Il business dei System Integrator italiani e le modalità per portarlo avanti, sono dovute cambiare drasticamente in quelli che ormai possiamo definire come i mesi bui del Coronavirus, riscoprendo telelavoro e smartworking. L’emergenza è tanta, l’epidemia da parte del Covid-19, il nuovo virus che dal nulla si è rapidamente esteso fino a diventare pandemia, ha fatto e sta facendo enormi danni in termini di perdite di vite umane e di risorse sanitarie, sempre più sotto pressione. Dall’altro canto ci sono le restrizioni di spostamenti, prima consigliate, poi imposte, per limitare al massimo i contatti tra le persone allo scopo di ridurre le possibilità di contagio. Misure assolutamente irrinunciabili che ovviamente comportano fortissime preoccupazioni sul lato economico.
Inutile fare in questa sede un’analisi di quanto grave sia la situazione: i media generalisti, dalla TV, ai giornali, ai social, ben svolgono tale compito interpellando quotidianamente esperti sia scientifici sia economici sull’evoluzione della situazione e tutti siamo costantemente e affannosamente alla ricerca di informazioni, puntualmente aggiornate.
Quello che ci manca di sapere è come stanno vivendo, quotidianamente, i system integrator nell’affrontare questa emergenza. L’interruzione o rallentamento del business in un periodo dell’anno in cui di solito sono particolarmente attivi gli incontri con i clienti, le pianificazioni di budget, la definizione di progetti.
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System Integrator e Coronavirus: smartworking e telelavoro, bacchetta magica o palliativo?
Ovunque si evoca la modalità dello smartworking, esaltandone le potenzialità e l’efficienza per non rallentare il proprio lavoro. Strumento certamente utilissimo per non fermare gli ingranaggi del business, ma come, quanto e con quali aspettative di business lo stanno utilizzando i system integrator oggi?
System integrator che, ricordiamo, oggi si stanno velocemente evolvendo verso connotazioni diverse rispetto al passato, svincolandosi, o estendendosi, da un business transazionale verso un approccio al cliente più consulenziale, di partnership stretta nella definizione di soluzioni specifiche per la risoluzione delle loro esigenze.
Come gestiscono i System Integrator il business nei giorni del Coronavirus?
Un nuovo ruolo per il quale lo smartworking certamente in una situazione come quella attuale, per la quale l’alternativa è il fermo totale delle attività, fa tantissimo, sopperendo a grandissima parte delle attività quotidiane. E, siamo sicuri, alla fine di questa burrasca, ci lascerà anche un importante insegnamento su come reinterpretatre alcune dinamiche lavorative e di contatto.
Ma oggi, al netto delle tecnologie abilitanti il lavoro da remoto, quanto stanno soffrendo i system integrator italiani di questa situazione? Quali perdite prevedono nel computo annuale del proprio business? E i loro clienti, quali difficoltà stanno lamentando?
«Senza salute non si può fare business – mette subito in chiaro Agostino Vertucci, CEO e Co-Founder di Errevi System, system integrator di Reggio Emilia -. Quindi sicuramente è necessario fare tutto il possibile per scongiurare la malattia e da lì poi sarà necessario ripartire».
Errevi System: sentirsi parte di un team. Anche da remoto. Per non vanificare il telelavoro
Errevi System, nel frattempo, sta attuando una politica di telelavoro. Un lavoro da remoto che le permette di realizzare gran parte delle attività ordinarie. Ma è sufficiente?
«Personalmente credo che la forza della nostra azienda sia l’essere un gruppo, un team, che ha bisogno di potersi stimolare e motivare quotidianamente e reciprocamente. Lavorare a distanza, nel medio periodo, rischia di far perdere queste possibilità che a volte sono proprio gli elementi differenzianti. Non è solo una questione di avere strumenti di lavoro che consentano di collaborare a distanza, stiamo infatti lavorando per far maturare al nostro staff la consapevolezza di quanto sia importante il confronto, in modo che le persone lo cerchino in modo proattivo anche lavorando da casa».
Di.Gi. International: Non c’è telelavoro senza un’educazione interna ed esterna
Lo smartworking non si improvvisa, certamente. Le buone practice affinchè il lavoro da remoto possa essere efficiente vanno definite con attenzione sia internamente all’azienda sia trasferite in qualche modo anche ai clienti, cha a volte hanno bisogno di essere educati.
