Informatica, cioè dematerializzazione, ovvero digitalizzazione. Quel passaggio epocale che ha portato le aziende dall’automazione all’ICT non è stato né facile né scontato: ieri, così come oggi. Eppure i computer (e la loro evoluzione portatile, sempre più smart) sono diventati un asset fondamentale per ogni tipo di organizzazione.
Oggi si parla moltissimo di digital transformation, trasformazione digitale e innovazione ma, al di là della creatività e delle vision necessarie a finalizzare i percorsi dell’evoluzione aziendale, il tema rimane sempre e comunque la capacità di bilanciare gli investimenti tecnologici per finanziare una migliore efficienza del business.
Chi lo ha capito sa che l’It non è un costo quando serve a far crescere gli utili (lo sanno bene il finance ma anche la logistica, tra i settori più all’avanguardia rispetto all’innovazione digitale). L’unica precondizione è sapere che il Roi la maggior parte delle volte va calcolato nel medio e nel lungo termine.
Detto questo, quali sono le strategie digitali più innovative con cui in vario modo imprese e organizzazioni si stanno confrontando o presto dovranno confrontarsi? Al di là delle mode tecnologiche, quali sono le soluzioni e gli approcci che possono fare la differenza e quali i limiti? Ecco in una sintesi la top list della trasformazione digitale: IT as a Service, Iperconvergenza, CRM 3.0, BI e Big Data Management, IoT.
Indice degli argomenti
1) IT as a Service
Dal Software as a Service, dall’Infrastructure as a Service, dalla Platform as a Service all’IT as a Service, l’evoluzione di una fruizione dei servizi ICT in modalità on demand e pay per use è la nuova strada del management più illuminato.
Oggi la gestione logica delle soluzioni ICT è arrivata addirittura al Software Defined Data Center. Questa architettura estende gli ormai consolidati concetti della virtualizzazione (come l’astrazione, il raggruppamento in pool e l’automazione) a tutti i servizi e le risorse del data center.
La sfida per i responsabili dei sistemi informativi è mantenere la governance. Il motivo? Che spesso, le linee di business scavalcano il reparto IT per approvvigionarsi direttamente da provider esterni di servizi cloud.
In sintesi, dal possesso di una tecnologia il focus si è spostato alla fruizione del servizio, attraverso Sla a misura di ogni tipo di esigenza. Compito degli executive, ragionare sul tipo di contratti e sui fornitori più competenti, bilanciando risorse ed economics secondo orizzonti di pianificazione nel breve, nel medio e nel lungo termine. Nella piena consapevolezza che l’evoluzione tecnologica sempre più serrata impone una conoscenza dello sviluppo sufficiente a orchestrare valutazioni e scelte. Chi non investe ora lo dovrà fare domani. Altrimenti perderà il treno dell’evoluzione inarrestabile delle relazioni e delle informazioni che corrono su binari sempre più digitali (cioé tecnologici).
2) Iperconvergenza
Il tema della governance è, per definizione, il controllo. La questione fondamentale è che si può governare solo se si ha una chiara supervisione:
– dell’installato a livello di hardware (fisso e mobile, fisico o virtuale, in house o in cloud), di software (dai gestionali alle app, dai middleware alle soluzioni di monitoraggio e di controllo) e di risorse al servizio della gestione ICT (networking cablato e non, soluzioni Wi-Fi, sensoristica)
– dei costi legati alle necessarie attività di manutezione e aggiornamento
– dei rischi legati a malfunzionamenti, anomalie e vulnerabilità dei sistemi (sicurezza interna ed esterna)
L’intelligenza della governance non è certo negli aggiornamenti o nell’acquisto di nuove soluzioni hardware. Oggi la governance è saper mettere a fattor comune automazione, standardizzazione, consolidamento, virtualizzazione e cloud con un unico obiettivo: realizzare un’architettura di supporto al business estremamente agile, affidabile, performante e sicura, nella maniera più semplice possibile e in tempi brevi.
Il futuro è nell’iperconvergenza, ovvero una modalità di controllo che, attraverso un unico cruscotto centralizzato, aiuta a bilanciare e presidiare potenza, intelligenza, memoria, spazio, energia, dispositivi, architetture e operatività, salvaguardando sicurezza e policy in maniera coordinata e veloce, perché risolta a colpi di clic. I tool sono già disponibili: imparare a sceglierli diventerà presto un must.
3) Customer Relationship Management semantico, ovvero Crm 3.0
Mettere il cliente al centro di tutto è stata la strada per sviluppare il business che serve quando serve davvero. Ma l’ICT ha trasformato in clienti anche i dipendenti e i collaboratori aziendali: come fruitori di servizi diversificati, infatti, siamo diventati tutti utenti, ognuno con dei bisogni precisi.
Il piano della governance in ambito di trasformazione digitale si è notevolmente allargato su più orizzonti di sviluppo e di ascolto. Il potenziamento delle relazioni collegato ai nuovi sviluppi del Web, l’arrivo dei social e una gestione della tecnologia mobile che ha parzialmente risolto il problema del digital divide ci ha reso tutti connessi e comunicanti in modalità 24×7.
Questo ha aperto il campo a ulteriori servizi associati alla geolocalizzazione, all’interazione, alla teleassistenza, al proximity marketing, all’Unified Communication & Collaboration.
