La notte che ha cambiato gli USA

#Election2016: il caso Trump raccontato dai social media

Dal 9 novembre il mondo è cambiato. E non perché Trump ha vinto le elezioni ed è il 45° Presidente degli Stati Uniti contro ogni pronostico. Il mondo è cambiato perché per la prima volta nella storia dell’informazione i social media e il digital hanno preso prepotentemente il posto dei media tradizionali

Pubblicato il 11 Nov 2016

Marco Maria Lorusso

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In 24 ore, dal mattino dell’#ElectionDay al momento della proclamazione di Trump, sono stati scambiati su Twitter oltre 75 milioni di cinguettii sugli hashtag correlati all’evento, il 75% dei quali è avvenuto da mobile [fonte Twitter]. E c’è di più: l’85% degli utenti coinvolti aveva meno di 35 anni. Un numero sconvolgente e impressionante, che ci dimostra inequivocabilmente come le conversazioni della politica siano ormai uscite dagli ambiti tradizionali di istituzioni e ‘old’ media e siano nelle mani della gente comune, dei giovani, su canali non intercettati dal ‘vecchio mondo’. Mai come in queste elezioni il fenomeno second screen è stato massivo: Facebook ha registrato un aumento dell’attività del 30% in Nord America proprio durante lo spoglio elettorale [fonte Sandvine >> http://www.internetphenomena.com/2016/11/us-election-2016-tv-trumps-the-internet/ ]

Ripetiamo da tempo che il mondo dell’informazione è cambiato e le ultime elezioni statunitensi lo hanno dimostrato fuor d’ogni dubbio. Su Google bastava digitare nella stringa di ricerca ‘US election’ per accedere al live poll creato in collaborazione con Associated Press: lo spoglio elettorale in diretta Google su tutti gli smartphone del mondo (o quasi). Così gli utenti comuni non hanno avuto più bisogno di aspettare il giornalista di turno che in TV aggiornava i dati, fra un commento e l’altro dei vari opinionisti invitati in redazione, ma avevano accesso diretto alla fonte, senza intermediari. Oltre a Google, c’era la diretta live su Twitter in collaborazione con BuzzFeed, che ha registrato quasi 7 milioni di utenti unici.

Possiamo quindi pensare che sia cambiato ciò che gli utenti chiedano all’informazione, meno opinioni e più dati da commentare in prima persona sui loro canali social. Forse i ritmi stessi di fruizione dell’informazione sono talmente rapidi che le redazioni tradizionali non riescono a starvi dietro? Non è più solo questione di inserire i social media nel processo distributivo dei contenuti giornalistici, è essenziale far diventare il giornalismo stesso social e digital? Come esempio possiamo affermare che Google (tramite il live poll di AP) proclamava il Nuovo Presidente quando ancora gli opinionisti in diretta TV sui canali italiani parlavano di una possibile rimonta della Clinton.

C’è un altro grande punto che emerge dalle Elezioni Presidenziali Statunitensi del 2016, ed è l’inaffidabilità dei sondaggi elettorali della vigilia. La maggior parte delle testate non solo statunitensi ma mondiali dava infatti Hillary Clinton come favorita, sulla base di analisi, ricerche, misurazioni a campione. Eppure le urne hanno sovvertito le aspettative degli organi ‘statistici’ tradizionali. Perché? Forse perché i campioni scelti per gli exit poll e i sondaggi pre-elettorali non sono statisticamente rappresentativi dell’elettorato? Forse perché oltre 50 milioni di aventi diritto non si sono presentati alle urne e avrebbero magari confermato i pronostici? Gli intervistati a che pro hanno dichiarato il falso nei sondaggi? E’ forse più plausibile pensare che le nuove generazioni non siano state interpellate dai sondaggisti tradizionali, e abbiano invece conversato abbondantemente sui social media durante tutta la campagna elettorale, e che nessuno le abbia ascoltate? Ecco, forse questo è l’insegnamento più grande delle Elezioni 2016: dobbiamo iniziare ad includere in questo tipo di sondaggi e previsioni (e non solo in campo elettorale e politico, parliamoci chiaro) anche il monitoring costante e continuo delle conversazioni sui social network: l’analisi semantica, l’osservazione delle conversazioni, i picchi, le communities. Ecco il futuro elemento chiave di tutte le previsioni statistiche. Sono stati scambiati oltre un miliardo di tweet sulla campagna elettorale statunitense dall’inizio delle Primarie all’8 novembre 2016, con una netta supremazia di Trump sulla Clinton. Eppure nessun media tradizionale ha dato così tanto spazio al tycoon di New York, né questo dato è stato analizzato fino al comunicato ufficiale del microblog [Fonte Twitter >> https://blog.twitter.com/2016/how-election2016-was-tweeted-so-far ].