«Il lavoro da remoto è meno efficiente rispetto a quello tradizionalmente svolto in ufficio o di persona, per mancanza di abitudine – osserva Andrea Ghislandi, CEO e Sales Manager di DI.GI. International, system integrator di Milano con particolare focus sull’offerta infrastrutturale e di security -. A volte sia il personale interno sia i clienti vanno cercati e sollecitati a svolgere alcune attività che mandatorie per l’avanzamento del progetto e, innegabilmente, i solleciti via email o per telefono sono meno efficaci. Dal canto nostro stiamo cercando di non interrompere il flusso del lavoro e ci siamo organizzati anche per una gestione il più “indolore” possibile, con un po’ di persone che lavorano da remoto e qualcuno in ferie. Ma a tutti sono stati forniti strumenti di collaborazione per una continuità dell’attività. Convinti che alla fine di questa esperienza potrà rimanerci come insegnamento un nuovo modo di intendere il lavoro».
Perdite di fatturato per i clienti e system integrator a causa del Coronavirus
Le problematiche permangono, e non sono poche. Da quelle di tipo commerciali, con i clienti che stanno rimandando incontri con la forza vendite, alcuni dei quali lamentano già un taglio dei budget «conseguenza di una previsione di un loro calo di fatturato che alcuni di loro prevedono sarà di circa il 30% nell’anno – lamenta Ghislandi -. Fino alle problematiche di delivery. Molte attività, infatti, possono essere erogate da remoto, ma tante altre che prevedono installazione di hardware sono state rimandate ai mesi successivi. Insomma, una situazione non semplice, dalla quale, stando le cose a oggi, pensiamo avremo un calo di revenue intorno al 10%».
Centro Computer: il mancato contatto con i clienti non evidenzia nuove opportunità
Situazione da gestire assolutamente da remoto, con le ovvie conseguenze, anche per Centro Computer, system integrator di Cento, vicino a Ferrara, con più sedi per la Penisola, che ora si trovano a dover presidiare clienti, progetti, team di lavoro da lontano. Non senza qualche difficoltà, come dichiara il Vice Presidente Roberto Vicenzi: «Le restrizioni ai movimenti hanno comportato una diminuzione delle richieste di interventi onsite da parte dei clienti e una relativa riduzione di fatturato sui servizi che venivano erogati presso la sede del cliente. In questo periodo dove sono ridotte al minimo le visite i progetti erogazione dei progetti già venduti subiscono dei ritardi e i nuovi progetti, se urgenti, vengono portati avanti anche da remoto ma in molti casi vengono rinviati a data da definire».
Se nella modalità di telelavoro il risultato degli interventi da remoto è lo stesso rispetto alla presenza fisica, quello che viene a mancare e che Centro Computer lamenta è la relazione con il cliente «data dalla presenza fisica. Un aspetto non da poco, che dà ogni volta la possibilità di raccogliere nuove informazioni su nuove opportunità, che si riescono a cogliere solamente con il confronto diretto e la presenza di persona» sottolinea Vicenzi, che evidenzia anche uno sbilanciamento, al momento, delle proprie vendite verso PC e soluzioni di Smartworking o videoconferenza.
Il Coronavirus cambia la composizione dell’offering
Mentre sui progetti a valore prevede che ci possa essere una riduzione del fatturato rispetto a quanto stimato in precedenza, anche perché con molta probabilità i clienti posticiperanno decisioni d’acquisto non urgenti a emergenza conclusa.
Per il resto non ci si ferma di certo: «Da diversi anni la nostra organizzazione ha abilitato a tutti i dipendenti l’utilizzo del telelavoro. In questo periodo, come non era mai successo in passato, lo Smartworking viene utilizzato contemporaneamente da circa il 70% dei dipendenti. Anche dai dipendenti che non lo avevano mai voluto utilizzare prima» dichiara Vicenzi.
Servizi e gestione della Security beneficiano del telelavoro: Consys.it procede totalmente da remoto
Chi si occupa prevalentemente di servizi evidentemente riesca a risolvere più agevolmente le problematiche del lavoro e le esigenze dei clienti da remoto attraverso il telelavoro. È il caso di Consys.it, system integrator milanese focalizzato sulla Cybersecurity e Application Security, che offre ai propri clienti anche un supporto tecnico tramite un HelpDesk, che già abitualmente da gestisce da remoto i ticket aperti per eventuali segnalazioni di problemi. Qui il lavoro e il suppoirto da remoto fa parte del quotidiano, anche prima del Coronavirus.
«Grazie alle tecnologie di cui disponiamo, in Consys.it riusciamo serenamente a svolgere il nostro lavoro – dichiara Luca Brignoli, Sales Manager di Consys.it -, tramite videoconferenze possiamo, infatti, rapportarci direttamente con i colleghi o con i clienti. La nostra Business Unit della Delivery , in questo momento di limitate possibilità di movimento, offre servizi di configurazione e installazione da remoto, proprio grazie alle tecnologie innovative di cui Consys dispone. In questo modo, ovviamente con qualche sacrificio in più, possiamo gestire questo momento di difficoltà in totale sicurezza per i dipendenti Consys, la cui salvaguardia rimane la cosa più importante».
