Numeri

Ogni talento in fuga dall’Italia costa 40mila euro a imprese e cittadini

Nel 2013 sono stati quasi 95mila gli italiani che si sono trasferiti all’estero. Un dato che vale una crescita del 19,2% rispetto al 2012 e del 55% del 2011. In poratica è come se una città come Alessandria se ne fosse andata. Nella maggior parte dei casi in Gran Bretagna, al primo posto tra i Paesi di destinazione

Pubblicato il 23 Mag 2014

Marco Maria Lorusso

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I numeri arrivano dallAnagrafe italiani residenti all’estero (Aire) e sono sicuramente sottostimati visto che non tutti gli “expatriate“ si registrano, anzi le stime dicono che uno su due non lo fanno.

Fra i centomila che se ne sono andati ci sono più uomini che donne (56% contro 44%), più 30-40enni (24.001) che 20-30enni (21.515). In quest’ultima fascia di età l’aumento è del 28,4%. E non pensate che l’emigrazione arrivi dal Sud. Al primo posto ci sono i lombardi, tra cui si contano ben 16.418 “expat” (+24,7% sul 2012), seguiti dai veneti (8.743 emigrati), ma a registrare il maggiore incremento è il Lazio, che in un solo anno sale di due posizioni e scalza la Sicilia dal terzo posto: 8.211 gli abitanti della regione che se ne sono andati, in aumento del 37,9%.

Non ci sono dati sui titoli di studio, ma il sospetto che ad andarsene sia stato anche qualche talento che non ha trovato spazio in patria è forte.

Tutto questo però rappresenta un costo per l’Italia. Secondo una ricostruzione di Page Personnel, il “costo” di un neoprofessionista che si forma in Italia e se ne va all’estero è di 40mila euro.

Lo studio è stato realizzato tenendo conto del valore di un professionista dai 3 ai 5 ani di esperienza: in pratica per ogni talento che resta a lavorare in Italia c’è un guadagno di 40mila euro, mentre per ogni laureati che va a cercare fortuna altrove ci sarà una analoga perdita di 40mila euro.

Un sistema che privilegia le conoscenze al posto del merito, la scarsità di posti di lavoro ben retribuiti, mancanza di assunzioni a tempo determinato, scarse possibilità di carriera sono alcuni degli elementi che spingono i giovani italiani a cercare fortuna all’estero. In questo modo però si genera un danno per il sistema. Con un’unica consolazione. Si tratta di gente che esce dalle università italiane che quindi spesso sfornano laureati di livello anche se sono sempre di meno.

Secondo Cineca, tra il 2011 e il 2012 i laureati sono passati da 293.341 a 259.499, con un calo di 34 mila unità complessive. A diminuire sono tutti, maschi e femmine, ma in particolare le donne. I maschi laureati, che nel 2011 erano 119.025, diventano infatti 106.312 nell’anno successivo, mentre le femmine, che nel 2011 erano 174.316 calano fino a diventare 153.187.

Numeri che confermano l’Italia come maglia nera d’Europa. Gli ultimi dati Eurostat dicono che la percentuale di italiani tra i 30 e i 34 anni che hanno completato gli studi universitari (22,4%) è la più bassa di tutti i 28 paesi Ue. E fra quei pochi che si laureano sempre di più se ne vanno.

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