Pian piano si sta arrivando lì dove voleva il presidente Trump. Dopo aver messo alla porta Huawei, obbligando di fatto gli operatori statunitensi a togliere dai propri cataloghi le punte di diamante del gigante cinese, è la volta di ZTE, che pure era stata al centro dei ban commerciali avviati qualche mese fa da Washington. Il governo degli Stati Uniti aveva infatti invitato le telco nazionali a evitare di sfruttare le infrastrutture di rete realizzate e gestite da ZTE e partner, per non mettere a rischio la riservatezza delle informazioni sensibili su esse veicolate, sia che si tratti di dati personali che aziendali. Il fatto è che una simile decisione sta spingendo anche il più usato sistema operativo mobile, l’americanissimo Android, a ripensare seriamente il proprio rapporto con la compagnia orientale.
Nello specifico, l’azienda parte del gruppo Alphabet starebbe discutendo con ZTE i termini e le motivazioni del ban, per capire quanto convenga a entrambe proseguire sulla stessa strada. Una conseguenza drastica, che la Reuters non disegna così improbabile, potrebbe essere l’esclusione da parte di Google di ZTE come marchio certificato all’installazione di Android sui propri telefonini, così da costringerla a scegliere un altro OS (per forza di cose indipendente) oppure a chiudere definitivamente le mire di ascesa nel panorama mobile, dove peraltro si stava comportando più che bene visti gli oltre 46 milioni di smartphone spediti in tutto il mondo nel 2017.
Il ban in questione è arrivato dopo che ZTE ha violato un accordo che le vietava di vendere tecnologie comprate negli USA all’estero (processori, Ram e altro hardware prodotto dai fornitori sul suolo americano), in particolare a Iran e Corea del Nord. Pare invece che tutto ciò sia avvenuto, con il licenziamento di quattro membri del board e misure disciplinari per altri 35 dipendenti.