Il telelavoro non sostituisce, comunque, i rapporti con i clienti
Rimane comunque, anche per Consys, la convinzione che il presidio dal cliente abbia un alto valore, proprio per il rapporto di fiducia tecnico-consulenziale che si crea con il cliente stesso «Considerando poi che siamo Italiani, un popolo che ama fortemente la socializzazione e il contatto, direi che la presenza fisica non potrà mai essere sostituita totalmente» riprende Brignoli, che aggiunge: «Questo momento d’emergenza porterà sicuramente uno slittamento dei progetti, ma con la speranza che chi deve analizzare e gestire la sicurezza si sia reso conto che è di fondamentale importanza rendere accessibili, disponibili e in sicurezza, i dati, le applicazioni e le reti per avere una vera e propria business continuity».
Chi invece non può fare a meno della presenza diretta del proprio personale presso i clienti, è Axitea, che si occupa anch’essa di sicurezza informatica, ma con una buona fetta del proprio business focalizzato sulla sicurezza fisica, dalla videosorveglianza all’allarmistica fino ai servizi di sicurezza con personale specializzato e armato collegato alle centrali operative.
Axitea lavora da remoto e di persona, ma al primo posto mette la sicurezza degli operatori
«La natura stessa delle nostre attività prevede comunque una presenza on site dal cliente sia per motivi operativi che per motivi tecnici – spiega Maurizio Tondi, Director Security Strategy di Axitea -. Abbiamo quindi mantenuto questo presidio, anche in questo momento di emergenza, in linea almeno con la disponibilità e le politiche di accesso adottate dei nostri clienti. Ovviamente, già da tempi meno sospetti rispetto agli ultimi provvedimenti restrittivi, sono state adottate misure di sicurezza e di prevenzione proprio per ridurre il grado di rischio del personale operativo».
Alla presenza fisica, dunque, Axitea non può rinunciare, almeno su gran parte dei servizi che offre. Ma in ogni caso, già ben prima dell’emergenza, l’azienda ha rafforzato la propria capacità di remote service gestiti a differenti livelli di monitoraggio e di intervento che nella conduzione normale rappresentano elementi di valore aggiunto per il cliente e che oggi, «In tempi di emergenza, si sono rivelati validissimi strumenti per il mantenimento della continuità del servizio – riprende Tondi -. Similmente, per quanto riguarda tutta l’attività di marketing, che a oggi è fortemente digitalizzata e per questo gestibile comunque da remoto senza l’intervento fisico di prossimità, con significativi vantaggi in termini di monitoraggio».
L’emergenza come test per migliorare i processi aziendali nel futuro
Del resto, chi opera nella gestione del rischio, come chi opera nella salvaguardia e nel mantenimento operativo delle infrastrutture critiche del paese, deve essere preparato a situazioni di emergenza. «La pur drammatica situazione che stiamo affrontando, può rappresentare da un certo punto di vista un test, non teorico, sulla tenuta del sistema a fronte di eventi imprevedibili e di grande portata. Quindi, dal punto di vista squisitamente processuale e metodologico, questa terribile esperienza può rappresentare un elemento significativo per il miglioramento del processo e soprattutto per dar vita a più efficaci attività preventive» considera Tondi.
Certo è che la cicatrice che lascerà questa pandemia di Coronavirus sul business, telelavoro a parte – sempre se e laddove il telelavoro è possibile – non sarà solo valutabile in quattrini. Come considera Alessandro Gatti, Chief Business Officer e board member di Sinthera, system integrator di Reggio Emilia, con focalizzato su Data Center, networking, security e digital workspace
Sinthera: il telelavoro funziona temporaneamente. E solo sui clienti fidelizzati
«L’impatto che si avrà da questa situazione sarà per tutti, sia per le realtà del comparto ICT sia per tutto il mercato in generale – e sarà di notevole portata, e non esattamente valutabile solo in termini quantitativi, economici o di fatturato ma anche, e forse di più, qualitativi. In molti casi, da un punto di vista operativo, il presidio da remoto riesce a garantire l’erogazione dei servizi al 100%:, ma la presenza di persona in loco, presso i clienti, porta ovviamente ulteriori vantaggi, soprattutto nella creazione di una relazione interpersonale e di fiducia più stretta e duratura, una relazione più umana e non intermediata dalla sola tecnologia. Certo, nel pieno dell’emergenza da Coronavirus, il telelavoro e la tecnologia in generale possono sopperire temporaneamente a questa mancanza, e se il cliente è fidelizzato i progetti non si perdono ma vengono solamente rimandati. Di buono rimane il supporto che in questo periodo ci stanno dando alcuni distributori e vendor, venendoci incontro sia dal punto di vista finanziario sia logistico».
