Mercati

Trony ma non solo, in Italia è crisi per i retailer dell’elettronica di consumo

Il recente fallimento di DPS Group ha portato alla chiusura di una quarantina di negozi a marchio Trony in tutta Italia. Un campanello di allarme anche per il mercato B2B

Pubblicato il 03 Mag 2018

Gianluigi Torchiani

Trony

In Italia la distribuzione di elettronica da consumo sta vivendo un momento piuttosto difficile, a voler essere prudenti (segnali contrastanti si riscontrano anche nel B2B, come abbiamo avuto modo di vedere nel corso dell’ultima Distriboutique). È in questi giorni su tutti i giornali la notizia dei problemi che interessano la nota catena Trony: in realtà a essere in crisi è DPS Group, uno dei soci di Grossisti Riuniti Elettrodomestici (GRE), che dal 1997 detiene la proprietà di Trony con circa 200 negozi in tutta Italia . In buona sostanza, a seguito del fallimento dichiarato da DPS Group lo scorso 15 marzo (arrivato al termine di un anno piuttosto tribolato) sono stati chiusi 43 punti vendita sul territorio nazionale (in particolare in Lombardia e Puglia), con circa 500 persone rimaste senza occupazione. I sindacati hanno chiesto l’apertura di un tavolo di lavoro al Mise per risolvere la situazione, ma per il momento non si vedono soggetti disposti a rilevare gli asset di DPS.

I numeri di GFK

Il punto è che il caso Trony non appare per niente isolato: in difficoltà e in rapporti difficile con i sindacati c’è anche Mediamarket, proprietaria del marchio MediaWorld. Nei mesi scorsi la proprietà ha stabilito la chiusura dei punti vendita di Grosseto e di Milano Stazione Centrale e si è deciso di trasferire i lavoratori della sede di Curno (Bergamo) a Verano Brianza. Inoltre, 17 punti vendita MediaWorld di Cosenza, Sassari, Molfetta, Genova, Roma, Torino, Caserta e Napoli sono coinvolti dalla scadenza il prossimo 30 aprile dei contratti di solidarietà in essere. Recentemente anche i gruppi Galimberti e Castoldi, aderenti all’insegna Euronics, hanno richiesto di accedere al concordato preventivo in continuità. Realmente in salute, nel panorama nazionale della consumer electronics, appare soltanto il marchio Unieuro, grazie soprattutto a una politica aggressiva di acquisizioni. Quel che è certo è che il mercato italiano dell’elettronica di consumo non vive un momento di grande salute, anche se i numeri non dipingono una situazione particolarmente catastrofica: secondo i dati forniti da GFK, nel quarto trimestre del 2017 ha sviluppato un giro d’affari di 5,8 miliardi di euro, diminuendo così il proprio fatturato dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La significativa decrescita del settore dell’Elettronica di consumo (CE) – pari al -9,7% – è stata infatti bilanciata dalla prestazione positiva dei settori delle Telecomunicazioni (TC) , del Piccolo Elettrodomestico (SDA) e del mondo Foto (PH). Tutti gli altri settori, informatica compresa, decrescono.

Amazon fa da padrone

Il punto è che, nonostante i volumi di fatturato più o meno stabili, i distributori del mondo consumer stanno pagando da tempo una costante erosione dei propri margini di guadagno. Innescata, in buona parte, dalla crescita di quello che è ormai il retailer numero uno al mondo nell’elettronica di consumo, ossia Amazon, tra l’altro sempre più attiva nei negozi fisici. Che dispone di una catena di approvvigionamento e di logistica talmente efficiente e vasta che gli permette di proporre sul mercato prezzi ultra competitivi, con prodotti che arrivano direttamente in casa dei consumatori in poche ore. I tentativi (forse fuori tempo massimo) dei marchi nazionali della distribuzione consumer di ritagliarsi un proprio spazio nell’e-commerce non sembrano andati a buon fine, anche per la presenza di sistemi di acquisto decisamente più complicati rispetto a quelli assicurati dalla compagnia guidata da Jeff Bezos. Tanto che ormai non è raro il fenomeno di consumatori che vanno a toccare con mano il prodotto desiderato nei negozi fisici per poi completare l’acquisto on line, magari scovando un prezzo migliore. La crisi delle catene dell’elettronica di consumo deve suonare come campanello di allarme anche per il mondo B2B e il canale: il successo degli etailer, con acquisti delle aziende effettuati direttamente on line saltando il tradizionale canale dei rivenditori (in particolare per prodotti a volume, è sempre più una realtà, mettendo a rischio la sopravvivenza sul mercato degli operatori più piccoli, incapaci di spostarsi sui servizi a valore.

Le ragioni della crisi della distribuzione

Le ragioni delle difficoltà dei distributori italiani di elettronica di consumo sono state spiegate nel dettaglio da Davide Rossi, direttore generale di Aires, in questa intervista. In sintesi, secondo l’associazione dei retailer specializzati, il problema principale è rappresentato dalla concorrenza sleale di una miriade di società unipersonali, che si appoggiano al gigante del commercio elettronico Amazon. A questo si aggiungono una serie di oneri legali che ricadono esclusivamente sui negozi fisici e non su quelli on line.

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