La corporate innovation, ovvero l’innovazione aziendale, ha un ruolo chiave per le organizzazioni. Un ruolo talmente importante che, per citare una famosa frase dell’economista Michael Porter, dovrebbe rappresentare “l’argomento centrale della prosperità economica”. Soprattutto oggi, nell’era della digital transformation, si potrebbe pensare che la corporate innovation sia stata acquisita come fattore centrale da parte delle imprese, in particolare di quelle che operano nel comparto tech. Peccato che spesso sia accompagnata da idee poco chiare che tendono a farla coincidere esclusivamente con l’innovazione tecnologica oppure con una capacità generica di invenzione. Uno studio condotto da Deloitte l’anno scorso, dal titolo Innovation Study 2021: beyond the buzzword, ha provato a guardare in profondità (“under the hood”) quali sono gli elementi essenziale della corporate innovation attraverso le interviste a più di 400 leader aziendali statunitensi che lavorano in 6 settori industriali. Pur partendo dal presupposto che le forme che può assumere l’innovazione in un’azienda possono essere molto diverse, lo studio tuttavia identifica alcune prerogative comuni che determinano il successo delle organizzazioni che l’hanno intrapresa.
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Cos’è la corporate innovation
In genere, la corporate innovation si riferisce a 3 ambiti dell’azienda: i processi o i modelli di business, i prodotti e l’assetto organizzativo interno. Deloitte, invece, propone una definizione “riduzionista” suddividendo le tipologie di innovazione tra quelle che generano davvero qualcosa di nuovo, che non va inteso necessariamente come nuovo in assoluto, e quelle che sono frutto di un miglioramento misurabile finanziariamente. Le prime di solito sono appannaggio delle realtà che si occupano di ricerca e sviluppo, caratterizzate da centri di costo ad alta intensità di capitale. Anche i cambiamenti incrementali possono rientrare in questa categoria, come ad esempio quelli realizzati da una software house che, all’interno delle Tech Company, offre un prodotto che si differenzia da altri analoghi venduti dalla concorrenza. Sovente, perciò, questa innovazione è costituita da un mix ben riuscito di nuovo e vecchio.
La seconda tipologia di innovazione si focalizza sulla capacità di fornire un miglioramento misurabile rispetto a un’alternativa tradizionale. Anche quando la “misurabilità” non si possa correlare immediatamente a un valore finanziario, come nel caso di servizi della pubblica amministrazione di cui usufruisce un cittadino, ciò non toglie che il costo indiretto equivalente si presti a una stima di natura anche economia.
Come fare corporate innovation
Alla luce delle premesse che Deloitte ricava dalle risposte degli intervistati, lo studio ipotizza una sorta di “bugiardino”, cioè alcune istruzioni per l’uso a beneficio di tutte quelle aziende che intendono avviare la loro corporate innovation.
Partire dai need
I programmi di innovazione che ottengono maggiore successo sono quelli che partono da un’esigenza o da una necessità. Si basano su opportunità che meritano di essere colte o su problemi che si desidera risolvere. Quando si tratta di innovazione, il tempo dedicato ai problemi è ben speso, proprio perché permette di evitare l’annoso equivoco di dover “costruire martelli in cerca di chiodi”. È preferibile, al contrario, fare l’inverso: costruire martelli più efficienti per chiodi che già esistono.
Ideare con un mix di nuovo e migliorato
Il segreto per la corporate innovation non risiede tanto nello scovare idee vincenti, quanto piuttosto nell’applicarle per ottenere un miglioramento capace di generare profitti. Non servono tanto invenzioni strabilianti, occorre che il nuovo vada sempre a braccetto con un’innovazione che inneschi un livello di miglioramento tangibile e misurabile.
Investire né più né meno di quanto serve
Passare dai bisogni e dall’ideazione a quello che Deloitte definisce un minimum viable product (MVP) richiede investimenti e competenze. A prescindere dal fatto che la società coinvolga soggetti terzi o ricorra alle proprie capacità interne, è opportuno che l’investimento sia adeguato al “minimo prodotto realizzabile”. Quindi, non deve essere né sottodimensionato in maniera tale da non alimentare lo sviluppo per quanto embrionale dell’innovazione, né sovradimensionato in maniera tale da sprecare risorse nel caso in cui si dimostri poco efficace con il tempo.
Considerare il fallimento parte della corporate innovation
Nella corportate innovation il fallimento è una sorta di codice per l’apprendimento che, a sua volta, è un codice per l’ottimizzazione iterativa. Concretamente significa che cercare il perfezionismo nelle fasi iniziali di un’innovazione rischia di bloccare, ad esempio, il percorso di una startup verso un modello di business ripetibile e scalabile o quello di un’azienda strutturata da un MVP verso un prodotto maturo per il mercato.
Alimentare il fuoco dell’innovazione
L’ultimo step dei suggerimenti di Deloitte si concentra sull’importanza di “alimentare il fuoco” di una corporate innovation uscita dalle fasi precedenti mediante il sostegno al talento, alla tecnologia e ai processi coinvolti, nonché promuovendola internamente ed esternamente. E facendo attenzione che questo fuoco non bruci eccessivamente, consegnando ad esempio troppo presto l’innovazione al management dell’azienda che potrebbero non valorizzarla a causa di un approccio tradizionale.