Aziende

Manager in fuga da Twitter, che cerca una via per il rilancio

Confermato l’addio di quattro importanti dirigenti del social network. Che da tempo è in forte difficoltà, con conti in rosso e un business model incerto

Pubblicato il 26 Gen 2016

Gianluigi Torchiani

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Quando le cose funzionano – in un’azienda ma anche in una qualsiasi organizzazione – tutti cercano di mantenere il proprio incarico e di svolgere i propri compiti al meglio. Quando invece le cose non vanno per il verso giusto, magari da tempo, la tentazione fortissima è quella di abbondonare e cercare fortuna altrove. Sembra proprio questo essere il caso di Twitter, dove quattro manager di alto livello hanno deciso di lasciare in contemporanea la compagnia, come confermato dall’amministratore delegato di Twitter, Jack Dorsey. A lasciare il gruppo saranno il capo degli ingegneri Alex Roetter, il responsabile di prodotto Kevin Weil, il vicedirettore generale delle risorse umane Skip Schipper e la responsabile media Katie Stanton. A questi addii si è aggiunto successivamente anche quello di Jason Toff, general manager di Vine, che ha già annunciato il suo passaggio a Google. Dorsey si è detto “triste” per la partenza di persone “assolutamente fantastiche”, alle quali sarà “per sempre grato” per il lavoro fatto (rafforzando così l’idea di una volontarietà degli addi), mentre voci corridoio danno per certo l’arrivo di due nuovi consiglieri di amministrazione, almeno uno dei quali dovrebbe essere un manager di alto profilo del settore dei media.

Il punto è che, molto probabilmente, il caso non può essere derubricato a un semplice turnover, seppure di altro profilo.La verità è che, da un po’ di tempo a questa parte, il social network appare in difficoltà, come testimoniano anche le sue performance di borsa: un’azione di Twitter vale oggi poco meno di 18 dollari, ossia un quarto del suo valore record (69 dollari), registrato esattamente un biennio fa (gennaio 2014). E la crisi finanziaria si è particolarmente accentuata negli ultimi mesi, con il titolo ha ceduto il 37% da ottobre 2015 a oggi. Il problema numero uno è che Twitter è in perdita: il rosso accumulato nei primi nove mesi dello scorso anno è di 430 milioni di dollari.

Eppure, grazie allo sviluppo dei nuovi prodotti (basti pensare a Periscope), il fatturato del gruppo è in deciso aumento, con una crescita che si aggira al +50 annuo. Evidentemente però insufficiente a far quadrare i conti, tanto che di recente è stata annunciata una robusta sforbiciata alla forza lavoro aziendale. Il problema fondamentale è che Twitter, a differenza di Facebook, non è ancora riuscita a mettere in piedi un business model efficace: l’80% arriva dal mobile advertising, una percentuale decisamente troppo elevata, che forse andrebbe ridotta a favore di altre voci.

Ma quali? La strada del management è per ora stata quella di cercare di attirare nuovi utenti, per il momento aumentati meno delle previsioni (circa 320 milioni nel mondo, meno anche di Istangram), magari aumentando ulteriormente il tempo speso sul social network, con modifiche (in questo senso può essere letto il dibattito sull’abolizione del limite dei 140 caratteri) e nuovi prodotti. Quel che è certo è che, a meno di una rapida inversione di tendenza, Twitter potrebbe essere molto vulnerabile, a detta di molti analisti. Tanto che colossi dal web come Google, la stessa Facebook o altre società potrebbe essere tentati a lanciare un’Opa sulla società, visto anche l’attuale basso valore azionario e le indubbie potenzialità del social network.

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