Si chiama Changying Precision Technology Company ed è l’azienda cinese che probabilmente passerà alla storia come la prima per aver puntato fortemente sui robot. Dei suoi 650 operai, solo 60 sono rimasti per svolgere determinate mansioni, che in gran parte sono oggi nelle mani degli automi. Il suo core business è quello della produzione di smartphone, un mercato che nel paese va sempre per la maggiore, almeno quando si tratta di assemblaggio e realizzazione di elementi hardware. Con la sostituzione del 90% della forza lavoro umana, la Changying Precision Technology Company ha assegnato a una manciata di macchine il compito di operare su 10 linee di prodotto differenti, monitorate da soli tre impiegati, con gli altri 57 a gestire i sistemi di controllo globali. Tutto il resto della catena viene portato avanti da braccia meccaniche, non prive di un cervello ma dotate di algoritmi informatici avanzati.
Un panorama del genere è davvero desolante se non fosse che i risultati a cui la compagnia è arrivata sono ottimi, almeno dal punto di vista dei profitti. Stando alle prime analisi, la produttività è migliorata del 250% mentre i momenti di crisi, come i difetti nella lavorazione, sono diminuiti dell’80%, con il raggiungimento di livelli di efficienza prima impensabili. Secondo Luo Weiqiang, general manager della fabbrica, un operaio in silicio può sostituire dai sei agli otto dipendenti, tanto che nel breve periodo circa l’80% delle attività verrà svolto dai robot. Si tratta dell’obiettivo a cui punta “Made in China 2025”, un programma strategico che mira a trasformare la nazione in un leader per l’industria manifatturiera, anche attraverso l’implementazione di figure professionali automatizzate.