Aruba Point of View

ArubaKube, il ponte tra nuvola e software libero per il cloud continuum

Lo spin off del Politecnico di Torino intende mettere a fattor comune visione e competenze di università, centri di ricerca e aziende per restituire a queste ultime soluzioni disruptive

Pubblicato il 19 Ott 2023

Immagine di greenbutterfly da Shutterstock

Il Cloud Computing rappresenta una vera e propria chiave d’accesso al successo per le organizzazioni, consentendo di sbloccare nuove opportunità di business e rafforzare la competitività. Ma per sfruttare al massimo le potenzialità di questo ambiente, occorre che le applicazioni vengano progettate fin dall’inizio “con il cloud in mente”.

Dalla volontà di dare spazio alla ricerca e allo sviluppo nativo di progetti e soluzioni innovative in cloud ha preso le mosse il nuovo centro di eccellenza di Aruba. Nato come spin off del Politecnico di Torino, ArubaKube è pensato per far incontrare la tecnologia cloud con l’approccio del software libero.

È questo il modo per supportare e alimentare concretamente le diverse community e permettere, al contempo, alle aziende di beneficiare dell’open source di livello enterprise, puntando all’eliminazione del rischio di vendor lock-in, alla riduzione dei costi e alla creazione di un rapporto bidirezionale tra community ed azienda. Una sinergia che consente di focalizzare energie e sforzi nello sviluppo di quelle tecnologie cloud da cui si può ricavare il vero valore aggiunto di cui hanno bisogno.

Un nuovo polo di eccellenza per lo sviluppo Cloud Native

ArubaKube si aggiunge all’Aruba Software Factory, inaugurata nel 2019 a Torino, segno tangibile dell’impegno continuo dell’azienda nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie innovative sul territorio italiano oltre che della collaborazione continuativa con le realtà del Politecnico, fondamentale per il successo di progetti di questa portata.

“Siamo orgogliosi di aver avviato questo centro d’eccellenza che ha l’obiettivo di sviluppare competenze e strumenti per il cloud in ottica open source, promuovendo la condivisione, la collaborazione e la sperimentazione all’interno della community nel rispetto dei principi fondamentali del software libero. Le applicazioni moderne devono essere concepite e sviluppate nativamente per poter operare in ambiente cloud e sfruttarne a pieno tutte le caratteristiche distintive. Per questo crediamo nell’importanza di sviluppare competenze e strumenti abilitanti per il cloud native.” – ha commentato Marco Mangiulli, Amministratore e Chief Technology Officer di ArubaKube.

Posizionandosi in un’area che già conta sull’importante indotto strategico a livello tecnologico, il nuovo centro di eccellenza di Aruba aspira a diventare un polo di innovazione all’avanguardia, attirando esperti del settore e giovani talenti interessati a diventare professionisti e pionieri dell’innovazione.

Obiettivo principale sarà la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative che possano semplificare la gestione del Cloud Computing, consentendo di implementare in maniera semplice e dinamica paradigmi di Cloud Continuum ed Edge-to-Cloud Continuum.

Grande attenzione sarà dedicata alla promozione, allo sviluppo e al supporto di progetti open source, con focus particolare su Kubernetes, piattaforma di orchestrazione dei container open source che automatizza la distribuzione, il dimensionamento e la gestione delle applicazioni containerizzate.

Orchestrare servizi multi-cloud con trasparenza e dinamicità

Uno dei primi progetti che vede ArubaKube tra i maggiori contributori si chiama Liqo, acronimo di Liquid Computing, una soluzione open source che permette di costruire e orchestrare servizi multi-cloud, quindi di creare, in maniera trasparente e dinamica, un’infrastruttura virtuale capace di aggregare risorse e servizi appartenenti ad infrastrutture o cloud service provider differenti.

Ciò che rende Liqo unico a livello globale è la sua enfasi sulla trasparenza nel cloud continuum. Questo permette a Kubernetes di consumare in modo sicuro risorse e servizi da qualsiasi luogo, anche ospitati da operatori cloud differenti, creando cluster virtuali dinamici che si estendono su più cluster fisici, formando così un continuum virtuale omogeneo e scalabile.” – ha commentato Fulvio Risso, Professore del Politecnico di Torino e Chief Innovation Officer di ArubaKube.

Questo approccio richiama il modello dell’Internet peer-to-peer e applica i principi di sharing economy, risultando ottimale anche in termini di impatto ambientale, poiché consente a ciascun cluster di mantenere il controllo completo della propria infrastruttura e decidere come, quanto e con chi condividere, in base a politiche e criteri specifici.

In questi termini si concretizza la prospettiva futura del cloud computing che secondo ArubaKube non dovrebbe essere vista come una semplice merce, ma come un’opportunità di trasformazione continua. Un percorso costellato di tappe e traguardi attraverso cui le imprese possono individuare la collocazione migliore che tuttavia, sarà sempre temporanea e dovrà adattarsi ai cambiamenti della tecnologia, del mercato e dell’azienda stessa.

Il prossimo passaggio prevede l’introduzione del supporto dell’intelligenza artificiale all’interno della piattaforma Liqo, con due obiettivi in particolare: implementare logiche di orchestrazione efficiente dei carichi di lavoro al fine di favorire l’utilizzo delle energie rinnovabili e minimizzare l’impatto ambientale; gestire l’orchestrazione di carichi di lavoro su Cyber Physical System e abilitare il continuum tra piattaforme edge, fog e cloud, garantendo una transizione senza soluzione di continuità tra questi diversi ambienti.

Verso un oceano di risorse grazie all’interconnettività AI-based

A questo step si ricollega un altro dei progetti a cui ArubaKube sta collaborando. Myrtus, che ha ottenuto finanziamenti per 6 milioni di euro da Horizon Europe, si concentra sull’interconnettività abilitata dall’intelligenza artificiale tra piattaforme di edge, fog e cloud computing.

“Il ruolo di ArubaKube è quello di contribuire a creare un ambiente computazionale fluido, un vero e proprio oceano di risorse che integri nodi computazionali eterogenei e federati, dinamicamente utilizzabili per fornire servizi. Questo significa collegare in modo trasparente ogni tipo di dispositivo con capacità elaborativa, creando un continuum in cui le applicazioni non percepiscano differenze o interruzioni in funzione del dispositivo su cui funzionano, dispositivi personali, embedded e risorse tradizionali cloud o edge based. Il risultato finale sarà quello di essere in grado di utilizzare queste risorse con facilità e trasparenza per eseguire qualsiasi tipo di software, ovunque sia più opportuno in quel momento.” – ha aggiunto Fabrizio Garrone, Chief Business Development Officer di ArubaKube.

Ancora una volta, la squadra di esperti che lavora a questa visione vede collaborare università, centri di ricerca e aziende, un mix di pragmatismo imprenditoriale e ricerca visionaria che abilita l’innovazione ancorandola alle esigenze reali del mercato.

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