Austin SXSW Interactive 2014, «ecco come comunicheremo» diario di bordo tra Start up e Wearable innovation…

Cinque giorni intensi, fitti di conferenze, incontri, esibizioni, contest, presentazioni in quello è che ormai considerato come l’evento di riferimento per la comunicazione interattiva e, soprattutto, per i trend che verranno… tutto, ma proprio tutto, nel reportage esclusivo di un creativo made in Italy che, attraverso lo spazio di Comunicazione di Servizio, da oggi, insieme a Silvia Segala, aggiornerà i lettori di ICT4Trade sulle più interessanti e innovative strategie di comunicazione in arrivo sul mercato

Pubblicato il 19 Mar 2014

Marco Maria Lorusso

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Il mondo dell’interactive si ė ritrovato, anche quest’anno al Festival di Austin, per parlare, far parlare ma anche parlarsi addosso.

In mezzo all’enorme offerta di contenuti, più di mille conferenze, l’imperativo è diventare ninja abili-agili ad evitare i panel retorici per dedicarsi invece ai contenuti, alle personalità, alle idee. Per riuscirci è necessario qualche consiglio, un’attenta analisi dei titoli, dei relatori e una saggia pianificazione.

Energia, fermento, Austin è viva e il business non dorme. Come ti giri, inciampi in una Start-Up. Si presentano, cercano investitori, attraggono audience, firmano. Rumors.

Si fanno nomi e si indicano cifre. Vedremo.

E di start-up italiane di cui si è sentito parlare in zona?

Sì certo, ne cito alcune:

– pick1.com – Surveys

– 20lines.com – Scrittura

– nipple.io – Agenda sessuale

– avionerd – frequent flyer benefits

– open ponte – turismo social

Nel programma ufficiale invece è Oracle a farsi mentore di questo mondo patrocinando lo Start-Up Accelerator – contest diviso per categorie che vede i finalisti presentare a giuria e pubblico con la speranza di farsi dare un’accelerata.

Format in stile “elevator pitch”: presentazione rapida e concisa con slides Prezi (altro sponsor del contest) poi Q&A con la giuria. In 15 minuti si espongono idea, business model, analisi, statistiche, potenzialità, prezzo di produzione, vendita e si risponde alle domande.

Seguo più sessioni. Nella categoria Health vengo incuriosito da un pannolino. Poco tecnologico come prodotto? Beh, questo è arricchito di un sensore che permette una primo test sulle urine. http://pixiescientific.com

Altro? Certo, a tutto wearable

Si stanno per produrre abiti con airbag e sensori. L’obiettivo è ridurre l’impatto dei traumi ortopedici sulla salute degli anziani. http://activeprotect.co

Vincitore della categoria invece è un programma di coaching online (thriveon.com). Test, esercizi, corsi, tutoring al fine di ritrovare un corretto equilibrio mentale. Americanata.

In materia Health e Wellness molti i device presentati durante tutto il Festival. Le Wearable Technologies sono tema caldo quest’anno e l’ambito Salute garantisce loro terreno fertile.

Il modello di business di riferimento ormai è assodato. Banalizzo: si vendono i device, i device trasmettono dati, gli utilizzatori creano community, le community incrociano dati, i dati creano statistiche, statistiche e dati vengono venduti.

Bel modello – tanti soldi. Tanti soldi – grande seguito.

Interessante una case history inglese presentata da due medici (Craig Williams e Graham Stuart) affiancati da un creativo (Ally Stuart). Hanno esposto i risultati di un studio seguito presso le loro strutture. Per incentivare bambini e teen-ager a fare movimento e praticare sport, i dati indicano una scarsa dedizione a tali attività e di conseguenza una forte incidenza su problemi di salute in età adulta, hanno utilizzato la Nike Fuel Band. E la cosa ha funzionato molto bene – le registrazioni oggettive (non più solo report dai ragazzi) indicano un forte incremento di movimento. Sfruttando la coolness dell’oggetto, la gamification del sistema e l’aspetto social della piattaforma sono riusciti a cambiare il comportamento del target su sport e movimento.

Cambio di attitudine? È quello che si persegue. Software e design devono essere al servizio dell’azione umana. Bisogna uscire dagli schermi oltre che gli schemi. La tecnologia esiste – bisogna utilizzarla in maniera differente. Ci vogliono idee che creino device non invasivi, “invisibili” che possano aiutarci a tracciare e modificare i comportamenti. Bisogna sviluppare al fine di far comunicare direttamente i device tra di loro. “It’s not a challenge of technology, it’s a challenge of imagination”.

Josh Clark Ceo di Global Moxie e Jennifer Darmour product designer presso Artefact in due sessioni separate si concentrano, da punti vista differenti, su questo concetto.

E ci mostrano alcuni esempi.

Dialog – poco più grande di un cerotto traccia e controlla gli attacchi epilettici

Away – strumento per sport estremi

Kinsa – termometro smart

Misfit Shine – monitoraggio esercizio fisico

Drum Pants – pantaloncini che incorporano una batteria elettrica

L’impatto della tecnologia sulla vita quotidiana è chiaramente un tema ricorrente. Il dipartimento dei trasporti degli Stati Uniti ci svela gli obiettivi del prossimo futuro in una sessione pomeridiana “How talking cars will transform the way we travel”. Ambiziosi ma concreti. Il programma prevede affrontando vari step di coinvolgimento del pubblico e acquisendo sofisticate tecnologie, a ridurre traffico, inquinamento, incidenti. A breve le auto comunicheranno tra loro, con i semafori, con i server, con il meteo. Se riuscissimo anche ad evitare noi stessi di parlare e scrivere al telefono durante la guida credo che si raggiungerebbero gli obiettivi più velocemente e con minore dispendio di energie.

