Nel settore dell’informatica, trent’anni sono un’era geologica. Un tempo in cui cambiamenti dirompenti si sono succeduti uno dopo l’altro, con l’effetto di far crollare senza lasciare traccia anche aziende che erano colossi del settore. Del resto, il settore tecnologico è sempre stato estremamente competitivo. Un ambiente in cui, come avrebbe detto Charles Darwin, non sono gli esseri più forti o più grandi a sopravvivere, ma quelli che meglio si adattano ai cambiamenti. Come un topolino tra i dinosauri, Pipeline, realtà milanese con trent’anni di attività, ad oggi ha superato la prova. Giuseppe Nocita, CEO e socio fondatore, ci racconta la sua storia.
Ci racconti come è iniziata questa avventura
Dopo tutto quello che abbiamo visto e che sappiamo, oggi sarebbe stato tutto molto più complicato. Tuttavia, anche allora, ha prevalso l’entusiasmo e la passione che io e il mio socio, Alberto Chiarini, avevamo per l’informatica. Due persone diverse, unite da un progetto comune.
Entrambi sviluppatori innamorati del codice?
Io di sicuro! Mi sono sempre definito orgogliosamente nerd. Alberto un po’ meno, aveva una forte formazione informatica, ma più interesse per la diffusione della conoscenza, voleva fare formazione. Certo, all’inizio avevamo un grande progetto, poche certezze, ma ci abbiamo creduto.
La partenza però non è stata facile…
Se ci pensiamo, nemmeno gli imprenditori-star di oggi sono partiti bene. Steve Jobs e Steve Woznjiak erano in un garage, così come Larry Page e Sergei Brin di Google. Noi, in tutt’altro contesto culturale, avevamo come nostro primo ufficio una Citroen Visa regalata. Forse a causa di quel suo colore rame, non ci ha mai tradito. A parte gli scherzi, avevamo una sana incoscienza, ma in anni così ricchi di avvenimenti e sfide, ci sono state ottime opportunità per gli innovatori. Oggi, ad esempio, siamo investiti dal cambiamento come se avessimo il vento in piena faccia.
Può raccontarci come ha fatto Pipeline a diventare l’azienda che è oggi, da oltre cinque milioni annui di fatturato?
Il risultato di oggi è il frutto di perseveranza, un po’ di fortuna e alcune buone intuizioni. Internet non c’era, ma volevamo utilizzare l’informatica per migliorare gli aspetti gestionali e produttivi delle aziende. Allo stesso tempo, con l’arrivo dei software e dei computer, è nato un grande bisogno di nuove competenze e quindi Alberto ha potuto sviluppare con successo i primi corsi di formazione tecnica. Da qui sono partite le tre business unit di oggi: Gestionali e CRM, Prodotti e Servizi IT e Formazione, a cui si aggiunge la software house interna, che sviluppa la linea di soluzioni gestionali e l’ERP della gamma Parcel.
Come fa Parcel a vincere la concorrenza di colossi come SAP e altri?
In realtà è già capitato diverse volte, ma c’è una ragione precisa: Parcel, inteso come gestionale o ERP, è un prodotto sviluppato a partire dalle esperienze degli utenti di settori molto tecnici: quello farmaceutico e chimico. Con oltre vent’anni di esperienza di sviluppo, è diventato quindi iper-verticale. Parcel è un software che parla la lingua dei suoi principali utilizzatori e ne soddisfa le esigenze. Una sfida vinta, dato che, al momento attuale, Parcel rappresenta circa il 30% del fatturato di tutta Pipeline. Nel 2024 è prevista inoltre la release 7, disponibile sia nella versione installata o in cloud.
Tornando al tema del cambiamento, quali sono, secondo voi, le conseguenze più importanti che questa crisi ha portato in ambito tecnologico?
Il primo aspetto è culturale. Oggi si può lavorare da casa senza perdere in produttività. Grazie alla crisi lo smart working non è più un tabù, né un benefit riservato ai dipendenti delle multinazionali. Il secondo aspetto è l’avanzata preponderante delle tecnologie cloud, grazie al miglioramento dell’infrastruttura di rete in tutti i paesi industrializzati.