Dal Customer Relationship Management (CRM) al Customer Experience Management (CEM) il …tap è breve. Gli schermi touchscreen dei telefonini e l’universo delle app stanno aiutando le aziende a costruire più solide relazione con i propri utenti, instradando flussi di informazioni più efficaci e funzionali che da un lato supportano al meglio la produttività individuale e, dall’altro, aiutano a tracciare i comportamenti e le esigenze per allineare meglio i servizi e, in generale, l’offerta (non a caso gli ERP aziendali hanno integrato moduli sempre più sofisticati e diversificati sulla gestione di più livelli di relazione, dai social al mobility management).
La conoscenza implicita che per anni le aziende si sono sforzate di intercettare oggi è stata messa a sistema grazie a nuove soluzioni di comunicazione. Sono ad alta integrazione e arrivano a studiare l’esperienza e la comunicazione sui social e i vari sistemi di messaggistica in modalità monitorata e strutturata al punto da arrivare a gestire anche la sentiment analysis, per un CRM veramente 3.0. Non è un di cui: sarà una strategia decisiva sullo scacchiere del business.
4) Business Intelligence e Big Data Management
Informatizzare i processi significa, in estrema sintesi, automatizzare e mettere a sistema le procedure, potendo gestire così al meglio le informazioni associate. La storia della digitalizzazione corrisponde al numero crescente di processi che il business ha provveduto a informatizzare sia per ottimizzare i costi, sia per velocizzare la gestione, migliorando al contempo l’efficienza e l’efficacia delle procedure.
Quella che doveva essere una semplificazione ha portato un’eterogeneità tecnologica, che ha generato e sta generando volumi e volumi di dati che per essere utilizzati devono essere organizzati secondo nuove logiche di archiviazione, di ricerca e di accesso.
Il problema è che l’innovazione digitale ha portato flussi di dati strutturati accanto a flussi ancora destrutturati. Malgrado i sistemi di Business Intelligence siano sempre più sofisticati ed efficaci, ci sono ancora molte informazioni che vanno capite, organizzate e veicolate secondo logiche di aggregazione più funzionali a supporto della governance (vale in qualsiasi settore: dal gaming alla sanità).
I data architect (preconizzati da studiosi ed esperti della consulenza) nelle aziende non ci sono ancora, ma gestire le Business Analytics per orchestrare la governance di moli di informazioni crescenti deve diventare una delle attività primarie per le aziende. Dunque, se ieri la Business Intelligence è stata una forma tecnologica dedicata più all’aggregazione e alla visualizzazione dei dati secondo criteri a consuntivo, oggi lo sviluppo degli algoritmi, dei database e dei sistemi di interrogazione consente una BI evoluta a supporto di una gestione estremamente più dinamica e proattiva.
Il Big Data Management non è un problema di hardware o di software. Si tratta sempre e comunque di una questione di vision e di investimenti mirati a rendere i Big Data degli Smart Data, trasformandoli in azione strategiche per il business. Il Decision Support System oggi si può conformare per essere predittivo e quindi ancora più veloce rispetto alle dinamiche dei mercati.
5) Internet of Things e “smartizzazione” degli oggetti
C’erano una volta i sensori, c’era una volta lo smartphone. Oggi non sono più soltanto i pc a connetterci al mondo delle informazioni e, in generale, dei servizi. Ci sono i tablet, i totem interattivi, le smart card, stanno arrivando vestiti intelligenti ed occhiali od orologi smart.
Le applicazioni e le infrastrutture costruite attorno a un’intelligenza sempre più ubiqua e pervasiva stanno maturando alla velocità della luce. La Internet delle cose è in via di consolidamento: le smart city stanno usando una sensoristica avanzata per monitorare umidità, traffico, temperatura, energia, accessi.
Nelle aziende GPS, accelerometri, sensori, attuatori, smart code e tag Rfid stanno ingegnerizzando le filiere per rendere i prodotti sempre più connessi e comunicanti. La tracciabilità e la rintracciabilità offrono migliori garanzie non solo di una migliore efficienza logistica, ma anche di una tutela del made in dal grey market e dalla contraffazione, rendendo il consumatore finale più informato ma anche più sicuro rispetto a ciò che consuma. La smartizzazione degli oggetti sta rivelando nuove modalità di interazione e di relazione ad alto tasso di connessione per una business continuity a prova di errore. Quello che è indiscutibile è che la progettazione del business nella IoT cambia in modo radicale.
Per la governance “Internet of Things” significa imparare ragionare d’anticipo e non commettere gli errori di una compartimentazione tecnologica (mancanza di integrazione) o di un protezionismo eccessivo, volto a escludere invece che a ragionare di convergenza e di capitalizzazione delle risorse (il BYOD ha insegnato alle aziende che è meglio sfruttare la smartizzazione degli utenti, invece che provare inutilmente a contrastarla).
Ogni smart object diventa così un touch point che, a seconda del livello di intelligenza di cui è equipaggiato (tag RFID/NFC oppure di un intero sistema operativo, iOS, Android o Windows che sia) apre la strada a nuovi orizzonti di servizio. Anche su questo fronte, il business non può farsi cogliere impreparato: gli oggetti comunicanti devono essere risolti in ogni loro aspetto: sicurezza, accesso alle informazioni, design, interazione ma anche integrazione con l’ecosistema digitale fatto di altri oggetti intelligenti e comunicanti.