Nel 2023 le oltre 26.000 imprese italiane attive nel settore del software hanno impiegato più di 300.000 dipendenti e generato un fatturato di 62,8 miliardi di euro, segnando un incremento del +17,4% rispetto all’anno precedente. Nonostante il 15% di queste realtà sia classificato come startup innovativa e il settore sia tra i primi sei in Italia per investimenti in Ricerca e Sviluppo secondo ISTAT, il gap con le principali nazioni europee rimane evidente: il fatturato prodotto dalle aziende di software e servizi correlati rappresenta solo il 3% del PIL italiano, meno della metà rispetto alla Francia.
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Buono lo stato di salute della filiera del software italiano
Questi sono alcuni dei risultati emersi dalla prima edizione della ricerca condotta dall’Osservatorio Software & Digital Native Innovation del Politecnico di Milano, in collaborazione con AssoSoftware, presentata durante il convegno “Software is everywhere: nel cuore dell’industria digitale”. Questo è uno dei più di 50 filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.
Come accennato poc’anzi, la Italia la filiera del software ha un impatto economico e occupazionale significativo: nel 2023 ha generato oltre 300.000 posti di lavoro e un fatturato di 62,8 miliardi di euro, con una crescita del 17,4% rispetto al 2022. Questi numeri sono confermati anche dai tassi di crescita a doppia cifra registrati da alcuni dei principali mercati digitali italiani nello stesso anno.
L’importanza della filiera del software per il sistema Paese
Sono poi diverse le evoluzioni settoriali e sistemiche che stanno creando un terreno fertile per lo sviluppo della filiera del software italiano come industria critica per il Paese e per la sua rilevanza a livello internazionale. Si pensi al potenziamento infrastrutturale derivante dall’apertura di nuovi Data Center sul territorio, con piani di investimento significativi da parte dei grandi provider internazionali (AWS, Google, Microsoft), ai 12,7 miliardi di euro stanziati per il 2024-2025 dal PNRR nel recente Piano Industria 5.0. Sono tutti segnali di un crescente interesse verso l’Italia da parte di attori internazionali, che porteranno opportunità per lo sviluppo di servizi digitali a valore, e di una sempre maggiore attenzione istituzionale a questa industria.
“Il settore del software è fondamentale per la competitività dell’Italia nei mercati digitali in rapida evoluzione (come dimostra l’ascesa dell’Intelligenza Artificiale Generativa) e il suo impatto economico e occupazionale cresce, sostenuto dalla maggiore presenza di provider tecnologici internazionali e da una crescente consapevolezza istituzionale. L’influenza del software non è solo diretta – afferma Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation – ma si estende alla digitalizzazione delle PMI e all’innovazione nei modelli di business di settori tradizionali, dove vediamo emergere sempre più aziende native digitali.”
Il potenziale inespresso del software italiano a confronto con l’Europa
Il confronto con altri Paesi europei evidenzia filiere più ampie e con maggiori opportunità di business rispetto all’Italia. Mentre il nostro Paese conta oltre 26 mila aziende in ambito software, Germania e Francia vantano tessuti imprenditoriali più vasti. Inoltre, nel Belpaese la filiera è frammentata: l’83% di queste aziende è classificabile come microimpresa (con meno di 10 dipendenti) e rispetto ai Paesi europei comparati, si denota l’assenza di grandissime aziende posizionate a livello internazionale.
Nonostante ciò, l’Italia mostra un forte orientamento all’innovazione, con il 15% delle
oltre 26 mila realtà attive classificate come startup innovative dalla banca dati
AIDA. Inoltre, secondo ISTAT, il settore del software rientra tra i primi sei per investimenti in Ricerca e Sviluppo, superando il 6% del fatturato.
Si tratta dunque di una filiera chiave per la competitività del Paese in un settore strategico a livello globale come quello della produzione di tecnologia, che tuttavia non riesce a esprimere completamente il proprio potenziale: rispetto a quanto accade in altri stati europei, provando a confrontare il peso del fatturato generato dalle aziende della filiera del software e dei servizi correlati rispetto al PIL, in Italia il valore si attesta a circa il 3% nel 2023, mentre in Francia raggiunge circa il 7%.
I gestionali sono i prodotti più diffusi tra i vendor italiani
La ricerca ha poi approfondito l’offerta presente a livello nazionale attraverso un censimento di 1.884 PMI e grandi imprese operanti nel campo del software, coprendo il 59% del fatturato complessivamente generato, di cui 1.031 produttori di soluzioni proprietarie. Tra i prodotti più diffusi tra i vendor italiani, spiccano i Gestionali (offerti dal 79% delle aziende censite), seguiti dai software di Cybersecurity (37%) e di Analytics & AI (18%).
