Goodbye UK: ribaltando i pronostici della vigilia, l’attesissimo referendum sulla Brexit ha sancito l’inizio di un processo che porterà, entro un biennio, all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Anche se modalità e tempi dell’addio sono ancora tutti da stabilire (saranno decisi dai negoziati che si terranno nei prossimi mesi tra Londra e Bruxeless) è evidente che le conseguenze di questa decisione politica avranno un impatto forte sull’intera economia britannica, compreso il settore IT di cui ci occupiamo quotidianamente. E le conseguenze almeno nel breve termine non si preannunciano per niente positive: innanzitutto è evidente che da sola la Gran Bretagna, che vale circa il 3% del Pil mondiale, resta di diventare un attore di secondo piano nel mercato IT, sempre più globalizzato.
Londra sinora, per affinità di lingua e cultura, è quasi sempre stata scelta dai grandi vendor e distributori americani come piazza principale delle loro attività nel Vecchio Continente. È però evidente che, con il Regno Unito fuori dall’Unione europea, la tentazione di spostare queste sedi in altri Paesi europei potrebbe essere forte. Molto dipenderà, come si è accennato in precedenza, anche dai futuri negoziati tra le due parti: se il Regno Unito alle fine dovesse rimanere nello spazio economico europeo e – dunque – rimanesse la libera circolazione di merci e capitali con i Paesi Ue (come oggi succede a Norvegia e Islanda), probabilmente gli addii saranno molti di meno.
Un altro rischio è che Londra, improvvisamente diventata capitale di un Paese piccolo e poco influente sullo scacchiere globale, perda progressivamente quella capacità di attrattiva nei confronti dei giovani talenti (anche del mondo IT) che possiede da almeno da un decennio a questa parte. Anche perché in assenza dei fondi previsti dalle normative europee, le condizioni per favorire la nascita delle start up tecnologiche, oggi molto diffuse in Gran Bretagna, potrebbero venire meno. Come scrive EconomyUp “”Tra difficoltà in ambito normativo, minori investimenti, ostacoli nell’assunzione di talenti e di personale altamente qualificato, alcune startup che hanno sede a Londra, magari fondate da cittadini europei, potrebbero scegliere di spostarsi su altre piazze emergenti per l’imprenditoria innovativa, come Berlino, dove già esiste l’ecosistema più competitivo in Europa dopo Londra, Parigi, dove il numero di startup e la quantità di investimenti sta crescendo, o, con meno probabilità, altre città europee, tra cui le stesse Milano e Roma”.
Quel che è certo, è che il Regno Unito si troverà presto nella condizione di non poter mettere più voce sulle normative europee in materia di digitale. Bati pensare a quelle sulla protezione della privacy o in materia di sicurezza. Peraltro, data l’ormai stretta connessione tra economia britannica ed europea, Londra rischia più che altro di subire le decisioni che saranno prese in futuro da Bruxelles in materia.Non è un caso, che secondo un sondaggio condotto prima del referendum sui membri del Tech London Advocates, un gruppo che rappresenta circa 3.000 senior manager del settore tecnologico, ben l’87% fosse contrario alla Brexit, paventando anche conseguenze sulla facilità di assumere professionisti Ue. Insomma, anche se non è facile immaginare già da oggi tutte le conseguenze di questa decisione dalla portata storica, è evidente che ce ne saranno. E già nei prossimi giorni cercheremo di capire quelle che interessano da vicino gli operatori della filiera IT nazionale.