L’utilità dell’avere a disposizione una infrastruttura in cloud, da utilizzare parzialmente o totalmente o saltuariamente, per accedere ai dati o alle applicazioni in cloud, è un concetto sempre più accettato dalle aziende di qualsiasi dimensione, ovviamente con le dovute declinazioni, dipendenti da più fattori.
Fattori culturali, dimensionali, di settore, di policy interne stimolano o limitano l’uso del cloud, soprattutto il public cloud, per il quale rimangono ancora alcuni scogli da superare per una completa accettazione da parte delle aziende. Scogli sempre meno insuperabili, a dire il vero. Le barriere d’accettazione via via cadono, dai timori sulla sicurezza alla disponibilità dei dati alla salvaguardia dei propri asset e la piena funzionalità, se prima potevano fare sorgere dei dubbi riguardo al cloud, col tempo tali timori sono stati fugati e oggi il cloud, pubblico o privato che sia, si propone a diritto come infrastruttura agile, flessibile, potente ma, soprattutto, sicura.
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Applicazioni in cloud: modernizzazione o sviluppo di cloud native app?
Se uno scoglio permane ancora oggi, riguarda le applicazioni o, meglio, la loro effettiva fruizione in cloud. Applicazioni che per potere essere utilizzabili in un ambiente virtuale, devono essere modernizzate, ossia “tradotte” nel linguaggio cloud oppure scritte direttamente in ottica cloud native. Modalità, entrambe, che devono comunque fare i conti con il fattore tempo.
Migrazione o creazione ex novo di applicazioni sono temi che incidono molto sulle tempistiche di un progetto di migrazione ma anche sull’operatività nel momento del rilascio di applicazioni nuove, che i ritmi del business impongono siano agili e veloci.
Uno dei temi che vengono in aiuto alle nuove esigenze di modernizzazione e sviluppo agile delle applicazioni è quello dei container, i cui benefici sono sempre più apprezzati, consentendo nuovi approcci in ottica DEVOPS per la creazione di applicazioni che siano Cloud Native.
Il SaaS cresce (anche) in Italia
Il mercato Cloud, nel suo complesso, cresce, e ha preso a crescere anche in Italia, raggiungendo tassi a doppia cifra, che portano l’Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano a contare un giro d’affari complessivo di 2.770 milioni di euro nel 2019, pari a una crescita del 18% rispetto all’anno precedente e che, nella sua componente di Public e Hybrid Cloud, cuba 1.559 milioni, con un tasso di crescita del 25% anno su anno.
Di quest’ultimo mercato, la fetta più grande, pari al 44%, è quella ascrivibile proprio al Software as a Service (SaaS), che vale 689 milioni di euro, in crescita sul 2018 del 22%.
La propensione al SaaS, quindi pare essere avvalorata dai numeri.
I vantaggi percepiti dall’avere applicazioni in cloud
Tendenze che pare non saranno smentite neppure quest’anno, in piena crisi Covid, che se da un lato deve fare i conti con una crisi economica generale, dall’altra proprio nel cloud, nella gestione e accesso da remoto e nella collaboration attivata dal SaaS e dalle varie piattaforme virtuali molte aziende hanno trovato un appoggio tecnologico per poter continuare le proprie attività lavorative. A riprova che il digitale sarà un mercato che in qualche modo riuscirà a tenere, pur nel contesto generale di emergenza economica e sanitaria, e il cloud, in particolare, è tra gli argomenti che sono stati messi al centro da parte di molte aziende.
Perché le aziende investono nel cloud? Da un survey effettuato sempre dall’Osservatorio Cloud, emerge che, al netto delle necessità dettate dall’emergenza a cui accennavamo, il cloud concepito in ottica strategica viene scelto come opzione dalle aziende innanzitutto per l’agilità che riesce a conferire al business e all’IT aziendale, aspetti particolarmente apprezzati per quelle aiende che sono interessate a progetti di trasformazione e innovazione digitale.
Ben percepiti anche la qualità dei servizi che si possono offrire attraverso il cloud e, importante, il tema della sicurezza, che se negli anni precedenti poteva essere un elemento sospetto, oggi la sicurezza degli ambienti cloud pare essere percepita come elemento di valore proprio del cloud, addirittura enfatizzato rispetto ad altre soluzioni on prem.
Il cloud bussa, ma servono applicazioni as a service
Ma come le aziende stanno evolvendo verso il cloud? I percorsi e le strategie di migrazione verso il cloud possono essere diversi, a seconda che si parli di effettiva migrazione di applicazioni preesistenti o legacy oppure, dall’altro lato, che si tratti di strategie per nuovi progetti digitali.