Se guardiamo i temi di cui si è maggiormente discusso, in cima alla lista abbiamo la politica estera: tallone d’Achille per la Clinton, che ha rivestito il ruolo di Ministro degli Esteri dell’ultimo mandato Obama. Forse questo avrebbe dovuto far suonare diversi campanelli d’allarme circa le posizioni dell’elettorato.

Il mondo è cambiato: non tanto per il peso politico e per l’inevitabile impatto sugli equilibri internazionali che avrà la presidenza Trump. Ma perché per la prima volta non abbiamo avuto bisogno di una TV o di una radio per seguire l’andamento dello spoglio delle schede. Perché stando comodamente a letto abbiamo potuto verificare i numeri dei due candidati. Perché in tutto il mondo (o quasi), è stato sufficiente fare una query su Google per essere aggiornati in diretta dei risultati elettorali, che siamo poi andati a commentare, dal nostro smartphone, su Facebook o Twitter, direttamente con le nostre communities e le nostre cerchie di contatti. Non solo. il 35% degli statunitensi fra i 18 e i 29 anni definisce i ‘social media’ come la fonte di informazione più utile sulle elezioni presidenziali del 2016. D’altra parte il 61% dei Millennials statunitensi dichiara di trovare su Facebook le notizie e le informazioni relative alla vita politica e governativa del proprio paese, seguiti dal 51% dei Gen-Xers. [Fonte: Pew Research Center http://www.journalism.org/2016/02/04/the-2016-presidential-campaign-a-news-event-thats-hard-to-miss/ ]

Oltre all’accesso alle informazioni politiche, è indispensabile analizzare l’impatto sulle opinioni dei singoli elettori che le conversazioni peer-to-peer e la condivisione di contenuti sui social media ha avuto. Secondo una ricerca pubblicata a luglio 2016 dal Pew Research Center, il 20% degli utenti social ha affermato di aver modificato le proprie opinioni su un tema politico o sociale in seguito a contenuti postati sui social network, e il 17% ha confermato di aver cambiato opinione su un candidato a seguito di contenuti condivisi sui social media. In particolare, e questo è particolarmente rilevante nel nostro caso, i Democratici si sono dimostrati più propensi a cambiare le proprie idee dopo l’esposizione a specifici contenuti e conversazioni sui social media. Inoltre, gli intervistati hanno affermato che il cambiamento è avvenuto prevalentemente in negativo, con particolare impatto sui ‘sostenitori’ della Clinton: il 24% di loro è stato negativamente influenzato da contenuti trovati sui social network in riferimento alla candidata democratica. [Fonte: http://www.pewinternet.org/2016/10/25/the-political-environment-on-social-media/]

Il mondo è cambiato, dunque, perché il 90% dei media tradizionali ha sempre dato la Clinton come favorita, mentre un’analisi delle conversazioni sui social media e sui blog avrebbe potuto mettere in dubbio questa certezza. Il mondo è cambiato perché per fare informazione oggi è indispensabile comprendere non soltanto i tecnicismi dei social, ma anche l’importanza delle communities che alimentano le conversazioni e favoriscono la distribuzione dei contenuti. Il mondo è cambiato perché il 9 novembre 2016 l’hashtag #ElectionNight è stato il 5° hashtag più discusso a livello globale su Twitter, restando fra i trending topics per oltre 10 ore (Fonte: Trendinalia http://www.trendinalia.com/twitter-trending-topics/globales/globales-161109.html], ma curiosamente la stessa fonte non permette, a oggi, di accedere ai trending topics statunitensi per la stessa data.

E allora che bisogno abbiamo degli opinionisti televisivi che ci spiegano le implicazioni delle elezioni quando gli utenti stanno da un’altra parte, a conversare proprio di quelle implicazioni? Quanto peso possono ancora avere i vecchi modi di fare sondaggi, che hanno fallito sia per la Brexit che per le Elezioni statunitensi? Gli interrogativi sono tanti, le risposte, a oggi, poche, ma potremmo iniziare aprendo tavoli di collaborazione fra gli analisti della rete e i sondaggisti tradizionali, fra quanti si occupano di social media e quanti sviluppano tools di analisi semantiche, al fine di creare sinergie per il futuro.

Andrea Albanese Social Media Marketing e Digital Communication Advisor, Project Manager, Docente. Community Manager dei gruppi Linkedin SMDMItalia, SMWMMItalia, GiPISM

Organizzatore del ‘Social Media Marketing Day’ #SMMDayIT

http://smmdayit.it/social-media-marketing-day-italia-2016//

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