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Il cloud spinge il data information management di Commvault

Bob Hammer, ceo e fondatore dell’azienda, svela le strategie del software vendor. Che ora guarda anche al mercato large enterprise

Pubblicato il 22 Feb 2016

Gianluigi Torchiani

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Bob Hammer, Ceo e fondatore di Commvault

Uno dei nomi più interessanti, in questi anni di grande trasformazione del panorama IT globale, è senza dubbio quello di Commvault. Che si è imposta sul mercato grazie alla sua capacità di andare oltre il puro e semplice backup. A svelare numerosi particolari sulla strategia aziendale è stato, nel corso di un recente incontro in Italia, lo stesso Ceo e fondatore di Commvault, Bob Hammer. Che ha prima ripercorso le tappe della storia della società, ricordando come sino a non molti anni fa il software Commvault fosse commercializzato soltanto tramite gli Oem. Otto anni fa, invece, c’è stata la svolta, con la decisione di presentarsi direttamente sul mercato. Una scelta che ha senza dubbio pagato: negli ultimi anni il fatturato del gruppo ha viaggiato a un tasso di crescita del +24%, con circa il 60% del giro d’affari che arriva dal business enterprise.

Un’altra svolta è arrivata circa tre anni fa, «quando mi è stato chiaro che dovevamo cambiare drasticamente il nostro approccio al mercato in termini di prezzi e prodotti. Partendo dal presupposto che dovevamo essere innanzitutto rilevanti nel mondo cloud». La società, infatti, ha deciso di cavalcare e di non farsi travolgere dall’attuale rivoluzione tecnologica, dove i dati delle aziende sono conservati sia nelle tradizionali infrastrutture data center che nel cloud privato, ibrido e – in misura crescente – pubblico. Tanto che Commvault prevede, anche per il mid market, il prossimo avvento del modello webscale, in cui la crescita IT delle aziende sarà slegata dall’acquisizione di storage e server fisici, ma dipenderà dall’acquisto di flessibili “building block” di capacità.

E in questo contesto si inserisce, anzi conta di muoversi sempre meglio Commvault, con la sua piattaforma di Data information management. Capace di indicizzare i dati e non soltanto di archiviarli: «Il nostro convincimento è che bisogna gestire le applicazioni e capire da dove arrivano i dati, altrimenti si crea una gran confusione. La differenza principale tra Commvault e gli altri nostri competitor è che noi sappiamo quali sono i dati, poiché li indicizziamo a dovere. Assicurando all’azienda consistenti risparmi di costi (magari non c’è davvero necessità di spostare tutto sul cloud) e, non solo. Infatti il dato indicizzato può essere reso noto direttamente alle diverse line of business interessate. In buona sostanza noi siamo il livello che consente di andare a gestire in modo automatico i building block, permettendo di sfruttare nel modo migliore le risorse IT disponibili. Questo è possibile perché in questi anni abbiamo effettuato molti investimenti, i nostri competitor provider ancora indietro al vecchio modello», spiega Hammer.

Insomma la filosofia che sta alla base di Commvault è che il mondo IT è in una fase di profondi cambiamenti, dunque bisogna cercare di rispondere efficacemente ai fenomeni in atto. Un approccio, quello di Commvault, che ha già conquistato il mid market, ma che ora guarda sempre con maggiore attenzione al mondo large enterprise, dove sinora hanno dominato modelli di gestione dati legati alle architetture legacy. Un cambiamento che in fondo è già in atto perché, come ha ricordato il country manager italiano, Rodolfo Falcone, in Italia il prezzo di vendita media delle soluzioni Commvault è passato dai 16.000 dollari di circa due anni fa, agli attuali 40-45.000 dollari, a testimonianza di un cambiamento di utenza già notevole.

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