C’aveva provato qualche mese fa a sperimentare il social chatbot ma per Microsoft le cose non sono andate come sperato. La sua Tay, presa di mira da una serie di utenti, aveva cominciato a postare su Twitter contenuti poco edificanti, tanto da risultare persino razzista e xenofoba. Si trattava solo di un esperimento, certo, sta di fatto che gli ingegneri hanno dovuto lavorare sodo per rendere l’AI meno incline al contagio umano e maggiormente ferma sulle proprie posizioni. Ecco allora il secondo, importante, passo verso lo sviluppo di un chatbot maturo e reamente utile agli utenti, soprattutto quelli professionali. Si chiama Zo, ed è il bot con cui poter dialogare tramite l’app di messaggistica Kik, non così famosa come le illustri concorrenti e forse per questo più idonea a un test sul campo, seppur circoscritto.
Pensato per Azure
Seppur l’approdo nel mondo “reale” sia arrivato tramite un’applicazione consumer, il destino di Zo è nell’ecosistema Azure, di cui fa parte il framework di produzione. Proprio la struttura cloud del programma, secondo le prime indiscrezioni, permetterà a Zo di essere integrato un po’ ovunque, dalle finestre di WhatsApp alle conversazioni via Facebook Messenger e Twitter, persino su Telegram. Alquanto ovvio che la terra di approdo preferenziale sarà Skype, che da tempo Microsoft sta implementando con continue migliorie, preparandola proprio al futuro del supporto 24 ore su 24 via bot. A quel punto le aziende di qualsiasi dimensione e settore potranno impostare i loro assistenti virtuali per dare una continuità di risposte basilari, oggi possibile solo con una turnistica interna. Non sarà come chattare con un tecnico in carne e ossa ma quello che conta è il risultato finale e Zo promette di poterlo raggiungere.