Quanta energia al Festival SXSW! Fisica ma soprattutto elettrica. Tutti hanno più device da caricare costantemente – si cercano prese a cui attaccarsi per qualche minuto nei corridoi, nelle aule, al ristorante, ovunque. Una costante di questa settimana, un aspetto che non passa inosservato.

E i bisogni creano opportunità.

• La AT&T pone dei mini armadietti all’Hilton dove poter chiudere in sicurezza il telefono in carica.

• La Samsung regala batterie esterne

• La Esurance adibisce uno stand lounge intero a prese e relax

• La start-up Wearable Solar https://wearablesolar.nl/ presenta abiti fashion tutti tempestati di celle solari a cui collegare lo smartphone

Chiaramente ne approfitto anch’io ogni tanto e raggiungo gli altri. Sono appena usciti estasiati dalla conferenza di Stephen Wolfram una delle personalità più importanti del Festival. Come sempre la sua mente arriva oltre tutto e tutti. Il matematico e il suo team oltre a proseguire gli sviluppi di WolframAlpha (motore computazionale di conoscenza) e Mathematica (ambiente di calcolo simbolico e numerico) iniziati più di 25 anni si stanno concentrando sul Wolfram Language il linguaggio di programmazione basato su parole e frasi di senso compiuto (cit. Sarzana per YouMark) per cui chiedendo alla macchina di disegnare una sfera essa genererà forma e codice da poter riutilizzare. Pazzesco!

Incredibile come il caso Upworthy.com – sito di informazione che in pochissimi mesi di vita ha raggiunto 90 milioni di visite al mese. Ho seguito l’intervista di David Carr (giornalista New York Times) a Eli Pariser Ceo di Upworthy. Vecchia scuola contro nuova scuola. Senza entrare nel merito della “disputa” e sulla qualità dell’informazione data da tale portale è sicuramente interessante capire le dinamiche. Lo scopo degli editor di Upworthy è quello di pubblicare notizie che possano viralizzarsi il più possibile e generare un altissimo numero di visite. Come? Prima di tutto scegliendo con attenta cura la notizia e poi generando fino a 25 titoli da testare tramite algoritmi. Il titolo è quindi ponte fondamentale tra notizia e pubblico. Esso deve essere intrigante per il lettore e al tempo stesso ben digeribile ai motori di ricerca. Inoltre è stato studiato a fondo il posizionamento dei tasti di condivisione degli articoli sui social network. Il risultato è quindi frutto della sinergia tra editor e macchina.

Ho citato l’effetto viral. Aggettivo caro ai nostri clienti. Ma quali sono le regole? Come ci si deve comportare? Il panel più interessante che ho seguito era presentato da Joahn Berger (autore del libro Contagious – Why things catch on) docente alla Wharton University: What drives word of mouth? Speech grandioso e ottimamente condotto. Un parallelismo tra il potere del passaparola e la viralizzazione online.

Sintetizzo con due teorie segnalate:

• seguire gli STEPPS

Social currency: offrire al pubblico una moneta sociale – un’informazione che lo faccia sentire detentore di un segreto. 1) make people feel like insiders 2) Find the inner remarkability

Triggers: Stimolare in maniera corretta. Chi? Dove? Quando? Cercare di far recapitare il messaggio alla persona giusta, nel momento giusto, nel luogo giusto. Kit Kat ha associato il suo brand al consumo di caffè contestualizzandolo nei luoghi e momenti corretti e ha incrementato le vendite.

Emotion

Public: Built to show, built to grow

Incentivare il pubblico a mostrare il prodotto. Esempio: cuffie bianche Apple

Practical Value: attribuire un valore pratico e concreto al prodotto

Stories: costruire un racconto ricco di contenuto interessante al pubblico di riferimento

• Le 4 regole del viral 2.0

1) Shares, not views – La condivisione di un contenuto è decisamente più rilevante della sola fruizione

2) +10%, not 10M – una crescita del 10% sulle vendite è più importante di 10 milioni di views

3) Psychology not Technology – Dare priorità a strategia, pensiero, idea e non alla tecnologia

4) Offline and Online – ragionare prima di tutto su come attivare il passaparola fisico e poi sulla viralità online

Berger ci presenta tutto ciò come un approccio che paga.

Paga come i Tweet. Eh sì, ormai il Pay-per-Tweet è pratica piuttosto diffusa. All’SXSW abbiamo preso il pedicab, ci siamo tagliati i capelli, abbiamo ritirato gadget e altro pagando con un Tweet. I brand offrono servizi e spesso devolvono in beneficenza in cambio di notorietà sul microblog.

Certamente una valuta più sicura, per ora, del bitcoin 😉

Vedremo se questo trend proseguirà. Quel che è certo è che invece le social community devono essere in grado di evolversi secondo le tendenze imposte del pubblico di riferimento. All’incontro “Brand driven by artstic communities” c’erano Instagram, Spotify e Shapeways. Bello vedere e capire come cercano, trovano e valorizzano gli influencers poiché attori indispensabili alla vita dei loro portali. Instagram e Spotify sono due realtà consolidate in grado di cogliere nuovi territori grazie al pubblico stesso.

Shapeways invece è una realtà emergente. Si tratta di una community legata alla stampa 3D. Pazzesco scoprire come la community si stia sbizzarrendo attorno al tema. Dai modelli 3D da stampare, rivendere, commentare sulla piattaforma alla realizzazione di device e gadget inerenti la materia. La stampa 3D e le aspettative ad essa collegate stanno emergendo in maniera impattante. Si parla di produzione di cibo (Oreo ha stampato il suo biscotto in 3D utilizzando materie prime anziché materiale plastico), si parla di medicina (stampa di parti ossee). Vedremo gli sviluppi.

Magari all’SXSW 2015.

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