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Dal tessile al food: come si diventa una Tech Company investendo sul digitale

Il percorso di Punto Com e di 1177 aziende nate nel percorso di innovazione avviato nell’ambito di Calze Ileana, azienda attiva nel mondo della moda con l’obiettivo di individuare e creare nuove opportunità di sviluppo grazie al digitale sino ad assumere la fisionomia di sviluppatore e system integrator

Pubblicato il 18 Mar 2021

Mauro Bellini

MAURO QUAINI PUNTO COM

Il punto di partenza è nel tessile e il punto di arrivo è – anche – nel digitale, o meglio in una sintesi tra innovazione manifatturiera e innovazione digitale. Si parte da un’azienda lombarda che ha fatto la storia della “calza”, una realtà nata nel 1982 come Manifatture Calze Ileana con una produzione che ha vissuto un periodo di sviluppo in anni che più hanno caratterizzato lo sviluppo del fashion Made in Italy negli anni ’80 e ’90. Azienda che nel 2006 diventa Calze Ileana e che si caratterizza da una forte vocazione all’innovazione digitale con cui inizia a svolgere un ruolo speciale come percorso di ricerca e di affermazione di un posizionamento specifico in un settore, quello della moda, che si fa sempre più globale.

In questo ambito, l’innovazione viene vissuta sia all’interno, con l’introduzione di modelli di produzione in logica 4.0, sia verso l’esterno, con l’esplorazione di un nuovo approccio al mercato, attraverso esperienze come 1177, una realtà che porta il piano dell’innovazione sulle reti di vendita automatiche, ovvero sulla proposizione di vending machine connesse attraverso le quali arrivare ai clienti con le “calze in lattina”: una scelta che unisce packaging, proposizione commerciale, con un lavoro di sviluppo specifico sui sistemi di vending machine dotati di IoT e connettività.

Un percorso di progetti ed esperienze che si intrecciato con il percorso di Punto Com, una tech company specializzata in sistemi informatici avanzati e di business technology. Mauro Quaini, CEO e Technical Manager ricorda che l’azienda nasce come team di sistemisti informatici e a partire dall’avvento del 4.0 nel 2017, “ci siamo accorti che dal punto di vista della manifattura, si aprivano tante nuove opportunità per realtà in grado di unire la competenza nel manifatturiero con la competenza digitale”. Con questa logica l’azienda approccia un progetto come Ciocomiti (link all’articolo) lavorando sull’innovazione digitale e su processi specifici del mondo agroalimentare (come la frantumazione della fava strutturato come un processo meccanico puro che genera però dati e che può essere costantemente migliorato). “Una sfida è stata appunto quella di portare tecnologia – osserva – su macchine anche molto “antiche”, come per la molitura a pietra con la logica di innestare e sviluppare una tecnologia in grado di controllare e migliorare i processi di lavorazione”. Nel caso specifico del progetto Ciocomiti lavorando sulla pianificazione delle attività, sui processi di manutenzione di macchine che richiedono cicli di lavaggio, di verifica.

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Migliorare prodotti e processi in chiave 4.0

“Il principio di fondo del nostro piano d’azione – prosegue – è quello di lavorare su prodotti che sono un riferimento o una eccellenza e per i quali è possibile migliorare anche tutto il processo”. In questo modo si può portare innovazione anche a valle, sull’idea di prodotto, sui livelli di qualità e di eccellenza e sull’evoluzione di un processo che consente a sua volta di mantenere o elevare questa qualità e allo stesso tempo di gestire in modo innovativo lo stesso modello di business.

“Una sfida alla quale lavoriamo – aggiunge – unendo la competenza manifatturiera e la competenza digitale è quella dell’aumento della capacità produttiva, mantenendo e garantendo standard qualitativi elevati. Come nel caso del progetto Ciocomiti ( leggi l’articolo Un algoritmo per la qualità del cioccolato) l’obiettivo a lungo termine è di mettere a disposizione le competenze digitali in simbiosi con quelle produttive per arrivare a raccogliere una mole tale di dati tale da generare un algoritmo in grado di gestire tutte le variabili che possono incidere sulla qualità del prodotto finale”.

Andrea Chiarini, Partner di 1177

Un manifatturiero 4.0 che si “inventa” in digitale sulla base delle esigenze del mercato

A sua volta Andrea Chiarini, Partner di 1177, sottolinea che il fatto che il dato sia diventato democratico ha reso possibile questa contaminazione tra manifatturiero e digitale che porta vantaggi in tanti settori e in particolare nelle imprese di produzione. “Il 4.0 ci ha insegnato molto – spiega – e 1177 nasce dal tessile, da un lavoro sulla fibra tecnologica ha iniziato il suo percorso proprio come sviluppo su piattaforma omnicanale, come innovazione a livello di vending machine connesse per poter spingere un prodotto sfruttando le nuove potenziali della tecnologia in chiave di innovazione nel Go to market”. Poi, con l’esperienza acquisita è diventata la spina dorsale di un gruppo di aziende che lavorano su una innovazione tecno-digitale e che permette di accelerare processi di trasformazione industriale basati sul digitale.

“Nel giro di un mese abbiamo riconvertito la produzione di una impresa produttrice di tessuti per la calzetteria e l’intimo per creare mascherine – racconta -. Un progetto che abbiamo declinato non come sola trasformazione di prodotto. Accanto alla riconversione abbiamo introdotto il service pick up and return. Un passaggio dal prodotto al focus sul come viene utilizzato per dare un servizio a valore aggiunto in grado di far comprendere la differenza a livello di tessuto, tra il nylon tradizionale e la nostra fibra”. Si sono messi a disposizione dei dipendenti dei set di mascherine che una volta utilizzati venivano raccolti in laundry bag  per essere ritirati in  un servizio di outsourcing completando il tutto con un processo certificato di sanificazione. Stiamo parlando della creazione di un servizio in prospettiva green, dello sviluppo di un livello di trust tra azienda e dipendenti molto forte.

Lo sviluppo dal mondo tessile al digitale e al ruolo di tech company è anche nella capacità di industrializzare le competenze necessarie per portare la logica 4.0 in contesti dove si fatica ad entrare. È venuto naturale, venendo appunto dal mondo tessile e dalla tecnologia, pensare a come poter sanificare il comparto Retail con armadi di sanificazione per poter bonificare gli indumenti gestendo accessi e pianificazione della sanificazione con logiche digitali.  Un altro ambito che unisce la vocazione manifatturiera a quella dell’innovazione digitale è quello delle soluzioni per la sostenibilità, nello specifico con un prodotto che unisce la creazione e gestione di “bidoni per l’immondizia” intelligenti. Contenitori a due vani con ozono e UVC per bonificare il rifiuto. Le mascherine chirurgiche, ad esempio da gettare in un apposito contenitore con un pricing di sanificazione specifico accanto a un contenitore per rifiuti “tradizionali” con altre caratteristiche a loro volta e con un processo di sanificazione specifico. Il tutto in ottica di servizio, a consumo, sfruttando la capacità di gestione degli apparati che ci arriva dal digitale. ”Un esempio che spiega le potenzialità di questo approccio – conclude –  è rappresentato anche dal progetto realizzato per un’azienda di  trasporti con diverse centinaia di mezzi che ha adottato un servizio di sanificazione in modalità as a service, per bonificare l’ambiente in presenza di persone”.

Leggi anche il servizio sulla trasformazione digitale di CI.Zero che grazie a un “total” wearable cpre nuove vie per il tessile e per il fitness

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