L’avvento del cloud sta cambiando la politica di canale di uno dei nomi più noti del mondo dello storage, NetApp. Lo racconta a Digital4Trade Salvatore Mari, channel manager di NetApp: «La strategia di NetApp a livello mondiale è stata definita ormai da un po’ di tempo ed è ricompresa sotto il concetto di Data Fabric. In uno scenario evolutivo e tecnologico che sta spingendo sempre di più le grandi e medie aziende verso l’adozione dell’Hybrid cloud, NetApp punta a gestire, proteggere e far muovere i loro dati – che rappresentano poi la parte rilevante per l’azienda – in maniera semplice e indipendentemente da dove questi effettivamente risiedano. In effetti una delle problematiche maggiori nell’adozione delle tecnologie cloud sta proprio la gestione del dato, come muoverlo da un hyperscaler o da un service provider all’altro e – magari – come riportarselo in casa senza avere necessità di grandi investimenti. Il cuore della strategia di NetApp, insomma, è dimostrare come, attraverso l’adozione delle nuove tecnologie, sia facile gestire e muovere il dato all’interno di un ambiente hybrid cloud». Una strategia che riguarda, seppure con diversi gradi di profondità ed esigenze diverse, sia il mercato SMB che il mondo enterprise. Come aggiunge Mari, questo approccio è reso possibile dal fatto che la tecnologia di base del vendor nasce per essere scalabile, permettendo così ai partner di approcciare sia aziende grandi che medio piccole con un unico sistema operativo.
E che ha comportato, negli ultimi anni, una profonda trasformazione del mondo di partner NetApp: «Abbiamo attecchito a suo tempo con società tradizionali che, fondamentalmente, offrivano ai clienti infrastrutture di tipo data center, storage, networking. Ora questi operatori stanno iniziando a portare sul mercato una tipologia di offerta diversa da quella del passato. Dunque non solo infrastruttura complessa, ma anche i servizi ad essa connessi. Non tutti sono in grado di effettuare questo passaggio, molto dipende anche dalla capacità di investimento e dallo spettro di clienti che si gestisce, ma noto che la maggioranza dei partner si sta attrezzando per offrire delle soluzioni. O direttamente, oppure in alcuni casi appoggiandosi ad altri operatori. D’altra parte ci sono una serie di aziende (piccole, medie e grandi), nate più recentemente, i service provider, che si stanno affacciando sul mercato offrendo servizi infrastrutturali, (come ad esempio quelli di backup). Dobbiamo essere, insomma, un po’ strabici: da una parte continuare a guardare al canale tradizionale e, dall’altra, metterci in relazione con questi nuovi operatori, che approcciano il mercato in maniera completamente diversa».
Per quanto riguarda il canale tradizionale, la prima preoccupazione di NetApp è quella di consolidare ed estendere le competenze tecnologiche e di processo di questi partner, così da traghettare il loro modello di business verso i nuovi scenari. In secondo luogo «Tutti i giorni lavoriamo per favorire la creazione o il consolidamento di ecosistemi che mettono insieme service provider, system integrator (internazionali e locali) con i partner tradizionali. Abbiamo infatti esempi di collaborazioni positive. E siamo costantemente al lavoro per favorirle: ad esempio stiamo lavorando con operatori come Tiscali, Reply, che hanno competenze specifiche in determinati ambiti, combinando l’attività di questi soggetti con quelle dei partner più tradizionali. In questo modo abbiamo realizzato dei progetti che altrimenti non sarebbe stato possibile realizzare».
Oltre ai service provider, un ruolo crescente nella strategia di NetApp è giocato dai grandi hyperscale cloud (come Amazon), che fanno girare nelle loro infrastrutture le tecnologie NetApp. Aggiunge il channel manager: «Ogni nostra offerta viene declinata in tre modalità: la classica appliance con il software data Ontap, il sistema operativo offerto da un Hyperscaler o da un service provider, le macchine virtuali. Forniamo, insomma, una tecnologia che permette di essere efficienti anche rimanendo on premise, piuttosto per quelli che vogliono essere completamente cloud. Con i grandi cloud provider c’è un rapporto che è un po’ di partnership ma anche di competizione: noi diamo la disponibilità di un servizio e di un sistema operativo, ma al contempo loro hanno la possibilità di vendere dei servizi che prescindono da NetApp. In buona sostanza oggi stiamo aiutando dei clienti a passare al cloud pubblico, ma garantendo loro che potrebbero ritornare indietro in qualsiasi momento. Lavoriamo, insomma, per garantire un futuro alla mobilità dei dati, che al momento costituisce l’elemento meno chiaro del cloud pubblico».
Una strategia che sta per ora dando i suoi frutti: «Notiamo un grosso interesse verso NetApp per tre motivi: gli operatori di canale in un vendor cercano una leadership tecnologica e una capacità di innovazione. Noi riteniamo di avere queste caratteristiche, che però da sole non bastano. C’è bisogno anche della facilità di lavorare insieme: in questo senso abbiamo un programma di canale profittevole, semplice e, soprattutto, predicibile. Il terzo punto è la lealtà: le regole di ingaggio devono essere chiare e costanti nel tempo, altrimenti l’operatore di canale tende ad abbandonarti. Noi possediamo tutte queste caratteristiche e per questo siamo attrattivi per gli operatori di canale, tanto che la risposta che stiamo ricevendo è molto buona».
Un ruolo chiave in questa strategia è giocato anche dalla distribuzione: «Tutto il business passa dai nostri distributori, non esistono insomma dei rivenditori che acquistino direttamente da NetApp. A loro non chiediamo investimenti in logistica, ma competenze tecnologiche. Il distributore è il nostro braccio armato, riesce cioè a trasferire le competenze sulle nostre soluzioni a una comunità di rivenditori molto più estesa rispetto a quella che potremmo raggiungere noi direttamente. I nostri distributori italiani (Computer Gross e Icos), hanno entrambi grandi competenze tecnologiche e sono in grado di supportare i partner anche sui clienti finali», conclude Mari.