Legislazione

Stallo normativo per il Cloud italiano

L’ultimo report di BSA sullo stato delle normative per lo sviluppo della Nuvola coglie l’Italia in posizione molto più arretrata rispetto alla classifica dello scorso anno. Si è passati dal 6° posto al 10° posto, su 24 Paesi analizzati. Le leggi migliori le hanno Giappone, Australia e Stati Uniti

Pubblicato il 12 Mar 2013

Redazione TechCompany360

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Nell’analisi condotta da BSA sulla situazione dei regolamenti relativi al Cloud Computing, l’Italia si è posizionata al decimo posto su 24 Paesi analizzati, in regressione rispetto alla sesta posizione occupata nello scorso anno.

L’indagine “2013 BSA Global Cloud Computing Scorecard” ha preso in esame le normative e le regolamentazioni nazionali in sette ambiti ritenuti fondamentali per lo sviluppo di un mercato globale e integrato del cloud computing e li ha confrontati con la prima edizione dello studio, pubblicata all’inizio del 2012.

Nella classifica di BSA, il Giappone resta in testa grazie a una normativa molto dettagliata a favore del commercio digitale. Seguono l’Australia, al secondo posto, e gli Stati Uniti al terzo posto dopo aver scalzato la Germania che ora è quarta.

La Repubblica di Singapore è lo Stato che ha fatto i passi avanti maggiori nell’ultimo anno, passando dalla decima alla quinta posizione in classifica, dopo aver adottato una nuova legge sulla privacy in grado di garantire la fiducia degli utenti e la capacità di fare innovazione.


Gli ostacoli allo sviluppo
Lo studio denuncia uno stallo nell’evoluzione dei regolamenti in molti dei più importanti mercati IT globali. Oltre all’Italia anche tutti gli altri principali Paesi dell’Unione Europea hanno perso posizioni nella classifica di quest’anno. Non mancano, nel quadrante asiatico, Paesi che hanno varato normative protezionistiche o del tutto controproducenti per lo sviluppo del cloud globale: Corea, Indonesia e Vietnam.

Altri problemi, secondo BSA, sono le conseguenze di uno sviluppo disomogeneo delle norme riguardanti la privacy e la sicurezza che rendono difficile il flusso di dati fra differenti Paesi, riducendo quindi le opportunità di fare economie di scala attraverso cloud di dimensioni globali.

“E’ scoraggiante vedere che in Italia non sono stati fatti progressi nell’adottare politiche utili allo sviluppo del cloud – ha commentato Matteo Mille, presidente di BSA Italia -. Le norme condizionano lo sviluppo del mercato del cloud ed è fondamentale che l’Italia si impegni maggiormente per migliorare le regolamentazioni degli ambiti relativi alla privacy dei dati e alla proprietà intellettuale”.


Lo stato dell’arte
Per ciascuna delle sette aree considerate dallo studio – data privacy, cybersecurity, cybercrime, proprietà intellettuale, interoperabilità tecnologica e armonizzazione normativa, libero scambio e infrastruttura ICT – BSA suggerisce le condizioni ideali per una legislazione davvero efficace per lo sviluppo del cloud computing.

  1. Privacy. Gli utenti devono essere sicuri che le informazioni vengano trattate con la dovuta attenzione e che i provider possano spostare i dati in maniera efficace nel cloud.
  2. Sicurezza. Una efficace gestione del rischio richiede flessibilità per implementare soluzioni di sicurezza innovative.
  3. Cybercrime. Le forze di polizia e i fornitori cloud hanno bisogno di leggi per combattere l’accesso illegale ai dati
  4. Protezione intellettuale. Le normative devono fornire una chiara protezione e applicazione della legge.
  5. Data portability e armonizzazione normativa. I Governi devono collaborare con le aziende per sviluppare standard che facilitino la circolazione dei dati minimizzando i conflitti normativi.
  6. Libero scambio. Vanno eliminate barriere come, per esempio, la preferenza per particolari prodotti o service provider.
  7. Supporto tecnologico. Fornire incentivi per gli investimenti nella banda larga e per promuovere l’accesso universale.

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