Per uno strano gioco delle parti, spesso l’aspetto più importante nell’acquisto di un prodotto è il prezzo. Quando però un prezzo basso è associato a un prodotto fabbricato in Cina, la diffidenza tende a prendere il sopravvento. Prima ancora del livello tecnologico, in certi casi la vera impresa è convincere il potenziale cliente che può esistere un rapporto prezzo/qualità competitivo anche quando si parla di Asia. «Siamo consapevoli di dover superare la barriera della nostra origine – ammette Giancarlo Patti, retail sales manager di TP-Link -. Rispondiamo con una gamma di prodotti con caratteristiche spesso superiori alla media e soprattutto bassissimi tassi di reso, grazie a una estrema cura nelle fasi di produzione».
I risultati, parlano a favore dell’azienda. Per quanto ancora metà sia riconducibile alla sola Cina, il fatturato mondiale 2016 ammonta a 2,1 miliardi di dollari, per 161 milioni di pezzi venduti. In Italia, i 40 milioni di euro di ricavi, rappresentano un incremento del 21% su base annua. In volume, una crescita dell’11%, raggiunta grazie alla consegna di 1,4 milioni di unità, per il 63% attraverso il mondo retail, online compreso, e il restante 37% attraverso il canale. Marcata la differenza di mercato, con l’80% proveniente dall’area consumer. Una situazione sulla quale si vuole lavorare alla ricerca di un maggiore equilibrio. «Intendiamo continuare a fornire device, ma inizieremo ad agire più in un’ottica di ecosistema – spiega Patti -. Lo switch è ormai solo il centro di un sistema per la gestione di apparti con i quali deve dialogare. Serve un’interfaccia, strumento fondamentale per la gestione di una casa o di un ufficio».
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Alberghi, scuole e ospedali, tutti da conquistare
Ad attirare particolarmente le attenzioni, il mondo che raccoglie ospitalità, istruzione e sanità. I risultati incoraggianti già ottenuti dall’apertura della divisione SMB professional invitano ad aumentare l’impegno. «Cerchiamo di alzare il tiro e questo ha reso necessaria una business unit dedicata – interviene Michele Lavaia, manager business division di TP-Link -. Serve anche una maggiore focalizzazione nella ricerca e sviluppo verso tecnologie diverse, con di conseguenza la necessità di saper gestire un portafoglio prodotti in espansione».
Quando si parla di PMI, l’Italia rappresenta un terreno particolarmente fertile. Anche per questo, dove i contendenti non mancano. «L’obiettivo di riequilibrare il nostro business per arrivare a un 60% di quota business e senza intaccare i ricavi consumer è realistico – riflette Lavaia -. Più di presentarsi a suon di listini, intendiamo perseguirlo cercando di veicolare meglio i nostri partner».
L’idea è garantire un percorso completo, finalizzato a integrare le loro competenze con spunti applicativi, nella ricerca di soluzioni destinate a mercati verticali, superando le semplici caratteristiche tecniche di un prodotto.
Sulla falsariga dell’opportunità creata nelle scuole con il registro elettronico, ora l’attenzione è rivolta soprattutto agli ospedali, in vista della diffusione della cartella clinica. «Siamo attenti anche agli ambienti di magazzino, soprattutto dove serve una comunicazione wireless tra operatori e uffici – riprende Lavaia -. Guardiamo però a qualsiasi contesto dove ci siano esigenze di newtorking con una componente senza fili. È qua che crediamo di poter fare la differenza».
La riforma del canale
Obiettivi precisi, con idee altrettanto chiare anche quando si parla di strategie di canale. Per i partner è stato predisposto un percorso formativo articolato su due livelli di certificazioni e con quattro livelli di partnership. «In questo modo ci interfaciamo direttamente anche con il rivenditore, ma sempre passando attraverso i distributori – precisa Lavaia -. Direttamente, cerchiamo di approcciare l’ambito progettuale e quindi l’utente, ma non faremo mai vendita diretta». Tra gli aspetti rilevanti del programma, il livello dipende dalla certificazione – nessuna per Registered, una per Silver e due per Gold -, mentre il fatturato minimo entra in gioco solo per ambire al ruolo Platinum, per il quale a marzo 2018 sono attesi i primi riconoscimenti.
Per quanto avviato da poco, il programma può già contare su un ottimo esempio della sua validità. «Cifarelli, storica azienda italiana di Voghera ci ha contattati – conclude Lavaia -. Noi abbiamo curato il progetto, l’abbiamo convinto e a quel punto abbiamo rigirato tutto al reseller. Intendiamo muoverci maggiormente in questa direzione, con supporto completo al rivenditore, pronti ad affiancarci anche nei sopralluoghi. Per le partnership più importanti, si può contare anche fino a una decina di incarichi con questa modalità».