vita delle persone e della società nel suo complesso. Nonostante questi intenti, praticare la sostenibilità aziendale non significa però trascurare i tradizionali aspetti contabili e finanziari: senza la cura di questi aspetti, le imprese sono destinate a un’uscita prematura dal mercato, senza dunque la possibilità di portare avanti i percorsi di sostenibilità ambientale e sociale intrapresi. È anzi importante che un’impresa sostenibile produca profitti e risultati, in maniera tale il surplus possa essere reinvestito anche in processi orientati al rispetto dell’ambiente, dei lavoratori e delle comunità locali. Da notare che, sempre in quest’ottica, che manager e dirigenti ottengono sempre più spesso degli incentivi economici legati al raggiungimento di appositi obiettivi di sostenibilità.
Quali aree aziendali vengono coinvolte
La trasformazione sostenibile dell’azienda deve necessariamente coinvolgere board e management di primo livello aziendale, che hanno il compito di delineare strategia e modalità di un percorso destinato a durare nel tempo e a influenzare anche l’immagine dell’impresa. In altri termini: se i vertici aziendali non sono convinti o sono riluttanti ad affrontare un percorso di questo tipo, le possibilità di fallimento sono elevatissime. Allo stesso modo, quando un’azienda decide di intraprendere un percorso teso alla sostenibilità è difficile pensare che alcune aree siano trascurate: inutile rendere ambientalmente più sostenibile la produzione di un determinato bene, se poi l’area che si occupa degli aspetti della logistica continua a operare in maniera tradizionale, non preoccupandosi delle ricadute delle proprie attività. Al contrario, uno dei passaggi chiave per la sostenibilità aziendale, allo stesso tempo, è la creazione di una cultura organizzativa apposita: dipendenti e collaboratori vanno adeguatamente formati alla sostenibilità, attraverso strumenti e incontri periodici. Allo stesso tempo, però, nelle aziende più grandi ed evolute, c’è solitamente un’area che più delle altre è coinvolta nella sostenibilità aziendale, ovvero quella che fa capo al sustainability manager. Quest’ultimo è il professionista che svolge attività di gestione a livello manageriale della sostenibilità in azienda e della responsabilità sociale d’impresa. Questa figura
deve innanzitutto mettere a punto di strategie che possano giovare al business in un medio o lungo termine. A questa azione si affianca quella di costante e completa promozione di investimenti commerciali sostenibili da parte dell’azienda, nonché la promozione interna di pratiche più sostenibili.
Quando un’impresa può essere definita sostenibile?
Quando di sostenibilità aziendale, non bisogna nascondersi, il rischio in agguato è sempre quello del Green washing, ovvero il tentativo di presentare all’esterno un’immagine di sostenibilità della propria azienda, quando invece le iniziative intraprese realmente sono state limitate e magari sporadiche nel tempo. Il problema del green washing, oltre all’assenza di una reale sostenibilità, è quello dell’effetto boomerang, ovvero di conseguenze gravi per le aziende in termini reputazionali e d’immagine. Cosa dunque deve fare un’azienda per essere realmente sostenibile?
Innanzitutto, occorre prestare particolare attenzione ai processi interni, che devono essere opportunamente ridisegnati per garantire una maggiore ecoefficienza ambientale: il riferimento è alla riduzione di rifiuti, scarti ed emissioni inquinanti, nonché all’implementazione di iniziative di efficienza energetica e di utilizzo delle energie green. D’altra parte, dal punto di vista della sostenibilità sociale, vanno promossi percorsi interni volti ad annullare le disparità di trattamento e partecipazione nella vita aziendale, nonché una migliore conciliazione vita personale-lavoro (come ad esempio lo Smart working). D’altra parte un’azienda sostenibile non può evitare di agire sui prodotti/servizi offerti, che devono essere progettati in maniera tale da creare un valore aggiunto per i clienti/consumatori, contribuendo anche un miglioramento sociale e ambientale. Un altro aspetto fondamentale, molto spesso ancora oggi trascurato, è quello di circondarsi di partner e fornitori che adottino politiche di questo tipo, favorendo così la nascita di filiere sostenibili. Infine, un’impresa sostenibile è sempre proiettata verso l’innovazione, anche in un’ottica di open innovation aperta ai contributi esterni, in maniera tale da migliorare costantemente prodotti e processi e il loro livello di sostenibilità. Quando un’organizzazione ha fatto un percorso importante in materia di sostenibilità, molto probabilmente lo comunicherà all’esterno attraverso la redazione di un apposito bilancio di sostenibilità, in cui sono rendicontati i risultati sociali e ambientali traguardati.