Per limitare i danni, sia propri, sia dei clienti, i quali devono essere sostenuti il più possibile nel loro business anche in momenti come questi, diventa essenziale agire con tempestività e attivare tutte le misure, anche tecnologiche, per non interrompere le attività quotidiane. Non tutte almeno.
Eurosystem: velocità di organizzazione per non perdere tempo e business
È stato questo il primo pensiero di Gruppo Eurosystem, system integrator con sede a Treviso e altri 5 presidi per la Penisola, che si compone di 4 aziende con specializzazioni in infrastrutture, soluzioni applicative e per la cybersecurity.
«Questa emergenza, la dirompenza e velocità con cui si è presentata, ci ha richiesto di affrontare subito due temi: garantire la continuità dell’operatività interna per non bloccare il servizio ai clienti e mettere anche questi nelle condizioni di fare lo stesso – dichiara Massimo Bosello, Chairman & ICT Projects and Services Director di Gruppo Eurosystem -. La reazione è stata un fermento positivo. L’adozione interna di tecnologie di virtualizzazione dei desktop ha fatto sì che il passaggio da una modalità di lavoro onsite in ufficio ad una di remote working generasse un impatto quasi nullo per il nostro business: abbiamo riorganizzato le risorse in pochissimo tempo e sperimentato una capacità e velocità di reazione molto alte». Il risultato è che attualmente l’80% dei system engineer di eurosystem sta continuando ad erogare servizi ai clienti in modalità di telelavoro, utilizzando un workspace virtuale progettato secondo elevati standard di sicurezza, con un abbattimento dei costi di trasferta notevole «e un livello di servizio che è quasi pari a quello che si potrebbe raggiungere direttamente presso il cliente» assicura Bosello.
Superate le perplessità del telelavoro: i clienti confidano nella tecnologia
«Le limitazioni e la distanza fisica ci hanno permesso di mettere in campo una vicinanza virtuale che si è rivelata ancora più efficace per i nostri clienti – gli fa eco Nicola Bosello, Chairman & Sales Director di Eurosystem -. La flessibilità e velocità con cui abbiamo rimodulato gli incontri concordati dal vivo, l’uso immediato di sistemi di videoconference online, con la condivisione di schermi, ambienti, volti ed espressioni, sono stati canali essenziali per essere, online, ancora più vicini. Sono state vinte delle resistenze: manager e collaboratori hanno sperimentato direttamente il terreno della collaborazione professionale virtuale e l’efficienza di una modalità di lavoro che in questi giorni, siamo convinti, ha aperto una riflessione su quello che parole come digitalizzazione realmente significano».
Consulenza e sviluppo software: col telelavoro si può fare
Per chi ha un business meno dipendente dal “cacciavite” e più affidato alla consulenza e allo sviluppo software, certo le restrizioni sanitarie a seguito della pandemia da Coronavirus non sono una passeggiata, ma la possibilità di dare continuità alle proprie attività attraverso il telelavoro è probabilmente più concreta.
Lo conferma Paolo Aversa, Managing Director di Ally Consulting, società di consulenza milanese che si rivolge ad aziende del manifatturiero discreto: «Per la nostra tipologia di attività siamo riusciti comunque a garantire continuità del servizio, sia per l’assistenza sistemistica sia per lo sviluppo software, dove non è fondamentale la presenza fisica del nostro personale tecnico presso il cliente. Diverso è nel caso di attività di consulenza, che normalmente coinvolgono diverse persone del cliente e dove la presenza fisica in certi casi si rende indispensabile. Tuttavia, dovendoci adeguare alle restrizioni che sono state imposte, abbiamo adottato una modalità di lavoro in remoto per riunioni operative con i clienti o per le attività di formazione»
Nei giorni del Coronavirus, telelavoro per tutti i dipendenti di Ally Consulting quindi, già abbastanza abituati da tempo a interfacciarsi da remoto con i clienti, soprattutto per le attività di sviluppo software e assistenza, consendo in tal modo di garantire continuità di servizio anche in questo periodo di altissima emergenza.
