Oggi lavorare in mobilità è una commodity ma, alla fine degli degli anni novanta era notevole lo sforzo profuso dai provider intenti a evangelizzare le aziende rispetto ai vantaggi delle tecnologie portatili. Al motto dell’everytime everywhere, la comunicazione puntava a spiegare i vantaggi legati a un accesso in tempo reale alle informazioni.
Ai tempi si parlava anche di ergonomia: sradicare il computer dall’azienda e portare in palmo di mano l’intelligenza gestionale era un altro driver fortissimo dello sviluppo.
Poi è arrivato il ciclone smartphone e, a ruota, la deriva tablet: più che i laptop, sono stati questi due dispositivi a fare la differenza, rivoluzionando gli usi, i costumi e, soprattutto, i consumi della gente.
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Il fulcro della della mobility è e rimane il web
Eppure, ancora oggi, la mobility va spiegata alle aziende. La difficoltà principale? Capire cosa sta succedendo davvero nel loro modo di fare business. Prima ancora che risolvere governance, sicurezza e sistemi, infatti, le imprese devono capire quali sono le vision di una rivoluzione a portata di mano.
Parola di Vittorio Viarengo, guru della digital trasformation e da quindici anni tra i top manager del’innovazione, dopo essersi spostato da Genova alla Silicon Valley. Visionario, eclettico (dai genitori fornai ha appreso l’arte dell’impasto e della lievitazione, trasformando le sue radici in una filosofia del fare, ma anche in un hobby sublimato in un blog: www.vivalafocaccia.com) ingegnere out of the box, ex top manager di Vmware e oggi Vice President Products & Marketing di MobileIron.
Il motivo? Il suo entusiasmo per le prospettive di sviluppo dell’universo mobile e la voglia di rimettersi in gioco con un’azienda che ha fatto del mobile il suo unico core business. Due informazioni di sintesi: tra i vari brevetti di MobileIron c’è quello grazie a cui dall’AppStore aziendale è possibile rendere disponibili agli utenti le app di cui hanno bisogno mentre un altro, egualmente significativo, è quello relativo alla cancellazione selettiva dei soli dati aziendali in caso di dimissioni, perdita/furto del dispositivo. Non a caso, solo in Italia hanno scelto MobileIron 6 delle Top Ten aziende secondo Forbes.
“Rispetto al mobile le aziende oggi si comportano esattamente come hanno fatto quando è arrivata Internet – spiega il manager, ingegnere e imprenditore, oggi portavoce illuminato della mobile disruption -: ciò che sfuggiva, era il fatto che il Web era un tornado di stimoli e opportunità. Travolti dal cambiamento, erano poche le organizzazioni che riuscivano a intuire la portata dell’innovazione e ad attuare una strategia programmata, capace di funzionare anche nel medio e nel lungo termine. In maniera analoga, oggi alle aziende sfugge il fatto che il mobile è una piattaforma su cui innestare la nuova generazione di applicazioni aziendali che sfruttano la multicanalità per cortocircuitare le informazioni che corrono dentro e fuori all’azienda. È un ribaltamento significativo delle logiche di sviluppo. La digitalizzazione, infatti, è disruptive ma anche progressiva: per questo tutti i progetti aziendali oggi dovrebbero essere incentrati sul mobile, da utilizzare come punto di partenza, in quanto piattaforma di trasformazione e di innovazione”.
Saper gestire il data center non basta. È l’ora del Mobile Platform Management
La gestione del cambiamento, soprattutto quello ICT, non è mai stata facile. Le aziende, infatti, tendono a seguire due modelli di riferimento: acquisto per addizione e acquisto per emulazione. Il primo è un percorso di sviluppo in cui l’innovazione viene tradotta nell’aggiungere tecnologie che si integrano a quelle esistenti. Il secondo è una variante: si emulano modelli e approcci già sperimentati per ingegnerizzare nuove procedure e nuovi servizi, lavorando poi (e spesso a lungo) di fine tuning.