Come puoi rendere la tua azienda sostenibile
Il primo passaggio fondamentale per rendere un’azienda sostenibile è quello di integrare gli obiettivi di sostenibilità al centro delle strategie di sviluppo di un’impresa. Oltre a quello che abbiamo scritto sinora, questo significa anche che la sostenibilità deve essere presa in considerazione relativamente a tutti i rapporti intrattenuti dall’organizzazione con il mondo esterno: i lavoratori e le loro famiglie, le comunità e le istituzioni nel territorio (compresi università e centri di ricerca), i fornitori e le imprese dell’indotto, gli investitori e i consumatori. Per iniziare, occorre identificare, attraverso una sorta di audit di sostenibilità, tutto quello che deve essere modificato per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, individuando anche quali sono le persone che hanno un ruolo critico per raggiungere i target. A questo punto è possibile costruire una roadmap che specifichi i progetti che devono essere messi in atto, nonché le metriche che devono essere seguite per valutarne il successo. Ovviamente, i progetti di sostenibilità possono essere molto differenti da azienda ad azienda, dal momento che per ogni specifica realtà entrano in gioco fattori legati ai processi produttivi, alle dimensioni, alle relazioni con i fornitori, ecc.
Ciò non toglie che esistono alcune azioni di base che possono essere attuate più o meno da tutte le imprese, come ad esempio la dematerializzazione delle attività. La sostenibilità infatti può essere favorita da un approccio paperless, che eviti il più possibile l’impiego della carta in favore delle più moderne ed efficienti soluzioni digitali; allo stesso modo va limitato l’utilizzo della plastica da parte dei dipendenti. In tutti i contesti organizzativi è possibile promuovere progetti volti al riciclo e al recupero delle materie prime utilizzate, nonché l’adozione di politiche volte al risparmio energetico, come ad esempio la sostituzione delle lampadine tradizionali con i più efficienti Led. In maniera similare, il passaggio alla mobilità elettrica per la flotta aziendale può avere ricadute positive per l’ambiente, così come l’installazione di impianti fotovoltaici. Dal punto di vista della sostenibilità sociale, tutte le aziende hanno la possibilità di promuovere progetti volti a favorire la diversità in azienda e la conciliazione tra vita privata e lavorativa, così come iniziative volte a favorire una cultura della sostenibilità interna. Un’azienda sostenibile, inoltre, deve tendere a non chiudersi in sé stessa ma, piuttosto, ad aprirsi al mondo esterno, partecipando a iniziative benefiche, incontri pubblici e di networking con altre organizzazioni, che possono servire a stimolare l’innovazione interna.
Le tre P dell’azienda sostenibile
Quello delle 3P è un paradigma che è stato teorizzato per la prima volta nel 1994 da John Elkington, secondo cui esistono tre dimensioni della sostenibilità aziendale. La sostenibilità aziendale è dunque caratterizzata dalla:
– Dimensione ambientale (Planet);
– Dimensione sociale (People);
– Dimensione economica-finanziaria (Profit);
Relativamente al primo punto, le imprese sostenibili devono realizzare prodotti e servizi che
rispettino l’ecosistema, ad esempio riducendo al minimo le emissioni di anidride carbonica nell’aria oppure non utilizzando materie che danneggino l’ambiente. Relativamente alla seconda P (People) , ovvero la dimensione social, si intende che le attività di impresa non devono soltanto rispettare l’ambiente circostante ma hanno anche l’obbligo di prendersi cura delle comunità locali, coinvolgendole nelle proprie attività e valorizzando le iniziative presenti nel territorio. Nella P di People c’è anche la gestione delle risorse umane, ovvero l’adeguata formazione e lo sviluppo del personale, la valorizzazione e la valutazione delle competenze e professionalità. Per quanto riguarda la Terza P, la dimensione economica-finanziaria (Profit), il riferimento è alla necessità che l’attività d’impresa porti alla creazione di profitto e valore aggiunto, rendendone così possibile la sua competitività sul mercato.
Se un’organizzazione riesce a rispettare il paradigma 3P può davvero dirsi sostenibile e ottenere così tutta una serie di benefici, economici e non solo. Dal punto di vista del business, la sostenibilità aziendale apre le porte alla possibilità di sviluppare più agevolmente prodotti/processi innovativi, capaci di assicurare un vantaggio competitivo sul mercato. La riduzione degli sprechi e il miglioramento dei processi portano con sé una migliore efficienza interna, con relativi risparmi economici. Non va poi trascurata, inoltre, la possibilità di godere di benefici fiscali e di incentivi di varia natura, che ad esempio sono previsti per l’efficienza energetica. In maniera più immateriale, la sostenibilità abilita una riduzione livello di rischio attività d’impresa e una migliore reputazione aziendale, considerato che l’opinione pubblica è sempre più attenta e ricettiva a queste tematiche. Non stupisce dunque che, secondo diverse ricerche, le imprese con più elevato livello di sostenibilità tendono anche a essere le più redditizie e performanti sui mercati di riferimento.
Non bisogna però nascondere che possono esistere delle difficoltà oggettive nell’implementazione di strategie di sostenibilità aziendale: innanzitutto i benefici che abbiamo descritto tendono a concretizzarsi soltanto nel lungo periodo, mentre nel breve termine le imprese tendono a essere fagocitate dalla necessità di realizzare profitti. Inoltre, in mercati sempre più esposti a molteplici variabili, le priorità e le strategie aziendali possono cambiare più volte in tempi ristretti, complicando la realizzazione di un percorso coerente di sostenibilità. Infine, a parte per alcune scelte (efficienza, emissioni) gli effetti diretti dell’implementazione di progetti di sostenibilità sono difficili da misurare, rendendone complicata l’approvazione da parte del board aziendale.