Come ha affrontato Pipeline questo cambiamento?
Essendo Microsoft Gold Partner e utilizzando ogni giorno queste tecnologie, la nostra azienda ha risposto al lockdown in modo immediato: tutti in smart working dal giorno dopo. Del resto, l’ufficio oggi può essere dovunque. L’importante è avere la garanzia di accesso alle app e agli strumenti di lavoro: ad esempio la possibilità di telefonare dal proprio pc o dal proprio smartphone usandolo come interno aziendale, e poi la posta elettronica, i file, il gestionale, la possibilità di chattare per lavoro e fare video call con i colleghi.
In questo devo dire che l’impegno di Microsoft, con lo sviluppo della suite Microsoft 365, è stato straordinario. Oggi tutti noi in azienda usiamo Microsoft Teams e tutti gli strumenti Microsoft 365. Pipeline ha integrato alla suite Microsoft la componente “serenità”, cioè il supporto e la reperibilità verso i clienti con alcuni servizi aggiuntivi denominati Pipeline 365.
Non vedete un aspetto critico in tutto questo? Ad esempio la sicurezza?
Un aspetto critico è sicuramente la mancanza di contatto umano, che alla lunga si fa sentire. Riguardo alla sicurezza, intesa come cyber security, beh, è il problema del secolo. Da parte nostra vorremmo accelerare l’adozione del cloud da parte delle aziende proprio perché l’infrastruttura Microsoft Azure permette di avere dei livelli di protezione di dati e sistemi come mai prima d’ora potendo accedere a soluzioni di livello Enterprise a costi PMI.
Quindi da domani tutti in cloud?
Non esattamente… il trasferimento completo di tutte le risorse IT in cloud non è facile, oltre a essere duro da accettare. Per questo proponiamo un approccio ibrido: server moderni ed efficienti in azienda e nuovi servizi in cloud. Per i più innovativi invece, abbiamo il nostro servizio Pipeline Azure Data Center che include analisi e consulenza gratuita per la migrazione. I nostri tecnici gestiscono gli aspetti di infrastruttura e manutenzione e lasciano alle aziende piena libertà operativa e costi ridotti.
Come vedete il futuro? Quali sono le mosse che un’azienda deve considerare?
La tecnologia si è rivelata un fattore chiave, ma accelera continuamente e per poterne avere i vantaggi servono due elementi: la formazione e gli investimenti. La formazione era inizialmente rivolta al mondo Microsoft sulle applicazioni di base come Word ed Excel, oggi invece occorre passare gradualmente a quella specializzata, con certificazioni ufficiali. Al pari dello smart working la formazione ha “scoperto” l’eLearning e le aule virtuali, con i docenti in diretta streaming. Una scelta che ci ha premiato con un +30% di fatturato anno su anno dell’area formazione, segno dell’enorme fame di aggiornamento dei tecnici e delle buone scelte strategiche di Alberto.
Ma la formazione vale sono per i tecnici o anche per gli impiegati?
Se devo essere onesto, anche molte persone che lavorano in ufficio avrebbero bisogno di una formazione sugli strumenti. Se parliamo di Microsoft 365, ad esempio, le sue funzionalità e app incluse sono molto di più di Word, Excel e PowerPoint ma sono del tutto sottoutilizzate. Abbiamo svolto diversi webinar gratuiti su questi aspetti. Il nostro ruolo è anche aiutare aziende e dipendenti a capirne il potenziale e inserirlo nei propri processi aziendali, evolvendo da un modello di training reattivo ad un modello di LifeLong Learning (LLL) e di apprendimento continuo.
Come vede il futuro di Pipeline? Quali le prossime mosse strategiche?
L’idea è crescere, sia con acquisizioni sia con fusioni. Stiamo valutando diversi scenari e credo dovremo iniziare ristrutturandoci come holding per occuparci dei nostri tre settori anche singolarmente, perché difficilmente un’azienda può essere interessata a rilevarli tutti. Al momento, il problema è che siamo troppo grandi per certi progetti ma ancora troppo piccoli per raggiungere i livelli di investimento desiderati. La certezza, al momento è la volontà di compiere un salto qualitativo.