Ally Consulting: da questa esperienza, una lezione sull’importanza dell’innovazione digitale
«Questa esperienza influenzerà non il nostro modo di affrontare i clienti che già avveniva attraverso nuovi strumenti di digital marketing, ma cambierà la percezione che le aziende finali hanno della tecnologia e del reale valore dell’innovazione – auspica Aversa -. La chiamata alla digitalizzazione dell’industria coinvolge soprattutto le piccole medie imprese a prescindere dall’emergenza che stiamo affrontando: chi aveva investito con lungimiranza in questa direzione ha avuto la conferma di aver fatto la scelta corretta mentre chi era restio al cambiamento ha potuto notare come la tecnologia avrebbe potuto aiutarli a mantenere gli standard procedurali e operativi non solo in situazioni complesse».
Si-Net: emergenza o no, bisogna dare l’esempio ai clienti
Chi fin da subito ha continuato le proprie attività da remoto potendo seguire i propri clienti anche nel pieno dell’emergenza del lockdown da Coronavirus, è Si-Net, system integrator di Legnano, attivo prevalentemente sulle PMI e sugli studi professionisti. Un target in parte restio all’innovazione digitale, che proprio nel momento della crisi pandemica ha fatto risaltare chi si era predisposto al cloud e alla flessibilità del lavoro e chi, invece è rimasto fermo al business tradizionale.
«Chi, come noi, aveva già compiuto il proprio passaggio al cloud, ha avuto meno problemi a continuare le proprie attività, tutte o in parte, anche da remoto – afferma Fausto Turco, CEO e socio fondatore di Si-Net -. Ma fare smart working non significa solo lavorare da casa, magari con il laptop di famiglia e senza una predisposizione di rete e di sicurezza adeguata. Significa avere investito in precedenza, con strumenti, device, infrastruttura adeguata. E significa anche avere fiducia nel proprio team». Ma Turco invita gli stessi system integrator a dare l’esempio. «Non c’è migliore case history che la propria – riprende -. Se al cliente si dimostra una nostra continuità di business fluida, con idee innovative, con erogazione continua di servizi, lui stesso chiederà di metterlo in grado di poter fare altrettanto. Speriamo solo che questa esperienza porti una scia di acculturamento in tal senso. Io ai miei collaboratori ho detto che da questa – brutta – esperienza, dobbiamo uscirne con competenze tali da poter, domani, lavorare tutti dalle Maldive!».
Da 4Ward risposte rapide alla digitalizzazione. Anche in emergenza
«Noi non ci siamo mai fermati, anche perché promuovendo e vendendo tecnologie di modern workplace e di smart working, in questo periodo di emergenza da lockdown siamo stati letteralmente subissati di richieste da parte di aziende che avevano la necessità di dare una certa continuità al proprio business».
Chi parla è Christian Parmigiani, CEO di 4Ward, azienda milanese oggi parte di Impresoft Group, con competenze sia infrastrutturali sia di sviluppo applicativo, in particolare orientati oggi al Cloud e all’AI e Data Analysis. «Si tratta, ovviamente, di richieste di progetti non troppo strutturati, mossi soprattutto dall’emergenza del momento – prosegue -. Ma almeno rappresenta un primo passo verso la digitalizzazione. E noi dobbiamo aiutare i clienti a identificare progetti, soluzioni e interventi che abbiano un impatto forte e immediato. Anche perché in questo momento un progetto che possa avere un impatto e vantaggio sul lungo termine o strategico, non avrebbe la giusta attenzione. In questa fase è importante avere a disposizione delle soluzioni mirate che siano in grado di portare un valore aggiunto immediato ai clienti, perché chi sarà più veloce ad attuare tali politiche saranno anche quelli che più velocemente reagiranno e ricominceranno a investire in progetti anche più complessi».
L’emergenza che insegna: Gruppo Filippetti e la continuità della digitalizzazione
«I nostri clienti sono, o sono stati, chiusi per gran parte del periodo di lockdown: dal manifatturiero, all’Oil, ai cantieri, l’emergenza di fatto ha fermato l’evoluzione di molti dei progetti che avevamo avviato».
Il commento è di Micol Filippetti, CEO di Gruppo Filippetti, che aggiunge: «Sono aziende chiuse che però, mai come in questo momento, hanno compreso come quelli iniziato con noi siano davvero percorsi con un vero valore aggiunto, avendo la dimostrazione concreta di come digitalizzando alcuni ambiti si possono renderli fruibili anche da remoto. Una nuova percezione che ci sta portando a lavorare in ottica di una nuova progettazione futura, per la quale prevediamo una crescita a seguito di questa situazione di emergenza. Un insegnamento dall’emergenza che porterà i nostri clienti, ma anche noi stessi, a pensare nuovi modi di intendere la tecnologia e i vantaggi che ne possono derivare».
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