A due anni dall’acquisizione, Facebook prova a fare cassa con WhatsApp. E lo fa con una mossa che pare mirata a favorire l’integrazione del popolare servizio di messaggistica istantanea (oltre un miliardo di utenti nel mondo) con il re dei social network. Il tutto attraverso una modifica dei termini di servizio e dell’informativa sulla privacy che, innanzitutto, consentirà di far comunicare le aziende e i clienti attraverso la sua chat come già avviene su Messenger (l’altra chat di famiglia). «Vogliamo anche esplorare modi per poter comunicare con le imprese, continuando a fornire un’esperienza senza banner pubblicitari di terze parti e spam», si legge nel post pubblicato sul blog ufficiale di WhatsApp, che non nasconde certo la sua strategia.
«Che si tratti di ricevere informazioni dalla banca circa transazioni potenzialmente fraudolente, o di ricevere notifiche da una compagnia aerea su un volo in ritardo – prosegue – molti di noi ottengono queste informazioni altrove, tramite messaggi di testo o telefonate. Vogliamo testare queste funzionalità nei prossimi mesi, e per farlo abbiamo bisogno di aggiornare i nostri termini e l’informativa sulla privacy». Ma non solo: Whatsapp «collegherà i numeri di telefono degli utenti (prerequisito indispensabile per essere su WhatsApp) con i sistemi di Facebook, in modo che il social network possa offrire migliori suggerimenti di amici e mostrare inserzioni più pertinenti».
Una decisione che ha già scatenato diversi timori sulla privacy, che sinora era stata uno dei punti di forza di WhatsApp. In realtà, i messaggi crittografati rimarranno privati e nessun altro potrà leggerli, assicura la società. Inoltre, gli utenti potranno scegliere di non condividere le proprie informazioni con Facebook a fini pubblicitari, ma per farlo dovranno deselezionare l’apposita voce nelle impostazioni (qua il link che spiega come fare). Whatsapp condividerà in ogni caso alcune informazioni con la casa madre (ad esempio, i numeri di telefono che le persone usano per registrarsi suWhatsApp, insieme a quando e quanto spesso le persone utilizzano il nostro servizio) per «la comprensione dell’utilizzo dei servizi, la messa in sicurezza dei sistemi e la prevenzione di spam e abusi su tutti i servizi».
Ma perché queste mosse? L’ultima trimestrale di Facebook è stata notevolmente positiva, con utili netti in rialzo del 186 per cento a quota 2,055 miliardi di dollari, a fronte dei 719 milioni di dollari dell’analogo periodo del 2015. Ma non è un mistero che Mark Zuckemberg e soci siano alla ricerca di modi per rendere profittevole WhatsApp, che sinora non ha certo prodotto utili nonostante l’incredibile numero di utenti e che ha anche abbandonato il pagamento da parte degli utenti. Da qui la decisione di aprire alla pubblicità e di integrare i due immensi database di informazioni personalizzate: la stima degli analisti è che, entro il prossimo triennio, Messenger e WhatsApp contribuiranno per un totale di 10 miliardi di dollari, aiutando Facebook a centrare i suoi ambiziosi obiettivi finanziari.
Certo è che questa ultima decisione appare in notevole contraddizione con il messaggio del 2012 dei fondatori di WhatsApp, Jan Koum e Brian Acton, che ancora oggi compare sul blog ufficiale e che recita: «Quando tre anni fa ci siamo messi a tavolino per avviare la nostra azienda, volevamo fare qualcosa che non fosse semplicemente un altro punto di smistamento di pubblicità. Intendevamo investire il nostro tempo per creare un servizio che la gente volesse usare perché funziona, un servizio che consentisse di risparmiare soldi e che in qualche modo rendesse la vita della gente migliore. Se fossimo riusciti a fornire tutti quei servizi, sapevamo che avremmo potuto far pagare le persone. Sapevamo che potevamo fare quello che la maggior parte delle persone cerca di fare ogni giorno: evitare la pubblicità. (..). Vogliamo che WhatsApp sia il prodotto che vi tiene svegli di notte… e il prodotto che cercate la mattina appena aprite gli occhi. Nessuno si alza da un riposino e corre a vedere una pubblicità».