Con il mobile nessuno di questi due modelli ha dato buoni frutti. Innanzitutto perché, a differenza dei pc fissi, i dispositivi mobili sono ubiqui e pervasivi, con un ricambio e un’evoluzione decisamente più breve. La potenza elaborativa dei modelli di nuova generazione come, ad esempio, l’iPhone 6 o il Samsung Edge, è equivalente se non superiore a molti computer fissi aziendali, il che ha cambiato gli equilibri della produttività individuale e dello smart business.
Vero è che smartphone e tablet si rompono più facilmente e vengono persi o rubati con una frequenza statisticamente superiore. Senza contare che si interfacciano con modalità di connessione diversificate, passando da una rete all’altra alla ricerca di banda il che li può rendere potenzialmente più vulnerabili. Per la governance c’è un altro elemento che moltiplica la complessità gestionale: oltre a essere tanti e diversificati, hanno una doppia anima operativa, ottemperando sia a scopi professionali che a scopi privati. Il che riporta il tema della mobility al suo fondamentale: l’approccio non è integrare in azienda uno o più dispostivi ma gestire nativamente la mobility attraverso un’architettura progettata per essere più sicura, specialmente se integrata a un concetto di Enterprise Mobility Management.
Non basta dire Bring Your Own Device, infatti, per sdoganare la mobility e portare il cambiamento in azienda. Serve una strategia, serve il Mobile Platform Management.
“Il mobile è stato e ancora è fenomeno indubbiamente consumer – prosegue Viarengo – ma non per questo il business può continuare a ragionare in maniera tangenziale. Quando un’azienda dice che ha una strategia di Enterprise Mobility Management e poi si scopre che l’unica cosa che fa è dare la mail c’è qualcosa che non va. Il driver della mobility per il business non può essere l’email quanto, piuttosto, la capacità di reinventare il proprio modo di essere e di operare secondo nuove logiche di servizio aperte. Le aziende devono imparare a reinventarsi sul mobile. Devono prendere quello che funziona nel mondo consumer e portarlo in azienda, immaginando ex novo tutti i processi di business attraverso la definizione di un Mobile Platform Management capace di orchestrare e triangolare big data, applicazioni e cloud in un’unica soluzione di continuità”.
Lo smartphone e il tablet sono touch point. Il resto è intelligenza on line
In questo contesto, la sicurezza rimane un aspetto fondamentale della business continuity. Non certo come un elemento di freno all’insegna di una cautela improbabile ma, piuttosto, in una prospettiva in cui la sicurezza è parte integrante del Mobile Platform Management in modo che non si abbia alcun impatto sulla user experience pur innalzando la qualità della governance in termini di supervisione e di controllo.
“Rispetto alla mobility le aziende devono imparare ad applicare nuovi criteri di misurazione dell’efficienza – conclude Viarengo -. Lo smartphone e il tablet sono soluzioni incredibili: fanno fotografie, mettono in comunicazione le persone e le aziende attraverso canali diversi di relazione e di ingaggio: dal machine to machine (M2M) ai social media, dalla chiamata vocale alla chat si aprono una pluralità di processi informativi a supporto della produttività individuale e del business. Il dispositivo è solo un veicolo: on line c’è tutto un universo di applicazioni che vanno capite e gestite mentre il flusso delle informazioni entra ed esce dalle aziende passando dalle tecnologie mobile. Cancellare solo i dati aziendali e non quelli personali quando un utente se ne va da un’azienda, gestire e porteggere le applicazioni enterprise rispetto a quelle personali con cui l’utente va in autogestione, sfruttare il cloud per erogare servizi veloci ed efficaci in maniera scalabile e assolutamente sicura, programmare un content management di nuova generazione sono tutte sfide importanti su cui si giocherà il futuro aziendale. Oggi le aziende devono capire che l’architettura dei sistemi operativi mobile è intrinsecamente più sicura perché pensata per le esigenze di sicurezza di oggi rispetto a quanto, ad esempio, non lo fosse l’architettura di Windows fino alla 8 (derivata senza grandi discontinuità da quella dei primissimi PC DOS/Windows): questo è incontestabile, se si pensa che il concetto di Sandbox inventato da Apple in iOS è stato ripreso sia da Android che da Windows10“.