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Perché Facebook ha sospeso l’account di Cambridge Analytica

L’agenzia di data analytics avrebbe profilato 50 milioni di persone per favorire i messaggi pro-Trump ed eludere le policy del social network

Pubblicato il 20 Mar 2018

Paolo Longo

cambridge-analytica

Dal 2015 a quasi tutto il 2016, le informazioni sensibili di 50 milioni di elettori statunitensi, iscritti a Facebook, sarebbero finiti nelle maglie della Cambridge Analytica. La compagnia, esperta di indagini sul web e social sentiment, avrebbe ingannato una così ampia mole di utenti aggirando le politiche del network tramite un’applicazione conosciuta come thisisyourdigitallife, sviluppata insieme ad Aleksandr Kogan della compagnia Global Science Research. Il rischio di fare confusione nella complicata vicenda è alto, cerchiamo dunque di procedere per punti.

La storia è questa: Chris Wylie, ex dipendente di Cambridge Analytica ha rivelato al sito The Observer e in contemporanea al New York Times, il reale funzionamento di thisisyourdigitallife quando, nel corso di un paio di anni, era servita come specchietto per le allodole nei confronti degli ignari navigatori. Questi, dietro la promessa (verificatasi) di un compenso per rispondere a una serie di domande non incentrate sulla politica, avevano concesso i propri dati a Cambridge Analytica, utili per scopi di cambiamento nell’atteggiamento politico. Non solo generalità fondamentali ma anche interessi, orientamenti sessuali e religiosi, pagine e personaggi seguiti, insomma tutto quelle che normalmente indichiamo online, con l’obiettivo di creare campagne di adv ad-hoc.

La violazione della privacy già qui sarebbe evidente ma si va anche oltre. Il fine dell’agenzia non era quello di studiare le tendenze di voto ma orientarle verso una preferenza su tutte: Donald Trump. Lo dice Wylie ma si evince pure da un particolare chiarificatore. Uno dei principali benefattori di Cambridge Analytica, con un a donazione di svariati milioni di dollari, è stato Steve Bannon, divenuto poi capo della strategia della campagna elettorale di Trump. Con molta probabilità, l’organizzazione nata nel 2013 è stata utilizzata quasi esclusivamente per targetizzare i messaggi social pro-voto a seconda di categorie particolari di persone, ottenute dalle informazioni derivate dall’app sia dei singoli utenti che degli amici, ossia individui che nemmeno avevano usato l’app del misfatto.

Parla Zuckerberg

Facebook ha innanzitutto sospeso gli account di Cambridge Analytica, dei suoi dipendenti e anche quello dell’ex Chris Wylie, annunciando comunque indagini ulteriori per far luce sulla questione. Successivamente, con un lungo post sulla sua pagina personale e alcune interviste, è arrivato anche il mea culpa di Mark Zuckerberg, che si è preso la responsabilità di quanto successo, ammettendo che in passato non tutto ha funzionato per il verso giusto nel social media dal punto di vista della gestione del trattamento dei dati. Sul caso specifico di Cambridge Analiytica, Zuckerberg si è però sostanzialmente preso “soltanto” la colpa che i dati carpiti dall’applicazione di Wilye e poi ceduti a Cambridge Analytica non fossero stati effettivamente cancellati. La promessa di Zuckerberg per il futuro è di migliorare ulteriormente la trasparenza di Facebook, in particolare attraverso alcuni miglioramenti che dovrebbero rendere più visibili agli utenti il funzionamento e l’impatto delle app delle terze parti, limitando anche ulteriormente l’utilizzo dei dati.

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