Diciamoci la verità: l’enorme sviluppo che l’Information Technology ha conosciuto in questi decenni non è stato accompagnato da un’altrettanta attenzione ai temi della sostenibilità ambientale. I perché di questa situazione sono diversi: da una parte occorre sottolineare che la stessa attenzione all’ambiente è veramente diventata popolare soltanto nell’ultimo decennio, con la presa di coscienza – perlomeno da parte della comunità scientifica internazionale – dei grandi rischi legati al cambiamento climatico. Inoltre il mondo dell’IT, popolato soprattutto di ingegneri, per ragioni culturali non è stato abituato a prendere in considerazione una tematica non tecnologica ma altamente sociale come il rispetto dell’ambiente. Almeno sino a quando, anche Oltreoceano, i costi energetici per il funzionamento dello stesso IT hanno iniziato a diventare rilevanti, specie in una fase economica in cui bisogna prestare maggiore attenzione ai margini.
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Come si costruisce un Green Data center
Ecco perché negli ultimi dieci anni – accanto ai grandi temi tecnologici che periodicamente interessano l’IT – si è cominciato a parlare di Green IT e di Green Data Center, talvolta non sempre a proposito. Quel che è certo è che le infrastrutture informatiche che assicurano il funzionamento del web, dei sistemi cloud per funzionare hanno bisogno di notevoli quantità di elettricità. La maggior parte dei consumi di un data center derivano dal sistema di raffreddamento deputato a mantenere una temperatura costante degli ambienti: tra i 20/22°C sia d’inverno che d’estate.
I sistemi che rimuovono il calore dai Data Center comprendono le unità CRAC (condizionatori per i locali che ospitano i computer) e i sottosistemi ad esso associati, come chiller, torrette di raffreddamento, condensatori, condutture, gruppi di pompe, tubazioni e sistemi di raffreddamento per rack o file. I costi di condizionamento dipendono molto dalla locazione del data center: per questo molti provider costruiscono data center in zone del mondo notoriamente più fresche come l’Islanda, dove vengono utilizzati i venti freddi del Nord per il raffreddamento delle infrastrutture IT senza l’utilizzo di apparecchiature di condizionamento forzato o la Finlandia, dove possono utilizzare l’acqua fredda del mare e gli scambiatori di calore per raffreddare i server.
Perchè i consumi energetici sono un problema
I consumi energetici sono naturalmente un problema di costi per le imprese IT ma anche per la società nel suo complesso: l’energia consumata dai data center viene infatti prodotta da qualche altra parte, ovvero dalle grandi centrali elettriche. Che sono ancora oggi – in grande maggioranza – alimentate con fonti di origine fossile: carbone, petrolio e gas (quest’ultimo molto utilizzato in Italia); un capitolo a parte meriterebbe il nucleare, che non è di origine fossile ma che, per la sua radioattività, può produrre effetti negativi, come ha testimoniato il caso Fukushima. La produzione di elettricità a partire da fonti fossili è causa di emissioni nocive per l’ambiente, anzi è senza dubbio una delle cause principali dell’inquinamento a livello globale, che poi a sua volta è responsabile dell’inquinamento globale. Dunque i consumi energetici dell’IT non sono neutri per la società, ma hanno un impatto estremamente significativo e ormai anche piuttosto consistente.
L’importanza delle rinnovabili
La stima di Greenpeace, celebre associazione ambientalista, è che il 7% del fabbisogno elettrico globale sia riconducibile proprio all’Information Technology. Una percentuale che è destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni, di pari passo con l’incremento della popolazione digitale a livello globale, che dovrà essere supportata da più reti, più data center, ecc. Diventa quindi fondamentale tenere sotto controllo i consumi dei data center, ma non solo: ai grandi provider viene ormai richiesto di prestare estrema attenzione alla provenienza dell’elettricità utilizzata. L’impiego di risorse energetiche rinnovabili come solare, eolico e idroelettrico non implica infatti l’emissione di sostanze nocive per l’ambiente. Su questo punto Greenpeace ha condotto una vera e propria battaglia, mettendo spesso sotto accusa le politiche dei big dell’ICT mondiale, tanto da spingerli a cambiare anche radicalmente le proprie politiche ambientali.
Apple, ad esempio, qualche anno fa era stata sonoramente bocciata dall’associazione ecologista, mentre ora – grazie alle politiche adottate sul fronte rinnovabili – è saldamente al primo posto. In buona sostanza già oggi l’83% dell’approvvigionamento energetico della casa di Cupertino è legato alle fonti pulite, con l’obiettivo dichiarato di arrivare presto al 100%. Apple riceve poi il massimo dei voti per la trasparenza e l’attenzione all’efficienza energetica.
Le bocciature
Meritano comunque una A, secondo il rapporto Clickclean 2016, anche Facebook e Google, rispettivamente al 67% e al 56% di fabbisogno green. Microsoft non va oltre la B (32%), ma i veri bocciati sono altri: in particolare, Amazon che – nonostante gli annunci – arriva a una quota green del 17%, ma non solo: secondo Greenpeace continua “a mantenere i suoi clienti all’oscuro sulle proprie decisioni energetiche. Tutto ciò è alquanto preoccupante in quanto l’azienda sta allargando le proprie attività in aree geografiche in cui sono utilizzate prevalentemente energie sporche”. Merita addirittura un D in pagella Oracle, con appena l’8% del suo mix elettrico ascrivibile alle rinnovabili e una scarsa trasparenza. Bocciatissime, poi, tutte le grandi compagnie cinesi, che pagano un sistema Paese ancora troppo concentrato sul carbone.
La svolta di Apple sul riciclo
Oltre al consumo energetico, nell’IT c’è poi da considerare quello di risorse materiali per la produzione di dispositivi elettronici, dai pc ai tablet, sino agli smartphone, prodotti in miliardi di esemplari ogni anno e nel giro di pochi anni gettati via dai consumatori, con un grave impatto ambientale, sui metalli rari e altre risorse preziose. Nei giorni, su questo fronte, c’è da segnalare l’impegno di Apple a produrre i nuovi dispositivi con materiali al 100% riciclati. Si tratta della prima azienda del settore IT ad assumere piena consapevolezza del grave impatto ambientale generato dalla produzione di apparecchi elettronici. Poco meno di un mese fa Samsung si era impegnata a riciclare gli oltre 4,3 milioni di Galaxy Note 7 richiamati in tutto il mondo negli ultimi mesi per riconquistare la fiducia dei propri clienti in seguito al grave problema che ha interessato nei mesi scorsi il Galaxy Note 7.