Per la maggior parte degli utenti di Internet, accedere ai propri dati e alle relativa applicazioni passando da un dispositivo all’altro senza cambiare modalità d’uso è ormai un’abitudine consolidata, quasi scontata. Per le aziende, dopo aver accettato di buon grado il superamento dei confini IT aziendali e della netta separazione tra strumenti per il lavoro e per uso personale, la maggiore attenzione al riguardo è concentrata sulla sicurezza e la gestione. Dietro a tutto questo però, c’è un compito ben più gravoso. Integrazione dei dati, applicazioni multidevice e multipiattaforma, connessione tra servizi cloud distinti, hanno un denominatore comune, il livello più alto della Rete dove tutto deve funzionare a perfezione per garantire la fruibilità a milioni di utenti su scala mondiale, con ordine di grandezza per velocità di calcolo, storage e connettività, impensabili anche per la maggior parte delle multinazionali.
Appare quindi naturale come questa capacità sia in grado di fare le fortune di chi è in grado di assicurarla. «La nostra missione è sempre stata collegare reti IT a grandi distanze – afferma Steve Smith, Presidente e CEO di Equinix -. Prima da una costa all’altra degli Stati Uniti, senza dimenticare le grandi metropoli all’interno; allargandoci quindi all’Asia all’Europa e al resto del mondo».
Per garantire il risultato, servono numeri e capacità importanti. Al riguardo Equinix non si è certo tirata indietro. Grazie anche all’acquisizione di 29 data center Verizon lo scorso dicembre, la struttura messa a disposizione di tutti i principali marchi mondiali ha pochi uguali. Nel complesso, si parla di un’organizzazione composta da 150 data center IBX in 21 nazioni, al servizio di 8.500 clienti, tra cui 2.400 provider di servizi IT e cloud. Tra i grandi nomi serviti, Equinix, vanta un terzo delle aziende Fortune 500.
Cifre utili anche a capire la portata e la complessità della connettività su scala mondiale. Dietro accessi da ogni luogo, con qualsiasi dispositivo e per qualsiasi volume di dati senza compromessi in termini di prestazioni, serve infatti una infrastruttura all’altezza. «Non più tardi di cinque anni fa la richiesta di un numero limitato di aziende era soprattutto outsourcing, con accento su sicurezza e disponibilità – ricorda Smith -. Oggi invece, la domanda diffusa riguarda mobility, IoT, analytics, oltre naturalmente al cloud. Sono tutte tendenze globali, da combinare per creare un sistema interconnesso».
Il tutto, da gestire nell’ordine di frazioni di secondo e senza possibilità di eccezioni, non solo quando si opera al servizio di settori come il mondo finanziario. Una situazione da sempre impegnativa, alla quale si aggiungerà presto un ulteriore compito gravoso dal punto di vista delle prestazioni. «Il mondo retail subirà importanti cambiamenti nei prossimi tempi – osserva Smith -. Dovrà gestire molte più consegne, anche più volte al giorno. Vale a dire, nuove infrastrutture e relativi servizi».
Già attuale invece, l’impennata dello streaming. Portare i contenuti a chiunque ovunque, è una sfida di portata senza paragoni con il passato, dove oltre alla qualità e all’efficienza dei data center, serve una presenza capillare sul territorio e la relativa connettività. Esattamente ciò per cui Equinix dalle origini a oggi ha investito la cifra non indifferente di 17 miliardi di dollari, acquisizioni comprese. Per quanto grande, molto meno rispetto ai 2 trilioni di dollari stimati da IDC per i benefici raggiungibili su scala mondiale dalle aziende pronte a investire in ambienti aperti e soluzioni multicloud.
Dai grandi carrier, ai principali fornitori di servizi cloud, agli operatori più locali ma comunque attenti alle prestazioni, in pochi oggi possono permettersi di fare a meno di avere alle spalle, direttamente o indirettamente una infrastruttura di tale portata. Ancora di più, per chi ha già gli occhi puntati sulla prossima evoluzione. «IoT sposta i confini di Internet sempre più all’esterno dell’azienda, arrivando a stretto contatto con i macchinari e il mondo consumer. I provider si troveranno a gestire oggetti di ogni tipo connessi a Internet in modo distribuito, con una richiesta elevata in termini di qualità. Basti pensare per esempio alle autovetture connesse o alle videocamere in altra risoluzione. Per questo, sarà fondamentale trovare il punto di equilibrio tra storage, potenza di calcolo e sicurezza tra cloud e apparati».
Un punto nel quale il tessuto produttivo italiano viene chiamato in causa più di quanto ci si possa aspettare. Se i migliori clienti Equinix sono le grandi aziende, IoT sta cambiando le carte in tavola, con la necessità di gestire una raccolta dati molto più sparsa, ma nell’insieme comunque voluminosa e quindi interessante dal punto di vista dell’offerta di servizi. «L’Italia è un mercato in crescita, anche perchè relativamente recente per noi – conclude Smith -. Certamente, molto interessante, ma anche con alcuni aspetti critici. Stiamo ancora investendo per creare le strutture, sviluppare l’offerta e crescere il personale adeguato a creare un grande mercato. Contiamo di agire al seguito delle filiali delle grandi aziende internazionali».