“L’offerta di software innovativi è spesso associata alle soluzioni gestionali, le più
diffuse sul territorio, e quindi integrata direttamente nel cuore dei processi aziendali – dichiara Marina Natalucci, direttrice dell’Osservatorio Software & Digital Native Innovation – Questo rafforza la rilevanza strategica di un settore che in Italia può vantare tante piccole eccellenze ma che ancora non è competitivo quanto in altri Paesi europei. La capacità di attirare capitali internazionali, per portare lo sviluppo di software in Italia, e di supportare la crescita dei produttori del territorio sarà un punto chiave per il futuro dell’industria digitale nel Paese”.
Si tratta di aziende fortemente radicate sul territorio: l’80% delle 1.884 aziende censite è italiana e rappresenta il 54% del fatturato complessivo del campione, contro un 46% rappresentato da divisioni italiane di realtà multinazionali, in grado di fatturare anche 3,5 volte di più delle realtà nostrane. La commistione tra produttori italiani competitivi e la presenza di aziende internazionali (che portino nel Paese non solo la propria forza vendita, ma anche le attività di sviluppo della tecnologia) è una leva chiave per accrescere la centralità dell’Italia nei mercati digitali europei.
Cresce la maturità nell’adozione del software, ma non nelle piccole imprese
I software gestionali sono i più comuni tra le applicazioni offerte in Italia, e rispondono a un tessuto di clientela prevalentemente caratterizzato da PMI del territorio. L’Osservatorio valuta l’impatto di queste soluzioni sulla digitalizzazione delle PMI tramite un indice specifico che, con un punteggio da 0 a 100, misura il grado di maturità nell’utilizzo in base a quattro criteri: adozione del software, disponibilità di personale e competenze specializzate, livello di integrazione, e impatto sulle performance aziendali.
Nel 2024 la maturità di adozione del software da parte delle PMI ha raggiunto un punteggio di 51,08 superando per la prima volta da 4 anni la soglia dei 50 punti, in crescita di quasi 3 punti rispetto allo scorso anno e di quasi 12 punti rispetto al 2021. In particolare, emerge una sostanziale differenza nella maturità di adozione sulla base della dimensione aziendale, con le piccole imprese (10-49 dipendenti) arretrate rispetto alla media, mentre le medie (50-249 dipendenti) risultano in forte crescita lungo tutte e quattro le dimensioni dell’indice.
Software gestionali per le PMI tra benefici e difficoltà
Nel percorso di adozione dei software gestionali, le PMI hanno riscontrato diversi vantaggi in termini di una maggiore efficacia delle attività generata dall’utilizzo esteso di queste soluzioni. In particolare, hanno riferito un maggiore controllo sui processi (82%), una maggiore visibilità e tracciabilità (81%), una riduzione degli errori (76%) e l’utilizzo di dati aggiornati in tempo reale per la presa di decisioni (75%). Inoltre, l’utilizzo di soluzioni digitali a supporto dei processi aiuta le PMI a scalare: tra le aziende avanzate, con un indice superiore a 70, il 67% ha espanso il proprio mercato anche al di fuori dell’Italia, mentre questo dato scende al 34% per le PMI arretrate, con un punteggio sotto ai 25 punti.
Guardando invece alle difficoltà riportate dalle PMI nel percorso di adozione del software gestionale e trasformazione dei processi, si registrano i costi della digitalizzazione (61% dei casi), la mancanza di personale IT (50%) e di incentivi statali (46%).
Software italiano: serve una svolta culturale sostenuta dalla politica e dal Governo
“I risultati di questa ricerca sono confortanti e testimoniano un settore dinamico e in continua crescita da diversi anni, ma che presenta una dimensione ancora insufficiente se raffrontato agli altri Paesi Europei. Lo stesso vale per la consapevolezza e la maturità delle imprese nell’utilizzo – conclude Piermassimo Colombo, Vicepresidente
di AssoSoftware – Per ridurre il gap con la parte più avanzata dell’Europa e mantenere la posizione economica raggiunta dall’Italia a livello internazionale, serve una svolta culturale, sostenuta dalla politica e dal Governo. Da una parte si tratta di superare le attuali criticità e rendere strutturali i nuovi incentivi sul software previsti dal Piano Transizione 5.0 e dall’altra di mettere in campo un grande programma di investimenti per rendere l’Italia l’hub europeo del software. Solo così sarà possibile liberare le energie della filiera, con potenzialità di crescita che si stima possano raggiungere una forchetta tra 1 e 2 punti di PIL e circa 500.000 nuovi lavoratori specializzati, tutti formati e residenti in Italia, entro i prossimi 5 anni.”