Se ancora pochi vedono, oggi, il cloud come unica scelta possibile su cui basare nuovi progetti digitali (9%), una fetta ben più consistente (31%) vede il cloud come scelta preferenziale per la creazione di nuovi progetti digitali e solo se non dovesse trovare soluzioni soddisfacenti in cloud andrebbe su alternative legacy, ma come seconda scelta.
Sempre più il cloud viene utilizzato per processi core per il business, anche per le grandi aziende. Mentre fino a qualche anno fa le applicazioni in cloud erano a contorno, oggi la fiducia verso questa architettura sta crescendo velocemente anche per quanto riguarda le soluzioni mission critical.
Lo scenario a cui assistiamo oggi è quindi oggi di un proliferare di diverse soluzioni anche all’interno della stessa azienda, con un sistema informativo che solitamente era confinato all’interno del proprio data center che oggi invece assume forme tra le più diversificate, in parte sul public cloud nelle sue più varie sfaccettature, in parte all’interno del data center con applicazioni modernizzate per “cloudizzare” il data center stesso con sistemi convergenti o iperconvergenti o con soluzioni software defined. E poi ci sono soluzioni prettamente legate al private cloud, ospitato e gestito da un fornitore esterno con ambienti e infrastrutture dedicate, e una fetta piccola anche di soluzioni dedicate all’edge computing.
Le tante forme di cloud presenti nelle aziende
Lo scenario all’interno delle aziende oggi è quindi quello di uno scenario prettamente ibrido. In cui il data center è parte on prem e in parte in cloud.
Dall’altro lato sta crescendo anche l’utilizzo di un vero e proprio multicloud, come conferma il 24% delle grandi aziende su un panel di 200 interpellate, con soluzioni orchestrate tra di loro nell’infrastruttura o con un buon livello di integrazione applicativa, mentre il 68% di esse usa, comunque, più di un provider cloud.
In questa migrazione delle applicazioni verso un ambiente cloud, dicevamo, le modalità possono essere diverse, e quella maggiormente presa in considerazione, proprio per i minori tempi necessari, pare essere quella di una sostituzione delle applicazioni esistenti in versione as a Service, come scelta del 42% del panel sentito. Le altre opzioni sono quelle del Lift and Shift (26%), che prevede la traduzione verso logiche cloud dell’applicazione, o opzioni più drastiche e onerose, come il Refactor (18%) o il Replatforming (14%), che richiedono una completa riprogettazione dell’applicazione stessa.
Si aprono le porte verso il paradigma del Cloud Native
Si tratta di uno scenario che sta ulteriormente evlvendo, visto che negli ultimi anni abbiamo visto l’emergere di nuovi trend, sia architetturali sia infrastrutturali, che porta al nuovo paradigma delle soluzioni Cloud Native.
Gli ingredienti fondamentali, in sintesi, sono quelli dell’architettura a Microservizi, che garantisce una maggiore velocità di evoluzione, facilità di manutenzione, scalabilità e maggiore robustezza, e permettono anche di avere una più semplice organizzazione dei team dediti allo sviluppo, soprattutto quando si parla di applicazioni molto grandi, spezzettando, di fatto, l’applicazione invece di trattarla come un’unica entità su cui tante risorse ci devono mettere mano contemporaneamente.
A livello infrastrutturale, questo porta verso una logica legata ai container, molo più semplici e leggeri rispetto ad approcci più standard che coinvolgono le virtual machine. Cointainer sui quali stessi si possono applicare delle logiche di orchestrazione che automatizzano una serie di processi, per la scalabilità, sia per una facilitazione della portabilità.
Cloud native e le logiche dei container e DEVOPS
In parallelo a questo stanno poi facendosi strada anche i paradigmi di DEVOPS, con da un lato tutte le automazioni della pipeline della business integration e delivery, che conferisce velocità, efficienza e affidabilità dei processi e, dall’altro lato, le logiche DEVOPS anche in termini di collaborazione tra i team e di responsabilizzazione.
Nella strada dei percorsi di migrazione quindi, le aziende adottano in definitiva due modalità. Più sono soluzioni custom, distintive e differenzianti rispetto ai competitor e più si va verso una modernizzazione delle stesse, mentre per una logica più velocemente adattabile al cloud, si punta al Cloud Native, passando magari per gli stadi del Cloud Ready, con la possibilità di appoggiare le soluzioni su uno IaaS o un PaaS con una più semplice operazione di Lift and Shift basati su ambienti di virtual machine. Con il Cloud Native invece si vanno a coinvolgere le logiche di Container e DEVOPS nominate poco sopra, per sfruttare al massimo le potenzialità del cloud.